Re: [Hackmeeting] bleah

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Autor: husk
Data:  
Para: hackmeeting
Assunto: Re: [Hackmeeting] bleah
On 03/23/2012 09:41 AM, Fabio Pietrosanti (naif) wrote:
> http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/il-venerdi/2012/03/21/news/intervista_anonymous-31956238/
>


Si, articolo stupido, noioso e scontato. Ad uso e consumo di un ambiente
intellettuale-mediatico che o fa finta di non capire il fenomeno, o non
lo capisce proprio.
Non sono daccordo con molte delle opinioni espresse in questa lista, che
credo che stiano mancando di una visione + ampia, geograficamente e
culturalmente.
Anonymous é una pratica e non un soggetto politico. Al suo interno si
possono trovare tante diversitá quanto noi non riusciamo a esprimere. Ë
una pratica in larga parte fatta proprio da una fascia di etá che non é
la nostra e che non é cresciuta nella "nostra" internet.
Gli anonimi sono un atto di riappropriazione dello spazio digitale, una
pratica di resistenza culturale alla conversione di internet in un
hypermercato. E non perché il doos é fico o no tecnicamente; non perché
lo sanno fare o sono solo script kiddies. Sti cazzi; questi sono solo
commenti naif e arroganti che politicamente non significano molto
rispetto al fenomeno. Quello che questa pratica genera é un immaginario
collettivo comune fra diverse entitá sparse in giro per il globo. Una
narrazione di codice aperta non culturalmente imposta ma pronta per
essere ricontestualizzata nello spazio di azione in cui attivisticamente
ci si muove. Anounymous tenta di essere un mito collettivo e ne svolge
(o tenta di farlo) la sua funzione; essendo un mito resistente cerca di
immaginare l'uscita della realtá, prima ancora di realizzarla. Se non
riesci a immaginare un processo di uscita non puoi praticarlo.
Anonymous é un aggregatore radical pop di un rigurgito e di un rifiuto
che va man mano crescendo.
Occhio a dargli dell'organizzazione, perché é esattamente quello che
vogliono gli sbirri; affermare che AN é un'organizzazione significa
poter applicare processi repressivi molto + forti usando termini come
organizzazione eversiva, terroristica e criminale, a una mondo di
pratiche che di fatto non lo é e non lo vuole essere.
Credo che un punto interessante alla discussione lo possa dare il lavoro
di Gabriella Coleman, un'antropologa che ha lavorato sulle comunitá
Debian e da qualche tempo segue e affronta il fenomeno Anonymous.
http://gabriellacoleman.org/

my two cents
husk