Cari
compagni, cari redattori delle varie “generazioni” cresciute nel collettivo, io
ci sono: da azionista, abbonato (e non solo) non potevo non rispondere
all’appello. Sono uno dei mille, il bonifico vi sarà già arrivato. Al di là
dell’adesione ideale alle ormai lontane scaturigini dell’omonimo gruppo
politico, considero il manifesto l’unico strumento di vera
informazione/formazione continua (anche se a volte mi fa arrabbiare), senza il
quale sarei portato a disertare le edicole, a “saltare” la quotidianità, per
dedicarmi, non essendo agibile questo “peculiare strumento di azione politica “,a
frequentare più assiduamente i tempi lunghi del libro, della saggistica, della
letteratura, del ripensamento: per tentare
di ritrovare, assieme ad altri, i punti fermi da cui ripartire, punti che la
sola praticaccia politica non è in grado di restituirci, checché ne pensino gli adepti delle
varie associazioni e comitati che si ritengono autosufficienti. Questa
sconfitta, questa cesura confido che non arrivino, perché sarebbe la
controprova che il dominio del capitale non solo ha vinto, ma ha voluto
stravincere: l’indizio che non già un grande vascello, ma persino un piccolo
battello quali noi siamo costituisce una spina nel fianco di quel mix
inestricabile di populismo e di tecnocrazia che tenta di stabilizzarsi in
Italia attraverso il governo dei professori-banchieri (al di fuori dello
“spirito repubblicano”). E che non connota solo il caso italiano, bensì una
tendenza che, portata
dal finanzcapitalismo, sta ammorbando l’Europa e il mondo, incanalandoci verso
la barbarie. Purtroppo non pochi compagni, provenienti da varie esperienze
politiche e di movimento, pensano miserevolmente di usare il Manifesto al solo
scopo di potervicisi rispecchiare, anziché come stimolo ad essere di volta in
volta spiazzati, per cui, quando qualche loro posizione viene contraddetta,
trovano narcisisticamente il motivo della rottura (“non vi compro più”). Pur
con tutti i limiti, pur nella necessità largamente inevasa di rinnovare la
“cassetta degli attrezzi”, pur nella indefinitezza od oscillazione talora
dell’orientamento politico, il Manifesto costituisce, un luogo politico e
culturale, un’esperienza unica in Europa: ben ha fatto Perry Anderson a
sottolinearlo, peccato che tanta parte della sinistra e del sindacato italiani non
ne siano consapevoli.
giacomo casarinostoricogenovacontatto skype: gcasarino