*Queste mie riflessioni sono di alcuni giorni or sono, scritte forse più
per fare chiarezza in me che per condividerle. Da allora (pochissimi giorni
fa) altre notizie, ignorate dai media (quelli "main stream"), delineano un
pò meglio la situazione, quella che non ci racconteranno. E che cercherò di
ricostruire nelle "prossime riflessioni".Tanto per proporvi voci diverse.*
*Colgo l'occasione per segnalarvi che finalmente è entrato in servizio,
anche se non a pieno ritmo, il sito Lucca contro la guerra :
http://www.luccacontrolaguerra.org*
*RIFLESSIONI SIRIANE *
Ho conosciuto la Siria, paese dove ho soggiornato più volte per motivi di
lavoro, quanto basta per non restare indifferente alle drammatiche notizie
che da lì giungono. Trattare affari con arabi facoltosi, in genere capi di
una tribù che viene coinvolta nelle decisioni importanti, richiede un certo
tempo e una serie di preamboli che hanno a che fare con l’ospitalità araba,
per cui alla fine si crea un rapporto di conoscenza e, perché no, di
amicizia. Si conoscono altri modi di organizzazione sociale e di regole di
convivenza. Si conoscono le persone, il paese, i costumi e… ci si fa
coinvolgere sentimentalmente..
Al di là di questo preambolo sulla Siria, ho conosciuto abbastanza luoghi
del mondo dove le persone soffrono per fame, per violenze, per conflitti
armati. Ricordo bene occhi impauriti di bambini, sguardi angosciati di
madri e di vecchi impotenti, rabbie di giovani di fronte a cose più grandi
di loro. Ma non riesco a abbracciarli tutti in una volta nel mio ricordo.
Per indignarsi e soffrire occorre concentrarsi su volti e su situazioni
precise che emergono dalla memoria e allora rivedo volti, risento voci,
reimmagino case, strade, paesaggi… Ora per me è il momento di ripensare
alla Siria.
Così crescono in me angoscia e rabbia al vedere cosa sta accadendo in Siria
e all’ascoltare il solito rosario di menzogne (o di silenzi distratti). Il
nuovo mostro è già creato, assieme al consenso collettivo per punirlo e
annientarlo. E assieme a lui centinaia, migliaia di esseri umani in
grandissima parte innocenti. La Libia non è ancora pacificata (quando lo
sarà?) ma è già fuori dal nostro ricordo e dalla nostra esperienza. Ma
volendo sappiamo il bilancio di vite umane stroncate: 160mila. Si:
centosessantamila. Una bazzecola di fronte agli alti motivi umanitari,
profumati di petrolio. E siamo già pronti a cadere nella nuova rete.
“Allora difendi Assad?” chiederà qualcuno. No, come non difendevo Gheddafi.
Ma ormai, a meno di non essere in malafede o del tutto imbecilli, sappiamo
come vanno queste cose. Gli interventi per la difesa dei diritti umani è
un’infame menzogna. Altrimenti quanti sarebbero i casi a giro per il mondo,
ad iniziare da molti paesi “amici”, di cui dovremmo occuparci militarmente?
Del resto i nostri governanti stessi non offendono ogni giorno di più i
nostri diritti?
Non difendo Assad. Ma non posso contentarmi delle narrazioni che mi vengono
propinate. Del resto basta un ascolto o una lettura critica delle “verità”
ufficiali per capire che non reggono. E allora che fare? Non è facile
dirlo. Continuare a dividere il mondo in buoni e cattivi è puerile. La
realtà non è semplice, è vero. Ma la nostra dignità di persone richiede che
ce ne facciamo carico.
Primo: non accetto di essere trattato da imbecille. Da tempo i miei
governanti sono illegittimi ai miei occhi, perché mentono: mi occultano
parte della verità e mi camuffano l’altra.
Secondo:i miei governanti (Presidente della Repubblica, capo del governo,
parlamento) violano la Costituzione che sono chiamati a garantire. Me ne
dissocio fermamente e li accuso di tradimento dei loro doveri.
Terzo: cerco di individuare gli attori che realmente si impegnano a
minimizzare il danno. Un segno di speranza è che sempre ce ne sono. E cerco
di collegarmi con loro, di ascoltare la loro voce, di accrescere la loro
autorevolezza.
So bene che tutto ciò spesso non basta. Ma se a comportarsi così fossero
milioni di italiani, forse a qualcosa servirebbe. Ed io, umilmente,
vogliono fare la mia parte. “No, io non ci sto” dovrebbe diventare la
nostra parola d’ordine.
Aldo Zanchetta