Il testo integrale del documento presentato dall'USI agli stati generali del sociale
di ROMA CAPITALE, il 26 giugno 2012.
ROMA BENE COMUNE: dal diritto all’abitare ….. al diritto a servizi sociali pubblici.
L’Unione Sindacale Italiana celebra quest’anno i suoi cento anni dalla fondazione; BORGHI e DI VITTORIO furono tra i suoi fondatori, ha mantenuto la caratteristica di sindacato dell’autorganizzazione dal basso di lavoratori, lavoratrici e dei cittadini. Abbiamo dato vita ad una associazione di difesa degli utenti e dei consumatori, che si chiama USICONS e che si oppose tra le altre cose alla svendita della CENTRALE DEL LATTE.
Per questo riteniamo importante partecipare a questo Convegno per far sentire la voce dei troppi esclusi, di chi non può che gridare i suoi bisogni sperando che qualcuno lo ascolti, dell’altra città ….
Siamo stati inseriti sulle questioni delle politiche sul diritto all’abitare, ma non possiamo esimerci di fornire un quadro complessivo della grave situazione in cui vive questa città, per troppe dimenticanze o errori che si sono succeduti in decine di anni con responsabilità collettive e che ora, in un momento di grave crisi economica, rischiano di far esplodere una serie di contraddizioni. Roma è una citta meravigliosa, ricca di cultura – opere d’arte – beni i inestimabili, un patrimonio dell’umanità … che ha saputo sempre raccogliere e amalgamare culture diverse e altri modelli di vita, una città che non può essere lasciata pian piano agonizzare. Per noi che lottiamo in difesa di condizioni di lavoro e di vita migliori, ROMA è un bene comune che dobbiamo difendere e rilanciare affrontando una serie di nodi che sono spesso dimenticati
IL DIRITTO ALL’ABITARE, IL DIRITTO AL LAVORO, ALLA SALUTE E ALLA SICUREZZA SUI POSTI DI LAVORO E NEL TERRITORIO, LA DIFESA DEI BENI COMUNI, L’ESTENSIONE DEL DIRITTO A SERVIZI SOCIALI PUBBLICI E AD UNA SCUOLA PUBBLICA DI QUALITA’ (DAI NIDI ALL’UNIVERSITA’ ) SONO DIRITTI RICONOSCIUTI DALLA NOSTRA COSTITUZIONE E DAL PROGETTO PROGRAMMATICO DELLA REPUBBLICA, nata dalla RESISTENZA.
Non si possono lasciare irrisolte le richieste di 46.000 famiglie di un alloggio popolare, quando sono migliaia gli appartamenti sfitti. Specie oggi che una crisi economica e finanziaria, sta attaccando con forza anche la nostra città e che vede il “ceto popolare” e settori di lavoratori salariati, incapaci di reggere l’aumento di affitti o il pagamenti dei mutui … per non vedere poi l’assurdo dell’IMU sulla prima casa, quando molti – troppi sono i soggetti esclusi, esentati o i classici evasori. Quando poi si continuano a livello governativo nazionale, con effetti negativi per mancati trasferimenti agli Enti Locali, a finanziare costosi armamenti (F35) all’interno di logiche di guerra, contrarie allo spirito della Costituzione repubblicana.
Vorremmo chiedere soluzioni positive alle tante occupazioni di stabili, di spazi pubblici e/o sociali avvenuti in questa città per reali necessità di chi è cittadino o di chi vi è stato costretto, da fame e guerre, ad emigrarvi …..
Una soluzione seppur provvisoria possono essere, le tante caserme dell’ex “demanio militare”, ormai in via di dismissione o gli edifici pubblici abbandonati da utilizzare per spazi socio-abitativi anche temporanei ….
Così come il sostegno e il finanziamento dei progetti di autorecupero, con il blocco degli sfratti, la ridiscussione della vendita del patrimonio degli enti pubblici. A questo proposito, come non accennare agli edifici scolastici da sistemare e mettere a norma, anche per il prossimo assorbimento dell’Ente Provinciale, che aveva anche questo compito, come alla necessità di rilanciare la costruzione di nidi pubblici, per rispondere alle esigenze della cittadinanza e alle migliaia di domande inevase, anche con un intervento nel settore educativo scolastico nella fascia da 3 mesi a sei anni, che non riduca gli organici e riprenda la centralità dei gruppi educativi, dei collegi dei docenti, degli organi collegiali, sviluppando le professionalità esistenti e incentivando metodi educativi e organizzazione del lavoro adeguati alle pluralità di esperienze e situazioni concrete presenti nei Municipi della città.
Vorremmo approfittare dell’occasione, per ricordare l’esito del referendum sull’acqua come bene comune che ancora non ha trovato reale rispondenza in disposizioni attuative, ma che rischia di vedere addirittura la “svendita” dell’ACEA, una delle poche aziende pubbliche in attivo, oggetto di manovre speculative sui titoli poco trasparenti.
Argomento delle politiche abitative e della tutela dei “beni comuni”, utile a ragionare sulla opportunità e utilità delle privatizzazione dei servizi pubblici e sociali (che ha già dimostrato in più occasioni il peggioramento della qualità del servizio e l’aumento del suo costo per gli utenti) .La riduzione delle bollette dell’acqua per le famiglie a basso reddito, potrebbe essere un segnale positivo da cogliere da parte di questa amministrazione, come proposto in Puglia.
Il lavoro, altra grossa problematica nella nostra città che vive di terziario e che quindi risente della crisi, ma anche delle tante, troppe esternalizzazioni dei servizi comunali. Meno di 25.000 dipendenti al Comune, a fronte di circa 40.000 esternalizzati, comprendendo i lavoratori e lavoratrici delle società della “holding”.
Una città dove la precarizzazione della forza lavoro è sempre più forte, dove i contratti non sono rispettati, dove i licenziamenti avvengono massicciamente, senza reali motivazioni di “giusta causa” o “giustificato motivo”.
Lo stesso Osservatorio comunale sulle condizioni di lavoro e l’occupazione, ottenuto con una grande mobilitazione cittadina ed una delibera di iniziativa popolare, uno strumento che stenta a funzionare efficacemente, anche per carenze di personale e di finanziamenti adeguati rispetto alle finalità e compiti in una città come Roma.
Una città che risentirà maggiormente i licenziamenti, con la demolizione dell’art. 18 voluto dalla Fornero e da questo presunto governo tecnico, contro cui ci siamo opposti con tutto il sindacalismo di base con lo sciopero del 22 giugno.
Quando si potrebbe investire, anche per dare una soluzione ai problemi dell’inquinamento, con il fotovoltaico, l’uso dell’energia solare. Soluzioni applicabili, da utilizzare a partire dai tanti edifici pubblici, dagli asili nido alle scuole, per creare almeno 50.000 nuovi posti di lavoro e un rilancio di un polo di ricerca, che utilizzi le energie delle tre università pubbliche presenti. Stesso discorso sul ciclo dei rifiuti, con una riorganizzazione dell’AMA, lo sviluppo e il potenziamento della raccolta differenziata, “il porta a porta”, una città vivibile non è solo costruire case e centri commerciali, ma dotarsi di una serie di servizi, infrastrutture e di modelli di gestione efficaci del vivere quotidiano e senza conseguenze dannose, inquinanti, che peggiorino la qualità della vita.
Ma visto che stiamo agli STATI GENERALI DEL SOCIALE, quattro punti sui quali in questa città si sono sviluppati dibattiti, inchieste, mobilitazioni e divergenze di opinioni, che avranno un impatto decisivo per servizi e attività che caratterizzano e misurano il grado di “civiltà” di una collettività e di una comunità territoriale.
Progetto di “riforma” dell’assistenza domiciliare, i servizi storici di SAISH (disabilità), SAISA (anziani) SISMIF e i minori: una sperimentazione in 4 Municipi (2°, 4°, 8°, 13°) che non ha dato gli esiti auspicati dall’Amministrazione e non ha fornito criteri e modalità di gestione collettiva e integrata dei servizi. Non ci convince né la frammentazione dei servizi e funzioni, anche in termini di riduzione oraria delle prestazioni lavorative, né la proposta di “monetizzare” con buoni o “voucher”, con l’effetto negativo di scaricare sulle famiglie già colpite dalle difficoltà di familiari con disabilità o problemi, non solo la “scelta dell’operatore”, lasciato spesso da solo a sbrigare casi anche complessi e senza supporto di strutture socio sanitarie e psicologiche sui casi, ma con la progressiva ”ritirata” dell’intervento diretto del settore pubblico, anche in convenzione con il settore cooperativo o del terzo settore, con una concezione del ruolo della “famiglia” molto distante dalla realtà concreta che si vive in molti quartieri popolari, un ruolo di cura e sostegno familiare che rischia di aggiungersi alle tante attività delle donne.
Il rischio di legittimare una progressiva dequalificazione dei servizi e dei progetti di intervento da un lato, la progressiva ulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro e delle relazioni familiari-datori di lavoro e prestatori di lavoro (con applicazione di contratti collettivi da colf-badanti e non da tipologie di operatori sociali formati e inseriti in contesto collettivo di lavoro e di intervento con le persone loro affidate), con una individualizzazione dell’intervento sia per la disabilità, anche minorile, sia per l’area anziani, slegata da supporti e tipologie complessive di lavoro dall’altro. Rilievi che come già spiegato in documenti specifici e analitici nei vari incontri avuti in Assessorato e in alcuni Municipi, rischiano di peggiorare lo stato e grado di intervento sui servizi storici della città, lasciando poi in misura marginale e legata a finanziamenti ridotti in termini di budget, i progetti e le attività integrative e di collegamento con il territorio circostante, comprese le diverse istituzioni sanitarie, scolastiche e sociali, collegamenti e collegialità che invece andrebbero potenziate e razionalizzate, in termini di competenza.
Situazione delle attività per il settore della tossicodipendenza: le iniziative messe in campo dall’Agenzia Comunale sulle Tossicodipendenze, ACT, in questi ultimi mesi che hanno trovato opposizione da parte di operatori, associazioni e familiari di ex tossicodipendenti, stanno a dimostrare che non si possono buttare nel cestino molti anni di impegno, professionalità e progettualità utili a non ridurre la questione in termini di “emergenza” o di “intervento”, ma ad affrontare la questione in modo da sviluppare prevenzione nei quartieri e nelle scuole, capacità di sensibilizzazione e di intervento mirato e finalizzato alla risocializzazione, non in termini repressivi o di controllo ma di recupero.
I servizi per la terza età dal servizio della Teleassistenza e Telecompagnia della Farmacap, alle case di riposo, ai centri diurni per soggetti colpiti da Alzheimer: tutta la filiera risente di una carenza di strategia complessiva, che tenga insieme parti differenti di intervento, a partire dal rilancio dell’Azienda Comunale Farmacap mantenendone il carattere pubblico, con sostituzione della dirigenza, predisposizione di un piano industriale, investimenti finanziari sufficienti per garantire un servizio efficace per gli anziani, serenità lavorativa e occupazionale per il personale impiegato; alla progettualità non legata a bilanci e utenze ridotte, per i servizi dei centri diurni per chi è colpito da patologie come l’Alzheimer, come fattore di contrasto sul territorio e in sinergia con le istituzioni sanitarie, con una pianificazione delle strutture nei quartieri e con garanzia di salvaguardia del personale, organizzato in forma cooperativa, con adeguata formazione e supporto; fino ad una concezione delle Case di Riposo e delle tipologie di intervento per le strutture residenziali e di accoglienza, superando la obsoleta logica del cronicario, integrando e sostenendo gli interventi socio assistenziali, di animazione e stimolo per la terza età autosufficiente ma senza condizioni o relazioni familiari efficaci, con quelli prettamente socio sanitari per i non autosufficienti, in sinergia con la Regione Lazio e le strutture sanitarie. Una funzione che l’Ente locale Roma Capitale non può delegare a contesti familiari che non ci sono più o sono incapaci di gestire la complessità di esigenze della popolazione anziana della città, in costante aumento .
Gestione attività e progetti per le comunità rom: va superata la logica del “campo attrezzato”, che rimane una soluzione temporanea e limitata a una realtà non più rispondente alla situazione di fatto, molti dei cosiddetti “nomadi” sono stanziali da molti anni, con figli e nipoti nati in Italia o nell’Unione Europea. E’ necessario superare la logica dell’emergenza e delle politiche “securitarie”, spendendo troppe risorse economiche per vigilanza armata nei capi attrezzati, a scapito di funzioni e servizi tipici di una città dell’accoglienza per chi intende vivere, lavorare e mandare i figli a scuola, separando la criminalità organizzata (che prescinde dalla nazionalità o dall’etnia) da chi è interessato a convivere se non addirittura integrarsi nel territorio e nel tessuto cittadino. Soprattutto, non è utile fare bandi e inchieste, finalizzate a smantellare reti, percorsi ed esperienze pluriennali di intervento delle cooperative e associazioni presenti e attive sia per l’attuale gestione dei campi attrezzati, sia per la scolarizzazione rom e i progetti di inserimento e mediazione culturale, a favore di soggetti senza esperienza, professionalità interna o che non abbiano la capacità di far integrare, anche con progetti di inserimento lavorativo, anche per alcune attività di vigilanza e smaltimento rifiuti da parte di cooperative integrate, dando speranza ai giovani e alle famiglie rom, sinti.
Su tutte le questioni, è utile mantenere aperti tavoli di verifica e confronto periodico, preferendo la costruzione di proposte sostenibili e concrete, senza lasciarsi prendere né dal “fervore” del volontariato svincolato da una programmazione e pianificazione integrata degli interventi, né dalle tendenze a dare risposte in termini di “perenne emergenza”, che finora non ha portato alcun beneficio concreto alla cittadinanza.
Molti dei problemi esposti, non possono essere risolti solo dal Comune, ma con un intervento integrato di diverse istituzioni, un impegno economico di Stato e Regione, anche in questo momento di crisi, per ROMA CAPITALE – svincolando le cifre degli investimenti dal pareggio di bilancio.
Certo tutto questo significa anche rendere possibile un intervento degli enti locali di prossimità, i Municipi, che devono avere agibilità e capacità economica reale di intervento e di investimento, sviluppando una democrazia partecipativa da parte dei cittadini e una maggiore autonomia per rispondere ad esigenze differenti sui territori.
Per chiudere l’intervento vorrei ricordare proprio a proposito del tema della casa e delle occupazioni di spazi abbandonati o non utilizzati le parole di DON MILANI (di cui ricorre oggi l’anniversario della morte: 26/6/67) scritte nel 1950: “la proprietà ha due funzioni una sociale e una individuale …. E quella sociale deve passare innanzi a quella individuale ogni volta che sono violati i diritti dell’Uomo” …. Per questo ed altro di cui ho parlato nella relazione dell’USI di questo pomeriggio: DISOBBEDIRE NON E’ UN REATO, anche se la disobbedienza deve essere costruita con intelligenza e presa di coscienza collettiva, se finalizzata al raggiungimento di miglioramenti sostanziali e senza discriminazioni o aumento delle differenze di classe. La Roma solidale, la Roma “città aperta”, la Roma accogliente e multiculturale, si merita molto di più di una gestione solo amministrativa dell’esistente.
Unione Sindacale Italiana USI – Largo G. Veratti 25 00146 Roma
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Roma, 26 e 27 giugno 2012