Montagnalonga: operazione "Dawn Patrol"
da Giuseppe Casarrubea - 2 maggio 2012
Quarant’anni
fa, la sera del 5 maggio 1972, qualcosa di insolito attirò l’attenzione
di non pochi testimoni. Se ne stavano all’aria aperta a godersi la
stagione primaverile, o ad ascoltare i comizi elettorali che si stavano
tenendo in tutta Italia, in vista delle elezioni politiche del 7 maggio.
Il presidente della Repubblica, Giovanni
Leone, per la prima volta nella storia repubblicana, aveva sciolto, con
un anno circa di anticipo, le Camere e in tutta la penisola i
neofascisti si stavano riorganizzando superando le vecchie divisioni
interne, tra componenti filo monarchiche e nuove aggregazioni di destra.
Tutte confluite in un nuovo grande schieramento guidato da Giorgio
Almirante: il Movimento sociale italiano-Destra nazionale. Era la prima
volta che la destra si ricomponeva nelle sue vocazioni unitarie dandosi
nuove basi organizzative e un nuovo partito.
Quella sera, dunque, diversi testimoni
videro nel cielo un aereo in fiamme passare sulle loro teste o andarsi
a schiantare sulla cresta di Montagnalonga. Un rilievo dell’immediato
entroterra siciliano che divide la collina di Carini dalla piana di
Cinisi dove, con il piacere di Tano Badalamenti, era nato l’aeroporto di
Punta Raisi.
In quell’anno la Sicilia, come del resto
l’Italia, pullulava di fascisti. Era reduce, infatti, dal fallito golpe
dell’Immacolata (che si sarebbe dovuto realizzare poco più di un anno
prima). C’erano in giro Pierluigi Concutelli e Stefano delle Chiaie, i
fascisti di Avanguardia Nazionale, o della Decima Mas di Borghese e
quelli di Ordine Nuovo. “Insomma – scriveva Giovanni Spampinato, ucciso
in quello stesso anno per conto di ambienti legati al fascismo e alla
mafia– in Sicilia, accanto allo squadrismo tradizionale […] è presente
un fascismo egualmente provocatorio, egualmente eversivo, ma che fa uso
di metodi più raffinati per difendere gli stessi interessi di agrari,
speculatori ed industriali, che si espone meno all’attenzione
dell’opinione pubblica, che mira ad obiettivi ben più importanti della
bastonatura di cittadini inermi: un fascismo ‘alla greca’, che prepara
giorno per giorno il colpo di stato ”. La Grecia, appunto. Anzi, la
guerra fredda, il blocco occidentale, la Nato.
In questo senso almeno due elementi
inducono a prendere in considerazione l’istanza presentata dall’avvocato
Ernesto Pino, per conto del generale in riserva Antonino Borzì,
fratello di Rosario, morto nell’incidente. L’obiettivo è riaprire un
processo chiusosi con sentenza della Corte di Cassazione, il 4 aprile
1984. Con il solito tutti assolti, tranne i piloti morti che non possono
parlare.
Quali questi due elementi? Il primo è che
giusto quel 5 maggio 1972 era in atto, un addestramento militare della
Nato. Il secondo è che non si prestò molta attenzione all’analisi dei
reperti del velivolo. Il fotografo ufficiale registrò segni evidenti di
colpi che sarebbe stato bene che un perito avesse sottoposto a
relazione. Potevano essere attribuiti alla caduta dell’aereo, ma
potevano anche esserne la causa. Se i giudici avessero disposto un
accertamento anche sui corpi dei morti sui quali nessuno ebbe a fare mai
un’autopsia accurata, allora le conoscenze su quanto accaduto avrebbero
potuto migliorare. Si tratta di dati immortalati tra gli incartamenti
di Montagnalonga e in alcuni archivi fotografici privati.
Per quanto riguarda i reperti, c’è da
chiedersi: dove sono andati a finire? Per gli aspetti cartacei un
dato rilevante è lo stralcio delle comunicazioni TBT (terra-bordo-terra)
intercorse tra il volo AZ 136 e gli Enti ATC (volo Roma-Catania), il 5
maggio 1972, sulla frequenza 128,8 di Roma informazioni. Si riferisce
alle ore 17,04, cinque ore prima del disastro aereo dell’AZ 112.
L’operatore del Centro di informazione sul volo (FIC) dice: “Di traffici
riportati noi non ne abbiamo specificamente. Però abbiamo un Notam, il
112, il quale suggerisce di suggerirvi (sic) di volare
fra Catania Control zone e Ponza fra 220 e 310. Al di fuori di questo
slot c’è possibilità di possibile traffico, appunto, della esercitazione
Dawn Patrol cui fa riferimento il Notam”.
Dall’esame dell’intera conversazione si
evince un notevole traffico di natura non precisata e certo inconsueta
sui cieli di Sicilia. A tal punto che lo stesso pilota dell’AZ 136,
esprime il suo disappunto sull’immediato mancato atterraggio del suo
veivolo e sulla possibilità che dovesse attraversare il traffico in fase
“finale”.
Perchè? La risposta è una sola: c’era una
esercitazione militare della Nato in corso. Per l’appunto. Cioè una
ricognizione militare, cui partecipavano mezzi aerei e navali.
(Per leggere lo stralcio clicca qui: conversazioneTBT_5_5_72)
Ma c’è dell’altro. L’AZ 112 dei piloti
Bartoli e Dini, quella sera, non era solo nei cieli di Punta Raisi. Lo
prova un verbale. Il 10 maggio 1972 nei locali degli uffici del
Controllo dell’Aeroporto civile di Punta Raisi, Aldo Rizzo e Domenico
Signorino, sostituti procuratori della Repubblica di Palermo (il secondo
morirà suicida), procedevano all’ascolto della registrazione delle
comunicazioni TBT contenuta nella bobina già sequestrata presso la Torre
di Controllo dell’aeroporto, la notte del 6 maggio 1972. Veniva
rilevata la perfetta integrità della bobina, si estraeva la stessa e si
provvedeva all’ascolto. Risultavano registrate tutte le comunicazioni
della torre di controllo con gli aerei: ATI 325, ATI 326, e con l’AZ112 e
si trascrivevano le conversazioni. Si apprendeva, tra l’altro, che dopo
le ultime parole pronunciate dai piloti del DC 8- AZ 112 I-DIWB, il
nastro aveva registrato una pausa e poi una breve conversazione in
lingua straniera con un aereo russo Ilyushin Il-18, in attesa di decollo
e che nel gergo della Nato veniva definito Coot. Durante l’ascolto si
riscontra altra pausa e la voce dell’operatore della torre di controllo
che chiama più volte, senza risposta, il personale di bordo dell’aereo
AZ 112. Dopo un‘altra pausa, si sente una conversazione (effettuata alle
22,40 circa) in lingua inglese tra l’operatore della torre di controllo
e quello a bordo di un aereo inglese poi atterrato alle 23,16 minuti.
Nel
caso dell’Ilyushin si tratta di un aereo adottato per una varietà di
ruoli militari e che ha giocato un ruolo significativo nei servizi aerei
dell’ex Urss. C’è da chiedersi: che ci sta a fare un aereo sovietico a
Punta Raisi nel preciso momento in cui l’AZ 112 scompare dalla
circolazione? Si trattava di un aereo in quel momento con una funzione
squisitamente civile? Qualcuno ha mai indagato per saperne di più?
Questa presenza poteva costituire uno degli elementi del traffico
inconsueto che si registrò a una certa ora della sera nei cieli di
Palermo? Pare di no, visto che il velivolo era ancora in attesa di
decollo.
A
meglio definire il quadro ci sono altri elementi. Ad esempio il
circuito di interessi che legavano, nel nome della guerra fredda e
dell’anticomunismo, il grande ombrello protettivo della Nato, i
neofascisti e la mafia. Due aspetti, questi ultimi, molto presenti nel
famoso Rapporto del vicequestore Giuseppe Peri. I fascisti, a suo modo
di vedere, si erano dati all’industria dei sequestri per sviluppare a
tappeto la loro attività sovversiva. E nel 1971-’72 i sequestri di
persona non mancano veramente. Il 27 febbraio 1971 nella sua fattoria di
Salemi è sequestrato Antonio Caruso; a settembre dello stesso anno
Giuseppe Vassallo. Un mese dopo la morte per resistenza contro i
malfattori causa il fallito sequestro di Vincenzo Traina. Infine, il 18
agosto 1972 è la volta di Luciano Cassina. Contemporaneamente a
quest’ultimo evento, il l’Ora dà informazioni sulla scoperta di un campo
paramilitare fascista a Menfi, a un tiro di schioppo da Salemi, mentre
numerosi altri campi servono all’addestramento di altri militi
neofascisti in divisa, pronti ad entrare in azione in caso di un colpo
di Stato.
Lo denuncia un foglio ciclostilato del Pci di Cinisi,
rintracciato tra le carte di Peppino Impastato. Un gruppo paramilitare è
scoperto il 6 ottobre 1973 alle 20,30, nella contrada del Furi
sovrastante l’aeroporto di Punta Raisi, quando una vettura grigio-verde
con quattro individui a bordo, è vista bazzicare su quelle montagne. Da
quanti anni era attivo su quella montagna? Da chi era composto? Chi lo
comandava?
Chi sono gli uomini in divisa che si mettono a scrivere
sui muri slogan inneggianti al vecchio regime mussoliniano, alla Grecia
dei colonnelli, al golpe militare in Cile (1973)? Quasi nessuno a Cinisi
sa che sotto quelle scritte, la sigla Sam vuole dire Squadre di Azione
Mussolini. Del resto qui non tarderanno a farsi sentire gli attentati a
bomba contro il generatore elettrico della cittadina (25-26 febbraio
1974) e contro gli uffici della sede Enel di Terrasini. I cinisensi e i
siciliani in genere, abituati alla tranquillità, non si pongono molti
problemi, né si chiedono da quanto tempo duravano quelle storie. E allo
stesso modo si comportano con Montagnalonga, quando, la stampa e i
tribunali, orientano le responsabilità sull’errore umano.
Fori aletta (Foto Scafidi-Archivio Casarrubea)
Ma come è possibile pensare che dei piloti
professionisti come Bartoli e Dini commettano errori fatali in
condizioni atmosferiche buone?
Non può darsi che Montagnalonga in quel
momento fosse, piuttosto che un tragico errore di due bravi piloti, un
errore della guerra fredda?
La faccenda fu chiusa in un paio di
settimane, quando una commissione di indagine, omettendo di valutare
tutte le possibili ipotesi, concluse di addossare le colpe dell’accaduto
ai morti che non potevano più parlare. Una tesi offensiva per i morti e
per i vivi. Per i morti perché in tal modo venivano uccisi un’altra
volta, per i vivi perché si sottovalutava l’intelligenza degli italiani.
Troppi elementi si legano direttamente alla
geografia fisica e politica del luogo, capitale allora di Cosa nostra.
Una coesione di forze che già dagli anni Quaranta del secolo scorso
aveva legato molti soggetti a uno stesso circuito: gli interessi
prevalenti degli Stati Uniti d’America alla militarizzazione del
Mediterraneo, contro eventuali influenze dell’est europeo.
Consultando il “Base Structure Report 2002” del Dipartimento della
Difesa degli Stati Uniti, si osserva, infatti, che Punta Raisi è
saltuariamente una base dell’Aviazione statunitense (Usaf) e che Isola
delle Femmine, a pochi minuti di autostrada dall’aeroporto, è uno dei
tre grandi depositi di armi e munizioni della Nato in Sicilia. Ci
troviamo, voglio dire, in un’area abbastanza calda dei piani strategici
di difesa e di offesa militare dell’Italia e della Nato. Un’area
sovrastata da altri punti militari di rilievo quali la torre di
controllo di Monte Gradara sopra il comune di Borgetto, a pochi
chilometri in linea d’aria da Punta Raisi, la costa di Torretta e la
zona sovrastante verso la contrada Cippi nel territorio di Montelepre,
dove ancora oggi è visibile la barriera di filo spinato che indica
un’area militare off limit.
E’ nei cieli di quest’area che molti
testimoni, intercettati dalla stampa di quei giorni, attestarono che un
aereo in fiamme aveva attraversato lo spazio aereo sopra le loro teste,
in evidente situazione di emergenza. Non pochi lo videro prima che il
buio della notte cadesse su quelle terre e su quelle acque dove un
incrociatore lanciamissili come l’Andrea Doria, fiore all’occhiello
delle esercitazioni Dawn Patrol (“Ricognizione all’alba”), regnava da
tempo.
Dopo Montagnalonga si sono avuti altri incidenti: nel 1974,
nei cieli di Palermo, avviene il dirottamento di un aereo civile
dell’Itavia. E’ arrestato il dirottatore tunisino, un affiliato ad
Alfatah. Il 23 dicembre 1978 un Douglas DC9 si schianta a mare causando
ben 108 morti e 21 sopravvissuti. Il 27 giugno 1980 un DC 9 Itavia con
77 persone a bordo e 4 membri dell’equipaggio esplode in volo e
precipita tra Ustica e Ponza, a pochi minuti dall’atterraggio a Punta
Raisi. E non è ancora finita. Il 27 settembre 1989, un Douglas DC9
dell’Ati diretto a Milano, con 102 persone a bordo in fase di decollo
sulla pista 07-25 perde improvvisamente quota e termina la sua corsa
sullo sterrato, a pochi passi dal mare. In questo caso il bilancio è di
soli due feriti non gravi. In ultimo, il 24 settembre 2010, un Airbus
319-132 della Wind Jet, fabbricazione EI-EDM, proveniente da Roma
Fiumicino, atterrando, esce di pista rompendo il carrello principale ed
obbliga all’evacuazione dei passeggeri attraverso gli scivoli. Bilancio,
anche questa volta, pochi feriti leggeri.
Aerei che sbandano o
precipitano, come se una forza maligna li attirasse dentro un vortice o
scatenasse contro di loro, bersagli inconsapevoli, il suo potere di
morte e di distruzione. (Per approfondimenti digita la voce Nato nel
riquadro search dell’home page di questo blog).
Tratto da: casarrubea.wordpress.com