[Forumlucca] Pareggio di bilancio

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Pareggio di bilancio: una camicia di forza - Francesco Pardi
11 aprile, 2012

Qui sotto il testo stenografico del mio intervento in discussione
generale sulla modifica dell’articolo 81 della Costituzione. Prevede
che ogni legge abbia copertura finanziaria, e il Presidente della
Repubblica può rinviare alle Camere leggi prive di copertura. La
modifica in questione, che sarà votata la prossima settimana, vi
introduce, per direttiva europea, la regola del pareggio di bilancio.
La comunità scientifica ha discusso il tema e cinque premi Nobel per
l’economia hanno sostenuto che rischia di ingabbiare le possibilità di
manovra in politica economica.

Signor Presidente, membri del Governo, onorevoli colleghi, la
discussione su questa modifica costituzionale è stata sciatta,
frettolosa e poco interessata, e anche oggi è diventata, schiacciata
dall’evidenza di una contingenza politica momentanea, una mera
formalità.

Non fa piacere vedere l’impegno di modificare la Costituzione
realizzato in modi così poco convincenti e con risultati così
discutibili. Al confronto, il dibattito scientifico sull’argomento è
stato molto più interessante e molto più fondato. Si sono confrontati
punti di vista scientifici. È stata evocata la grande battaglia ideale
tra i punti di vista, che definiamo – per brevità – keynesiani e
quelli restrittivi della nuova ideologia. Oggi tutti dicono che siamo
in un mondo post ideologico, ma c’è un’ideologia che resiste
fermissimamente, quella neoliberista, sulla quale non mi dilungo.

Cultori della materia particolarmente versati, tra cui cinque premi
Nobel, hanno sostenuto che il pareggio di bilancio in Costituzione
rappresenta una camicia di forza insidiosa per la gestione delle cose
economiche. Si toglie quell’elasticità, quel margine di manovra nella
gestione delle cose economiche che, secondo un punto di vista
discutibile, ma anche molto sperimentato, la politica deve avere.

La questione è molto controversa, e viene da interrogarsi
sull’efficacia della cogenza di questa misura. Facciamo finta che
mettiamo il pareggio di bilancio in Costituzione. Dico facciamo finta
perché sappiamo tutti che non è così: è l’equilibrio a determinate
condizioni. Questa misura sarà cogente? Averla messa in Costituzione e
aver sfigurato l’articolo 81 servirà a determinare degli effetti?
Quanti articoli della Costituzione restano inapplicati? Si potrebbe
fare un’esercitazione seminariale sul punto, a partire dagli articoli
3, 9 e 21. Potrebbe anche essere un dibattito interessante. Di sicuro,
l’articolo 53, che è uno dei fondamenti essenziali del principio di
eguaglianza, cioè quello che stabilisce la progressività
dell’imposizione fiscale, in Italia non è applicato, anzi è applicato
alla rovescia. Nella Costituzione infatti è scritto che l’imposizione
fiscale è progressiva, ma nella realtà è regressiva: chi ha poco, paga
tutto, e chi ha molto, paga poco. (Brusìo). Capisco che i colleghi
della Lega abbiano da discutere, ma forse potrebbero farlo fuori
dall’Aula. (Commenti del senatore Stiffoni).

Quindi, sarà cogente questa misura? Se ne può dubitare. Funzionerà?
Come funzionerà? Penso che funzionerà secondo il principio
dell’ambiguità del suo testo: il testo introduce l’equilibrio di
bilancio e riserve anche giuste, secondo me convincenti, che
ammorbidiscono la durezza del principio del pareggio di bilancio, e
quindi forse avrà una funzione, oso dire, di keynesismo dissimulato,
vale a dire che si fa finta di essere neoliberisti mentre sotto sotto
ci concediamo la libertà di essere, con un pizzico di sale, un po’
keynesiani.

Il testo è scritto male, e purtroppo bisogna rilevare che negli ultimi
decenni gli interventi di introduzione di testi in Costituzione hanno
dato cattiva prova di sé: sono corpi estranei. La modifica del Titolo
V, il giusto processo, il voto all’estero e ora l’articolo 81 hanno
un’evidenza stilistica nel testo della Costituzione che qualsiasi
studente di media cultura, anche senza preparazione, riuscirebbe ad
individuare questi malloppi farraginosi, dalla sintassi complicata,
inutilmente lunghi e dettagliati: questi pezzi di testo introdotti in
Costituzione spiccano come se fossero colorati. Non è bello vederli.
So che nel mondo parlamentare è facile fare ironie sul purismo del
linguaggio costituzionale: sarà una fissazione, ma lo stile denuncia,
esprime una logica, e quando lo stile è farraginoso, contorto e poco
convincente vuol dire che anche dal punto di vista della logica
funziona male. Conveniva non mettercelo.

Qual è il punto finale politico, colleghi? Il punto finale è che temo
che questa modifica dell’articolo 81 siffatta, votata con i due terzi
dei voti dell’Aula rappresenti un tentativo insidioso di un nuovo tipo
di cammino nella modifica della Costituzione: si punta a superare i
due terzi, e in questa maniera si zittisce il popolo, si impedisce il
pronunciamento di un’opinione popolare sull’argomento, e questo, dal
punto di vista della democrazia intesa in senso allargato, è una
ferita, perché il popolo non potrà pronunciarsi su questa modifica
assai discutibile della Costituzione.

La domanda è: si pensa di fare così anche con la futura riforma
costituzionale, quella che dice di rafforzare il Parlamento e il
Governo e, in realtà, rafforza solo il Governo, che intesta al
Presidente del Consiglio la facoltà di chiedere lo scioglimento delle
Camere e crea così un insanabile dissidio istituzionale tra la figura
del Presidente del Consiglio e quella del Presidente della Repubblica?

Non è un bel vedere, colleghi: siamo di fronte ad una situazione dove,
come vedete, stiamo discutendo questo nel disinteresse totale, e dopo
questo voto la Costituzione sarà irrimediabilmente cambiata. Ci si può
consolare pensando che il cambiamento non servirà quasi a nulla: forse
serve soltanto a determinare una situazione opaca, e quindi questo ci
può anche, in parte, consolare (tuttavia il testo resta sfigurato e
questa, secondo me, è cosa che va messa agli atti).

So di costituire una esigua minoranza, ma in questo momento non mi
riesce di provarne dispiacere.

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Introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione: forse non tutto
è perduto

Sembrava ormai cosa fatta, ma il nuovo rinvio del voto alla prossima
settimana fa tirare un sospiro di sollievo ai partecipanti del sit-in
che si è tenuto ieri pomeriggio davanti al Senato.Un’altra settimana,
e non è poco, per cercare di rompere il muro di silenzio che è stato
innalzato per nascondere ai cittadini l’approvazione della modifica
costituzionale per introdurre il pareggio di bilancio in
Costituzione.Una mobilitazione per lo più spontanea, senza una vera
organizzazione alle spalle, ma che vede aumentare, di giorno in
giorno, gli appelli contro lo stravolgimento della Costituzione; o
per chiedere, quanto meno, che il Parlamento del Porcellum abbia la
decenza di non approvare la modifica con la maggioranza dei due terzi,
e questo per consentire ai cittadini di poter raccogliere le firme per
richiedere il referendum costituzionale confermativo ai sensi
dell’art. 138 della Costituzione:“Le leggi stesse sono sottoposte a
referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione,
ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o
cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.Non si fa luogo a
referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da
ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti.”
È difficile capire se il nuovo rinvio sia stato dovuto a qualche crepa
che potrebbe essersi aperta nello schieramento compatto dei sì che ha
contrassegnato le tre precedenti votazioni, due alla Camera ed una al
Senato, ma dei segnali che lasciano ben sperare in effetti ci sono.
Nel breve dibattito che si è svolto nella mattinata, il Sen. Pardi
dell’IDV è stato l’unico, peraltro in dissenso dalle scelte del
proprio partito, a ribadire le critiche di merito al provvedimento e
ad invitare i colleghi Senatori ad un gesto di democrazia per non
impedire, appunto, la richiesta del referendum confermativo.
Ma vista quest’unica voce nel deserto, gli interventi dei Senatori
Ceccanti e Morando, entrambi del PD e ferventi sostenitori
dell’introduzione del vincolo economico, sono sembrati rivolti non
tanto alle altre forze politiche, tutte già schierate per il voto
favorevole, quanto al proprio interno, forse proprio con l’intento di
frenare l’insorgere di qualche dubbio di troppo tra i colleghi di
partito.
Il Sen. Ceccanti si è soffermato, in particolare, sull’art. 138 della
Costituzione, per spiegare che il ricorso al referendum confermativo
per le modifiche costituzionali è soltanto una possibilità estrema.
L'opzione fisiologica e preferenziale prevista dai costituenti
sarebbe, infatti, l’approvazione delle modifiche costituzionali con la
maggioranza dei due terzi. Vista, quindi, l’autorevolezza di un
Parlamento che per ben tre volte ha già votato la modifica della
Costituzione a larga maggioranza, non vi sarebbero motivi validi per
accogliere la richiesta di un voto tecnico per permettere lo
svolgimento della consultazione popolare.
I pochi Senatori intervenuti successivamente al Prof. Ceccanti non
hanno ripreso il tema, per cui, al momento, non è possibile sapere che
cosa gli altri Senatori del PD avranno modo di replicare di fronte
alla banale constatazione che l’attuale Parlamento dei nominati, per
di più eletto con logica maggioritaria e soglie di sbarramento prima
inesistenti, non è certo l’Organo effettivamente rappresentativo che i
nostri costituenti ci avevano lasciato in eredità.
Nei prossimi giorni, pertanto, vedremo che tipo di risposta verrà data
su questo punto lasciato in sospeso. Tutto dipenderà, ovviamente, da
quanto il movimento di opinione, contro lo scippo di democrazia che il
Parlamento del Porcellum si sta apprestando a compiere, riuscirà a
crescere.



http://www.riforme.net/2012/rass12-31.htm