APPUNTI VELOCI SU UN INTERESSANTE DIBATTITO SULLA CRISI
La “Tavola della pace e della cooperazione” della Valdera ha
organizzato sabato 24 marzo a Pontedera un interessante dibattito fra
economisti, durato un’intera mattinata, discussione ampia col pubblico
compresa, sul tema
LA GRANDE CRISI – ORIGINI E VIE DI USCITA
I tre economisti erano, in ordine alfabetico, Bruno Amoroso,
professore emerito di Economia internazionale all’Università Roskilde
(Dk), Franco Bruni, ordinario di Teoria e politica monetaria
internazionale alla Bocconi, Claudio Gnesutta, professore di Politiche
economiche e scenari macroeconomici a La Sapienza di Roma.
Tre scuole economiche diverse, come si può immaginare dalle
provenienze. Tre posizioni che hanno stimolato i presenti a
interrogarsi e a compiere delle scelte. Sapientemente, l’organizzatore
Pietro Pertici, nella cartellina aveva posto una raccolta,
provocatoria, dal titolo “Le frasi sulla crisi”, da Scalari a Rodotà,
da Prodi a Christine Lagard, da Panebianco a Guido Rossi. All’inizio
una stringata descrizione del Prof. De Marchi delle “tappe della
crisi”:
L’economia ha mangiato la politica
La finanza ha mangiato l’economia
Le banche d’affari e i fondi di investimento (il c.d. mercato) hanno
mangiato la finanza
Il liberismo ha fatto il deserto.
Sintetizzare delle ampie relazioni non è facile e sicuramente la
sintesi sarà riduttiva degli argomenti addotti.
LA GRANDE CRISI – LE ORIGINI
Bruno Amoroso
Quale crisi? Di cosa e di chi? Non è una crisi né della finanza né
della globalizzazione, ma l’esito di un percorso di esproprio iniziato
negli anni ’70 e l’esito devastante dei provvedimenti di questi giorni
è stato propiziato da una politica del debito accuratamente
programmata e realizzata. Per questo J. Galbraith lo ha definito “Il
più grande crimine economico della storia” reso possibile dalla
“globalizzazione” e dal tradimento del progetto europeo. Questo è
raccontato doviziosamente nel libro “Confessioni di un sicario
dell’economia” di J. Perkins. Le argomentazioni a sostegno di questa
tesi sono sviluppate nel libro “L’euro in bilico” scritto dal
relatore.
Franco Bruni
La grande crisi ha avuto inizio negli anni ’90 quando il sistema
globale ha avuto una crescita non equilibrata e non sostenibile. Si
doveva creare un coordinamento dell’economia mondiale in un clima di
maggiore competitività per creare pari opportunità. Per contro si è
ricorsi a “sbilanci” pubblici e indebitamenti in forme nuove e non
regolate e a una espansione monetaria che ha portato alla crisi del
2007. Le cause della crisi in sintesi sono due:
- sviluppo squilibrato e disordinato
- carenza di controlli e di cooperazione a livello internazionale.
Claudio Gnesutta
Questa crisi è una crisi della globalizzazione e della trasformazione
del senso comune iniziata negli anni ‘80: “ce lo chiedono i mercati”,
“il mercato è un fatto naturale”… E’ quindi una crisi del senso
comune, della democrazia e della politica, che si schiera con chi fa
riferimento a questo nuovo senso comune. Siamo di fronte a una crisi
strutturale da cui si esce cambiando il modello, ma al momento non si
vedono le forze capaci di questa inversione e di reggere lo scontro
con le forze della finanza.
LA GRANDE CRISI – LE VIE DI USCITA
Bruno Amoroso
Accettiamo le ipotesi di Bruni e di Gnesutta e vediamo le conseguenze.
Esaminiamo i fatti dal ’70 ad oggi. Esemplare il caso Draghi. Draghi
era direttore generale del Tesoro (1991-2001) quando si è iniziata la
privatizzazione e la concentrazione delle banche italiane e la
trasformazione delle banche di raccolta e investimento in banche
speculative (Dal 1993 al 2001 è anche presidente del comitato per le
privatizzazioni. Nell’81 avviene la riforma bancaria statunitense. In
Italia chi resiste a livello dello stato e della politica viene
estromesso (vedi Baffi e Fazio, ad es). Dopo di che Draghi dal 2002 al
2005 è Vicepresidente e membro del management Committee Worldwide
della Goldman Sachs, poi dal 2006 è Governatore della Banca d’Italia
e Presidente del Financial Stability Forum, per approdare nel 2011 a
Presidente della BCE, dove il suo primo atto significativo è il
maxifinanziamento alle grandi banche europee. Siamo di fronte a una
strategia bel calibrata della grande finanza internazionale.
Nel caso specifico della congiuntura attuale tutti i paesi dell’UE
facenti parte dell’eurozona o sono in crisi o sono cresciuti di meno
dei paesi dell’Unione che hanno conservato la propria sovranità
nazionale. Occorre liberarsi della camicia di forza dell’euro come è
congegnato. La mia preferenza sarebbe ancora, se possibile, per un
doppio euro, uno dei paesi forti centrali e uno, più flessibile, dei
paesi mediterranei. Prima dell’euro non c’era il caos monetario, c’era
ad esempio il serpente monetario europeo in cui i cambi venivano
concertati fra paesi che avevano conservato la sovranità monetaria,
sistema che ha retto alla grande crisi della lira e della sterlina
degli anni ’90.
Franco Bruni
Non concorda con le tesi di Amoroso e in particolare con la
criminalizzazione di tutta la finanza. Nei prossimi anni dovremo
confrontarci con i mercati e con le difficoltà crescenti di collocare
i buoni del debito pubblico italiano. I grandi clienti dei titoli di
stato italiani sono i grandi fondi pensione, enti giudiziosi perché
devono rendere conto ai propri azionisti e non speculatori per natura.
Come detto nella prima parte occorre creare gli strumenti che
consentano al mercato di funzionare correttamente e ridare alla
politica il suo ruolo. Purtroppo la frequenza dei cicli elettorali a
livello nazionale e internazionale è tale che crea orgasmo nelle forze
politiche che sono distratte dal loro compito per cui dobbiamo
interrogarci se esistono alternative a questa frequenza elettorale
(elezioni politiche e amministrative, presidenziali e congressuali).
Claudio Gnesutta
Non siamo di fronte a fenomeni ciclici ma strutturali. L’uscita dalla
crisi implica uscire dal modello di crescita attuale. Il modello
strutturale è quello statunitense cui tutti più o meno si sono
adeguati visto il successo che ha avuto negli ultimi anni. Ma si è
trattato di un successo drogato, come si è visto. Ma il suo fascino
persiste. Con realismo occorre riconoscere che è troppo forte in
questo momento per ribaltarlo per cui il problema è di vedere come sia
possibile reinserire in esso un certo wellfare e come riaprire un
percorso per una nuova politica e una nuova partecipazione
democratica.
Nelle risposte alle domande del pubblico la diversità delle tre
posizioni è apparsa ancor più evidente. Per Amoroso siamo al passaggio
dell’esproprio dei cittadini dei loro averi (“Si stanno mettendo le
mani sui nostri risparmi”). Per Bruni lo scenario senza l’euro sarebbe
ancora peggiore per cui occorre regolare meglio il meccanismo. Per
Gnesutta il problema, essendo strutturale, non cambia se con o senza
l’euro, anche se è vero che esso è stato imposto irragionevolmente su
un sistema di paesi asimmetrico e senza compensazioni. La via di
uscita è il ritorno alla politica.
Allego, per gli appassionati, tre documenti, uno per ciascun autore,
che gli organizzatori avevano messo nella cartellina.