...ma lungo i 12 mesi del tragitto sono previsti molti vuoti d'aria.
Occorre stringere bene le cinture di sicurezza e leggere con attenzione le
indicazioni sul da fare in caso di emergenza.
La prima norma forse è uscire dall'ignoranza economica per capire la rotta
su cui i piloti si sono indirizzati e per porre loro richieste decise su
cambi di direzione opportuni.
L'articolo in calce, scritto a due mani da due economisti, a mio giudizio
condensa bene i problemi che abbiamo di fronte.
Nel suo intervento di fine anno il "preside(nte)" Monti ha affermato che i
conti sono in sicurezza e che non ci saranno altri prelievi fiscali.
Scrivetelo su un foglio con un pennarello rosso e appendetelo in sala da
pranzo.
Forse intendeva prelievi in questa forma. Perchè pochi minuti dopo il
giornale radio annunciava l'aumento di luce, gas, benzina e autostrade.
Buon anno
Aldo Z.
*CRISI EUROPEA*
*L’EURO DEVE DIVENTARE FLESSIBILE*
*Bruno Amoroso, Jesper Jespersen **
* *
Il varo dell’ammiraglia euro ha avuto luogo il primo gennaio 1999. Le danze
sul ponte vedono oggi il ruolo attivo, e ricco di giravolte spericolate,
della coppia Merkel e Sarkozy al centro della pista, e scambi di cortesie,
inchini e inviti reciproci tra gli invitati speciali. La sicurezza a bordo
e le pubbliche relazioni sono affidate a Mario Draghi, uomo di fiducia
della Goldman Sachs. La corazzata euro sembra invincibile, e nessuno
l’associa al destino dell’altra “invincibile”, il Titanic, affondata
tragicamente. Il solo parlarne è considerato poco elegante e la possibilità
della grande collisione contro l’iceberg della speculazione è
categoricamente esclusa.
Le rilevazioni degli strumenti di bordo suscitano preoccupazione. I dati
economici sui paesi dell’Ue mostrano valori positivi superiori nei 10 paesi
che hanno mantenuto la moneta nazionale rispetto ai 17 che hanno aderito
all’Unione Monetaria. Nella zona euro si rileva una frattura tra i paesi
dell’Europa del nord rispetto a quelli del sud e della Francia sui
principali indicatori economici e sociali dovuta agli effetti
destabilizzanti che sul sistema dell’euro produce il modello
neo-mercantilista di crescita della Germania – blocco dei salari e del
mercato interno e crescita export-led. Un dumping economico e sociale
perseguito a livello nazionale contro gli altri paesi dell’Ue.
I dati della bilancia dei pagamenti riflettono e confermano queste tendenze
tra paesi e il deficit nei paesi del sud mette in atto un “circolo vizioso”
che si esprime anzitutto con la crescita della disoccupazione e che ha come
conseguenze la caduta delle entrate fiscali e l’aumento del deficit di
bilancio pubblico. Il debito pubblico cresce, aumenta quello verso banche
estere, la capacità di ottenere credito si riduce e aumenta il tasso di
interesse. L’aumento del tasso d’interesse a livelli superiori a quelli dei
possibili tassi di crescita diventa la trappola che spinge le economie
verso il crollo. Fenomeni dovuti non alle “leggi dell’economia e del
mercato”, ma a strategie di guerra economica tra paesi manovrate dai gruppi
di potere della finanza.
Tuttavia la navigazione continua con la musica e le danze a tutto volume,
ma qualcuno inizia a porsi delle domande: la corazzata euro è veramente
inaffondabile? Le proposte fatte di modificarne il corso sono sufficienti a
evitare la collisione con l’iceberg? E se questo non è più possibile, che
fare?
Il problema è che i passeggeri hanno diversità di preferenze e obiettivi. I
governi dell’Europa orientale e del sud ritengono la crescita più
importante della stabilità dei prezzi per poter accrescere l’occupazione e
i redditi. Quelli dell'Europa centro-nord preferiscono la stabilità dei
prezzi, affidando a questa il raggiungimento degli altri obiettivi. L’idea
che una crescita diversa e una diversa distribuzione dei redditi siano
possibili anche per rimuovere le cause strutturali e di potere della crisi
non è più nell’agenda dei governi europei.
Quale via d’uscita dalla crisi è possibile? È evidente, per chi vuol
vedere, che la moneta unica è diventato il problema. La Germania e i paesi
ad essa collegati hanno oggi un vantaggio competitivo in termini di costi
del 30% e questa distanza tende a crescere a scapito dei paesi dell’Europa
del sud. Questo dumping economico e sociale è possibile perché i secondi
sono incatenati dalla moneta unica e quindi non in grado di minacciare le
esportazioni tedesche che invadono i loro mercati. Si verifica così un
aumento della disoccupazione e del debito pubblico al quale non si può
reagire come fanno invece Gran Bretagna, Svezia e Polonia. Il paradosso è
che i paesi che generano questo squilibrio nel sistema economico europeo
(la Germania) esportando in altri paesi la disoccupazione e il deficit,
minacciano i paesi che ne pagano le conseguenze di espulsione dalla zona
euro.
Ma il “modello tedesco” è esportabile, come sostengono i suoi portavoce? È
ovvio, per chi voglia ragionare senza dogmi sull'euro e sull’integrazione,
che il raggiungimento del pareggio di bilancio quando le entrate fiscali si
riducono e la disoccupazione aumenta non è possibile. Così come è ovvio che
il surplus della Germania è dovuto al deficit di altri paesi poiché le
esportazioni dell'uno provocano le importazioni degli altri. Quindi siamo
chiusi in un “circo- lo vizioso” il cui esito non può che essere una
catastrofe economica nel 2012.
Esistono alternative a questa situazione? Tra quelle finora presentate ne
emergono due. La prima è quella di un modello solidale di economia. Questa
richiede che i paesi con surplus – dovuto alla compressione dei salari e
dei consumi interni nei loro paesi – aumentino i propri consumi e salari.
Compito dell’Ue è quello di consentire l’emissione di eurobond con la
garanzia di tutti i paesi dell’Unione e l’avvio di un “Piano Marshall” per
i paesi europei che sarebbe il vero avvio della creazione di un sistema
federale.
Ma esiste anche una seconda soluzione. L’avvio di un modello flessibile per
gli stati nazionali, che riconosca l’errore del varo dell’euro. Questo
darebbe ai paesi con deficit la possibilità di riguadagnare in modo
organizzato e coordinato la flessibilità offerta dalla valuta nazionale,
mediante un accordo su corsi valutari concordati ma flessibili (dentro una
fascia del +/- 15%), forme solidali di risanamento del debito con il
coinvolgimento del sistema bancario, l’emissione di eurobond con i quali
tutti i paesi rispondono in modo solidale. Infine un permanente “Piano
Marshall “come sopra indicato.
Per ora c’è una sola certezza: il sistema monetario europeo non può
procedere nella sua forma attuale e la collisione è oggi inevitabile. Il
modello tedesco significa una lunga stagnazione che colpirà in modo
drammatico i paesi dell’Europa del sud e non solo. Il Titanic affondò il 15
aprile 1912 e solo 1/3 dei passeggeri e equipaggio si salvarono. Tradotto
nell’ammiraglia dell’euro, questo significa che solo 6 paesi
sopravviveranno alla collisione e manterranno l’euro (probabilmente la
Germania, Olanda, Benelux, Austria e, forse, la Finlandia e la Francia).
Per evitare la collisione è necessaria una soluzione solidale o flessibile
del tipo qui sopra indicato. Farsi accecare dalla retorica avrà esiti
disastrosi.