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Aihe: [Forumlucca] La parola d'ordine della politica italiana è: modello europeo. Sì, ma quale?
La parola d'ordine della politica italiana è: modello europeo. Allora
che si sappia che in Europa solo l'Italia non ha il reddito di
cittadinanza.

Perazzoli: "In Germania fino a 1850 euro al mese, in Europa solo
l'Italia non ha il reddito di cittadinanza"
di Ignazio Dessì

L’asse Monti-Fornero batte la lingua sul tamburo intonando il mantra
“più licenziabilità più posti di lavoro per i giovani” e il magico
cilindro governativo sputa fuori un nuovo articolo 18 dello Statuto
dei lavoratori frutto della mediazione con la politica. Ma nella
realtà proliferano gli esodati, i disoccupati e i disperati che si
suicidano. La società italiana è in fermento e la categoria
lavoratrice sembra percossa da un senso di impotenza. Del resto dopo
il licenziamento si avrà diritto a 12 mesi di indennità (Aspi) e poi
si finirà sulla strada. Così quando per forzare la mano e far passare
le riforme auspicate dal trionfante mercato molti esponenti del
governo fanno riferimento a quanto esiste in Europa dimenticano quella
parte di tutela sociale (la più importante) che il Vecchio Continente
offre ai cittadini. In primo luogo il Reddito di cittadinanza che nel
resto d’Europa è considerato un diritto fondamentale e solo l’Italia,
insieme alla Grecia e all’Ungheria, continua a negare. Dell’argomento
abbiamo parlato con Giovanni Perazzoli, penna di punta di Micromega,
direttore di Filosofia.it ed autore di alcune illuminanti
pubblicazioni sull’argomento.

Senta professore, il governo Monti è molto impegnato a introdurre più
flessibilità in uscita (leggi licenziamenti) paventando l’esigenza di
un allineamento alla disciplina vigente in Europa. A questo proposito
lei ha scritto però che in Italia manca l’ABC dello stato sociale, ci
può spiegare meglio questo suo grave giudizio?

“Nel numero appena uscito di MicroMega porto una serie di esempi di
che cosa è l’abc dello stato sociale in Europa, dove si può vivere
anche senza un posto di lavoro. Questo perchè in Italia ci si ostina a
non dare importanza al reddito minimo garantito. Sembra si tratti di
un fatto marginale, si minimizza. Solo la trasmissione Report, una
volta, ha mandato una troupe televisiva in Germania per raccontare di
che cosa si tratta realmente. Il risultato di questa ostinata
negazione dei fatti è che l’opinione pubblica non sa reagire di fronte
a quello che per gli altri cittadini europei è un assurdo: la
flessibilità estrema, senza garanzia del reddito e dell’alloggio.
Bisogna capire che il reddito minimo garantito è il fondamento del
welfare state europeo, la base del cosiddetto “modello europeo”.

Ci può fare un esempio di cosa significa l’applicazione concreta di
questo modello? Si cita continuamente, per esempio, il modello
tedesco. Come funziona in quel Paese il welfare?

“Le dico solo questo, una donna tedesca disoccupata, sola, con tre
figli e un affitto di 500 euro, riceve dallo stato 1850 euro al mese.
L’affitto nel caso specifico è basso, ma lo stato si impegna a pagare
un affitto medio, quindi questa signora potrebbe avere di più in
relazione all’affitto da pagare. Lo stato paga poi il riscaldamento e
l’acqua calda”.

In Italia addirittura si afferma che il welfare sarebbe in realtà
tramontato, finito, esaurito.

“Si tratta di una mistificazione. Quando si parla degli aggiustamenti
al welfare state attuati nei vari paesi, ci si dovrebbe rapportare al
punto di partenza. Ma questo non lo si fa, anche perché l´abc, per
così dire, del welfare appare inimmaginabile in Italia. Per avere
un’idea della realtà dobbiamo pensare che la Corte Costituzionale
tedesca ha giudicato come parzialmente incostituzionale la riforma
restrittiva del cancelliere Schröder, dopo il ricorso di una famiglia
– padre, madre e una figlia – perché doveva vivere con soli 850 euro
al mese (e naturalmente affitto e riscaldamento a carico dello stato).
Una somma di 850 euro in Italia è uno stipendio, da cui si deve anche
cercare di far uscire l’affitto e tutto il resto. Inoltre, la vita in
Germania (controllate con Internet) costa meno che nel nostro Paese.
Ci scandalizziamo del fatto che negli Usa non esista una sanità
pubblica: in Europa si scandalizzano per l’assenza in Italia di un
reddito minimo garantito. Negli Stati Uniti Michael Moore però ha
raccontato in un film che cosa significa non avere un sanità pubblica;
in Italia nessuno tocca il tema del reddito minimo garantito”.

Del modello tedesco quindi si tenta di prendere solo quello che fa
comodo?

“Poche cose dimostrano cattiva fede come la campagna di stampa a
favore del cosiddetto “modello tedesco”. Davvero l’ipocrisia è
l’omaggio del vizio alla virtù. Perché non si segue per intero la
realtà di quei paesi? Per fare chiarezza sul punto specifico del
reddito minimo garantito bisogna partire da una distinzione su cui in
Italia si è creata, in modo più meno volontario, una grave confusione”.

A quale confusione allude?

“In tutta Europa, e non solo in Germania, ci sono due forme di
trasferimenti in denaro per i disoccupati. La prima, quella più
importante per il nostro discorso, è in senso proprio un sussidio di
disoccupazione; riguarda coloro che non lavorano ma si impegnano a
cercare un lavoro. Vale dunque anche per le persone che non hanno mai
lavorato. Il sussidio a cui si ha diritto è illimitato nel tempo,
finisce quando cessa la disoccupazione. Quindi è falso quello che si
legge sui giornali quando scrivono che dura un periodo limitato. Il
sussidio comprende, oltre all’affitto dell’alloggio e il
riscaldamento, una serie di trasferimenti per i figli. La seconda
forma di trasferimento non è un sussidio ma un’indennità di
disoccupazione. Riguarda le persone che sono state licenziate o che
hanno terminato un contratto. Hanno un’indennità di disoccupazione
pari, in Germania, al 67% del precedente stipendio per circa 12 mesi
(18 per coloro che hanno più di 55 anni)”.

La riforma degli ammortizzatori sociali auspicata in Italia è in linea
con la filosofia europea?

“La riforma degli ammortizzatori sociali avrebbe avuto un senso
europeo se avesse introdotto il sussidio di disoccupazione. In Europa,
terminata l’indennità, il lavoratore può avere un sussidio di
disoccupazione (con l’affitto per l’alloggio), in Italia non c’è
niente”.

E’ vero che in Germania lo stato interviene anche per integrare il
reddito?

“Sì. È un altro aspetto che deve essere sottolineato. Lo stato
interviene in Germania come in tutt’Europa anche ad integrare il
reddito di chi guadagna poco. Faccio l’esempio di un amico chitarrista
jazz, che in Francia per avere un sussidio che integra il suo reddito
deve dimostrare di aver lavorato una parte dell’anno. In questo modo,
si tutelano una serie di professioni che non avrebbero vita facile sul
mercato, oppure si tutela chi ha un lavoro che potrebbe essere
remunerativo ma contingentemente non lo è abbastanza. Immaginate
quante professioni potrebbero fiorire con questo sistema a tutto
vantaggio dell’economia e della comunità. Il reddito minimo garantito
tutela direttamente chi lavora e non solo chi è disoccupato. In
generale, i corpi di ballo, le compagnie teatrali e tutti quei
lavoratori che non guadagnerebbero “abbastanza” ottengono
un’integrazione del reddito”.

Ma quello del reddito minimo garantito è uno schema comune a tutta
l’Europa?

“Lo schema del reddito minimo garantito è omogeneo in tutta l’Europa,
e questo dovrebbe suscitare qualche domanda in Italia…”

Quali sono attualmente i Paesi europei che applicano il reddito di
cittadinanza?

“Facciamo prima a dire quelli che non lo hanno: Italia, Grecia,
Ungheria. I paesi, guarda caso, della crisi! I paesi che hanno i
sistemi migliori sono: Francia, Germania, Gran Bretagna, Olanda,
Belgio, Lussemburgo, Austria. Naturalmente, poi, ci sono i paesi
scandinavi. Mi faccia dire, in proposito, che un’operazione di
comunicazione davvero “geniale” è stata condotta in Italia a proposito
del “modello danese”. Come per il “modello tedesco” si sono raccontate
una serie di sciocchezze. La flexicurity esiste in Europa già da
decenni anche senza “modello danese”.

E’ vero che la Ue, e la stessa Bce nella sua famosa lettera al governo
italiano, raccomanda l’adozione del reddito di cittadinanza? In Italia
di questo non si parla, nonostante si citi sempre qualsiasi auspicio
della Bce alla stregua di un comandamento divino.

“Appunto, questo è un caso esemplare di come viene trattato il tema in
Italia. L’Europa raccomanda all’Italia di introdurre un reddito minimo
garantito da almeno vent’anni. Nel documento europeo che cito
suMicroMega, si dice chiaramente di introdurre un “reddito minimo
garantito” senza limite di durata. Ma nulla è stato fatto. Ancora più
clamorosa l’omissione di informazione nel caso della famosa lettera
della Bce. Nel testo c’è scritto che insieme all’“accurata revisione
delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei
dipendenti” l’Italia dovrebbe introdurre “un sistema di assicurazione
dalla disoccupazione”. Fa pensare, no? Questa lettera è stata sotto i
riflettori della stampa, ma nessuno ha notato questa richiesta.
Perché? Per una curiosa convergenza ideologica e di interessi della
destra e della sinistra. Poi c’è un altro aspetto, anche questo molto
importante. Che sia proprio la Bce a raccomandare l’introduzione di
un’assicurazione per la disoccupazione demolisce l’alibi di chi
sostiene che non ci siano i fondi per realizzarlo. Il reddito minimo
garantito è un passaggio essenziale per uscire dalla crisi. Un’altra
occasione è stata la lettera con le 39 domande, al punto 21 si
chiedeva se l’Italia stesse perseguendo l’impegno preso ‘a rivedere il
sistema dei sussidi di disoccupazione, attualmente molto frammentato,
entro la fine del 2011’. Nessuno ci ha fatto caso”.

Ha ragione il segretario della Fiom Maurizio Landini a porre il
problema di un reddito minimo garantito? In Italia bisognerebbe
prendere coscienza che questo è un diritto, più di quanto non lo sia
quello delle banche di rastrellare soldi pubblici o dei politici di
avere stipendi altisonanti?

“Il segretario della Fiom ha perfettamente ragione. È surreale e
ridicolo che lo si accusi di essere un estremista, mentre lui è in
accordo con l’Europa, e addirittura con la Bce. In realtà, sono gli
altri a volere tenere l’Italia dentro un isolamento medioevale e fuori
dall’Europa. Il problema è che ci riescono benissimo per un concorso
di fattori che vedono unite destra e sinistra”.

Che vantaggi comporta in un sistema economico-sociale l’esistenza di
un reddito di cittadinanza?

“Il primo importante vantaggio, naturalmente, è la giustizia sociale.
Il reddito minimo garantito è un diritto soggettivo esigibile, nel
senso che non c’è bisogno di alcuna mediazione sindacale o di altro
genere per ottenerlo. La cassa integrazione è discrezionale, non
universale, e riguarda solo un certo genere di rapporti di lavoro.
Quello del reddito minimo garantito è un concetto completamente
diverso. Per dirla in modo semplice: entri in un ufficio, metti una
firma, e hai il tuo sussidio. Ora, il grande errore è ridurre il
reddito minimo garantito a una forma di assistenza ai poveri. In
realtà è un modo di pensare la società e il rapporto tra la vita di
ciascuno e il lavoro. Ognuno può giocarsi meglio le sue carte. Le
misure redistributive del reddito permettono inoltre di avere
un’economia più vitale. Ha ricordato il premio Nobel americano Paul
Krugman che la crisi ha una radice nell’aumento del divario tra ricchi
e poveri, che ha assottigliato la classe media. L’Italia è uno dei
paesi in Europa nel quale è più ampia la forbice del reddito tra
ricchi e poveri. Del resto, è sotto gli occhi di tutti: non esiste una
crisi europea, ma una crisi di alcuni paesi europei. La Germania e i
paesi del Nord Europa, che hanno un forte stato sociale e dunque una
ridotta forbice di reddito tra ricchi e poveri, non solo non sono in
crisi, ma vanno economicamente bene e devono far fronte anche alle
difficoltà degli altri paesi. Questo ci dovrebbe dire qualcosa.
L’aspetto che dovrebbe far riflettere è che dove c’è un forte welfare
state non c’è crisi. Invece, Grecia e Italia non hanno un reddito
minimo garantito. Questo non spiega tutto, ma è uno degli aspetti che
distinguono due tipi di società: una dove prevale la libertà
individuale, la protezione sociale, la redistribuzione, l’altra dove
invece fioriscono le rendite, i monopoli, il clientelismo. In realtà,
la famosa “crescita” è un tipo di società. Poi c’è un altro aspetto
importante: nei paesi dove non esiste il reddito minimo garantito il
lavoro si trasforma in welfare. Il che dequalifica il lavoro, lo rende
improduttivo. Penso alle assunzioni di massa che spesso sono una forma
di clientelismo politico. Il reddito minimo garantito permette di
scegliere il lavoro, e dunque di scegliere la vita che si preferisce.
E permette anche di scegliere liberamente chi ci rappresenta. Ha un
forte peso politico”.

La ministra Fornero ha dichiarato che dare la certezza di un reddito
garantito porterebbe la gente ad adagiarsi e non cercare lavoro, a
sedersi a mangiare pane e pomodoro. Perché lei sostiene invece che
questa sicurezza crea fermenti positivi e più mobilità lavorativa e
sociale?

“Direi che l’inesistenza del reddito minimo garantito in Italia
permette alla nostra classe politica di mangiare a caviale e
champagne. Sarebbe molto più difficile per loro guadagnarsi il
consenso di persone libere dal bisogno primario dell’esistenza. Nel
merito, comunque, è vero il contrario: in una società più dinamica,
più libera e sicura, aumenta la disposizione al rischio e a mettere
alla prova le proprie idee sul mercato. Noto continuamente questo
maggior dinamismo delle società nord europee. Ma soprattutto con la
libertà dal bisogno diminuisce, e non è poco, il clientelismo
politico, il potere dei potentati. La sorprenderò. Lo sa chi pubblica
in Italia, Philippe van Parijs, ovvero uno dei più radicali
sostenitori dell’utilità economica e sociale del reddito di
cittadinanza? La casa editrice della Bocconi (Philippe van Parijs,
Yannick Vanderborght, Il reddito minimo universale, Università Bocconi
editore, 2006). Veramente, non parliamo di utopie".

Quindi il reddito minimo garantito fornisce stimoli all'economia?

"Che il reddito minimo garantito permetta di vivacizzare l’economia è
stato sostenuto da economisti neokeynesiani come da neoliberisti. Ma
in Italia il problema non risiede né nel neoliberismo né
nell’intervento neokeynesiano. Il nostro problema è a monte:
un’economia relativamente moderna, e una classe politica e dirigente
premoderna. La ministra Fornero ha fatto una curiosa giravolta.
Intervistata da Lucia Annunziata ha sottolineato che l’assenza di un
reddito minimo garantito era una deprecabile anomalia dell’Italia e
della Grecia. Poi di colpo ha cambiato linea. Perché? Come si è svolta
la trattativa sull’articolo 18? Questa è la domanda che dovremmo
porci. Come verrà usata adesso la famosa “paccata di miliardi”, chi la
gestirà, e per fare che cosa? In ogni caso, un margine di persone che
non lavorano e che cadono nella “trappola assistenziale” esiste
sempre, ma si tratta spesso di persone che andrebbero aiutate
comunque. In ogni caso, l’adagiarsi senza fare nulla che paventa la
Fornero nasce dal fatto di trasformare il lavoro in assistenzialismo,
ovvero dalla dequalificazione del lavoro che viene trasformato in
welfare clientelare. Cosa che produce enormi disservizi, persone
frustrate e il potere politico che vediamo da anni”.

Ma secondo lei l’Italia può sostenere i costi di una simile eventuale
rivoluzione degli assetti dello stato sociale?

“Ho letto degli studi che sostengono che l’Italia addirittura
risparmierebbe con il reddito minimo garantito. A parte le
considerazioni sulla capacità di mettere in moto l’economia, sulla
percezione del futuro che offre e che ha naturalmente una ricaduta
economica positiva, bisogna considerare che lo stato italiano spende
comunque dei soldi, ma in modo irrazionale o secondo delle logiche
politiche. Poi c’è il discorso dell’ordine pubblico, perché la povertà
e la percezione dell’abbandono produce anche delinquenza, criminalità
grande e piccola; poi c’è il lavoro nero che sottrae risorse ecc. In
ultima analisi, la Germania spende all’anno 27 miliardi di euro per il
reddito minimo garantito. Noi abbiamo un’evasione fiscale di 130
miliardi all’anno. Dunque, fatti due conti, potremmo permetterci circa
cinque volte lo stato sociale tedesco. Ma la Germania recupera il 70%
dell’evasione fiscale…Noi no".

Così – lei scrive - si potrebbe davvero dar luogo a una
liberalizzazione evitando che per trovare lavoro serva una tessera di
partito, o si appartenga a una congrega di qualche tipo o che a
ricoprire certi incarichi vadano sempre i figli di chi già svolge quel
lavoro, ovvero che i figli dei medici facciano i medici e i figli
degli operai siano costretti a fare gli operai. Ci chiarisce questo
concetto?

“L’ho detto prima: la “crescita” è un tipo di società. A parte le
economie che crescono per il nuovo schiavismo e perché passano di
colpo da un mondo premoderno a un mondo moderno (e comunque si tratta
di una crescita indotta da fuori), in occidente crescono le società
giuste. Le società dove esistono giustizia e libertà. Dove esiste il
reddito minimo garantito la società si muove dal basso, conta la
società civile, contano gli individui; la scelta democratica è meno
inquinata dal bisogno. Pensi solo a questo, io lo ritengo molto
importante: se le persone non sono libere dai bisogni primari della
sussistenza non possono dire “no”. Saranno costrette a far parte di un
sistema piramidale e autoritario, dove il merito e l’iniziativa
originale tenderanno a scomparire".

Tutto dunque deve partire dal basso.

"Tutto parte dal basso. Anche nel lavoro precario aumenta la
soggezione nei confronti di dirigenti, spesso incompetenti, che hanno
un potere sproporzionato sulla vita delle persone. Questo tipo di
subordinazione in realtà distrugge l’economia. In Italia si ha un’idea
negativa dell’economia, come un campo dove esistono solo rapinatori e
rapinati. Ma l’economia è tutto, è cultura, idee, servizi. Anche il
mercato cambia a seconda delle idee. Dunque, non c’è solo un problema
di continuità del reddito, c’è anche un’idea di società e anche di
efficienza di sistema. Il liberalismo sociale, quello vero, lo ha
insegnato: la libertà, la critica, l’iniziativa originale creano
ricchezza. Le idee creano ricchezza, non la subordinazione. Ma ci sono
poi ragioni anche più dirette. Se posso contare su una rete di
sicurezza posso anche rischiare, studiare. Se sono il figlio di un
operaio posso veramente giocarmi le mie possibilità. Non parliamo
della panacea di tutti i mali, ma sarebbe un bel passo avanti".

Avere il reddito di cittadinanza significa anche essere più liberi?

“Senza dubbio. Ed essere più liberi significa essere più felici,
significa guardare diversamente al futuro. Io queste cose le conosco
perché ho vissuto per molto tempo nell’Europa del Nord e ho visto
delle società più tranquille, solidali, ma anche più dinamiche, dove
realizzare i propri sogni sembra meno impossibile che in Italia. C’era
un amico tedesco che ogni tanto partiva per qualche regione del mondo
ad insegnare il tedesco. Mi ricordo che l’ho conosciuto che tornava
dall’Islanda dove era stato per qualche mese. Quando non lavorava,
aveva comunque un reddito grazie al sussidio, A lui stava bene così.
Non guadagnava complessivamente da permettersi frenatati (e insensati)
consumi, ma neanche gli interessava, non sentiva di perdere nulla. La
sua scelta di vita era quella".

Lo ammirava?

"Sì, mi ha sempre dato una grande idea di libertà”.





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                    Il terrore della tirannia finisce una volta cha ha  
paralizzato
                    completamente la vita pubblica e trasformato tutti  
i cittadini
                    in individui privati, spogliandoli di ogni  
interesse e legame
                    con gli affari pubblici.


                     Hannah Arendt