E' venuta a mancare Marisa Zoni, una voce poetica e di impegno civile. Era la madre di Stefano Mencherini, a cui ho partecipato le mie condoglianze. L'ho conosciuta negli anni: amava il Salento a cui ha dedicato bei versi. Era una donna dolce e ironica, aveva insegnato a lungo, amica di Roberto Roversi e dei poeti di Bologna e della sua generazione. Riporto queste notizie dal sito di Stefano. Marisa mi riavvicinava alla necessità della parola poetica, e le sono grato anche per questo.
Silverio Tomeo
Marisa Zoni e' nata a Castel San Pietro Terme settant'anni fa e vive a Bologna. Per quarant'anni ha insegnato lettere tra il nord e il centro Italia (Toscana, Lombardia, Marche, Emilia Romagna). Il suo primo libro di poesie e' stato introdotto da Carlo Bo nel 1959.
La Zoni ha conosciuto e lavorato con alcuni tra i piu' grandi letterati e poeti del Novecento: da Paolo Volponi a Lalla Romano, da Vittorio Sereni a Roberto Roversi. Su suggerimento di Volponi fu proprio Vittorio Sereni nel 1966, quando era direttore editoriale della Mondadori, a cogliere la carica innovativa e il forte radicamento dei suoi testi nelle passioni civili e nella quotidianita' di quegli anni. Per questo nel '67 la Mondadori da alle stampe "La scarpinata", un viaggio italiano ".dal tono eversivo con sorriso (l'ironia e' dentro le immagini) con vaghe ascendenze da certo Palazzeschi e appena una coloritura qua e la' all'Apollinaire".
Il lavoro poetico di Marisa Zoni cresce ispirandosi sempre piu' alla critica e alla denuncia sociale.
Pier Paolo Pasolini sceglie e vuole pubblicare nel '71 su "Nuovi Argomenti" (che ai tempi dirige con Alberto Moravia e Alberto Carocci) alcune sue poesie. Segue un lavoro trasversale e solo apparentemente minore in campo poetico, che porta Marisa Zoni a collaborare con pittori, scultori e incisori. Da ricordare tra le cartelle d'arte "Per una terra isolata" del 1974, con incisioni di Renato Bruscaglia e introduzione di Paolo Volponi che scriveva dei suoi testi:" .le parole accanite fanatiche strillate infilate l'una dietro l'altra in tante collanine variegate, che sembrano da mettere subito e facilmente, stabiliscono invece gli ordini di un canto superiore sorretto da regole, motivi e sintassi proprie".
Nel 1978 pubblica in un collettivo con l'editore Guanda "Dove l'Italia si vede" di cui Giovanni Raboni scrive ".sarebbe bello leggere poesie come queste su un giornale. poche scritture si prestano piu' di quelle della Zoni a una sorta di doppia degustazione: la prima rapidissima, quasi vorace, la seconda piu' riflessiva e assordante".
Verso la fine degli anni Settanta Marisa Zoni fonda una tra le prime associazioni in Italia che difendono i diritti civili dei tossicodipendenti. A Bologna collabora con la "Cooperativa Dispacci" fondata da Roberto Roversi che scrivera' nella prefazione de "La quota rovente":" .e' una bella e forte comunicazione questa della Zoni: vitale, attiva, spesso alta. sento di dover leggere il continuo ribattere sulla verita' atroce della vita reale odierna, sminuzzata in queste pagine in cento frammenti che bruciano. Cosi' ogni suo testo e' come il pezzo bollente di una bomba appena esplosa".
Il rifiuto di frequentare salotti e premi letterari, di accodarsi a convenzioni e conversazioni accademiche tra letterati, insieme alla crescente chiusura del mercato editoriale verso la poesia del Novecento, portano nei primi anni Novanta la Zoni ad autoprodurre tre nuovi libri ("La quota rovente", "Analisi di un'estate" e "La scommessa"); e alcuni testi ad essere pubblicati anche su riviste non di settore e quotidiani (ricordiamo "l'Unita'" e "il Manifesto"). Con un'altra novita': la scelta di non rilegare le tre pubblicazioni, ma di lasciare liberi i testi di essere "scompigliati" e tolti dalla raccolta; scelta che va nella direzione di favorirne la circolazione e di permettere al lettore un vero e proprio uso di quelle poesie fuori dalla sacralita' del libro.
Nel 1999 con l'editore Piero Manni pubblica "Come un metallo o un tamburo" di cui Attilio Lolini scrivera' su "il Manifesto:".un canto nero, tra Brindisi e Valona, vale la fede di un popolo compresso in una stiva; e' come se la poesia azzerasse tutti i chiacchiericci televisivi, ne svelasse la malafede e le incongruenze, si' da renderli intollerabili".
Verso la fine del 2004 pubblica con l'editore Pendragon la raccolta "Tu paria dai mille occhi", anticipata da una pagina di Vauro.
Da chi non legge poesia
Mi è successo, mi è successo troppo spesso di guardare con i miei gli occhi di bambini feriti, gli arti strappati dalle mine o la carne lacerata dalle schegge di missile o da proiettili, quando le bende non coprivano loro anche lo sguardo. Bambini a Jenin in Palestina o a Kabul in Afghanistan, ad Hanaba nel Panshir e poi ancora a Sulimanaya in Kurdistan o a Kerbala in Iraq. Non mancano guerre né pretesti per ferire e uccidere bambini; né mancano presidenti, opinionisti, esperti, pronti a giustificarne lo scempio "doloroso ma necessario" in nome della democrazia, della lotta al terrorismo o addirittura per motivi "umanitari" e a catalogarli come "effetti collaterali". Mi sono sempre imposto di non abbassare lo sguardo dalla vergogna di fronte agli occhi dei bambini feriti. Guardarci dentro per raccontare, denunciare l'orrore della guerra. In quegli occhi dove una tristezza senza confini satura più dello stupore per il dolore che del dolore stesso sono racchiuse tutte le ragioni per ripudiare la guerra in ogni sua forma. Ragioni enormemente più grandi di qualsiasi motivo economico, religioso, politico o etnico. Per questo ho sempre cercato una parola per definire quegli occhi. L'ho cercata con urgenza perché gridasse ma non riuscivo a trovarla. Poi mi sono capitate in mano delle poesie, a me che non leggo poesie, e la parola era lì in una di quelle poesie, tragicamente efficace e definitiva: " ..i bambini delle guerre hanno occhi sfaldati.", scrive Marisa Zoni . "Sfaldati". Queste poche righe per ringraziare Marisa di avermi dato questa parola con l'impegno di usarla finchè consentiremo che ci siano bambini con gli occhi sfaldati.
Vauro
"Tu paria dai mille occhi" è l'ultimo libro di poesie di Marisa Zoni, edito da Pendragon (Bologna, ottobre 2004)