Autor: Eugenio Baronti Data: A: co_housing, FORUM LUCCA Assumpte: [Forumlucca] I: Un cittadino in fuga dal viale Europa
Una libera opinione di un cittadino in fuga dal Viale Europa
Per 50 anni ho vissuto sul Viale Europa e con rassegnazione e senso di
impotenza ho visto il progressivo degrado della qualità della vita di noi
tutti residenti costretti a vivere sul fronte dellasse viario a più alto
volume di traffico della provincia di Lucca. Ho anche assistito a trenta
anni di completo immobilismo nella attesa messianica della risoluzione
totale del problema attraverso la realizzazione di nuovi assi viari mai
finanziati in tempi normali, figuriamoci adesso in tempi di grave crisi
economica. Contro il mio interesse di residente ho sempre sostenuto che non
si risolve il problema semplicemente spostandolo di qualche centinaio di
metri. Ho viaggiato un po in Europa per vedere e capire che il 21° secolo
ha bisogno di una nuova cultura e di un nuovo sistema di mobilità che non
può essere quello novecentesco, e sottolineo mobilità che non va
assolutamente ridotta alla sola viabilità. Creare una nuova cultura
imparando anche da quello che stanno facendo in altri paesi europei moderni
e industrializzati quanto noi, e, anche più di noi. Provate a percorrere le
autostrade in Austria, in Danimarca, in Belgio, in Svezia e poi fate ritorno
dallautosole soprattutto nel tratto appenninico e vedrete in quale crisi di
civiltà siamo precipitati.
Il Sindaco Del Ghingaro ha lanciato una bella provocazione che può essere
utile perché non è un ennesimo appello generico ma è un atto concreto che
costringe tutti a ricercare soluzioni praticabili anche nel breve periodo
che possano dare un minimo di sicurezza in più e alleviare i disagi dei
frontisti. Questo semplice atto amministrativo ricorda a tutti gli smemorati
che abitano la piana, che non ci sono solo i supremi interessi delle
attività economiche, le ragione della produttività con i suoi ritmi imposti
sempre più disumani e disumanizzanti. Cè anche un semplice basilare e
naturale diritto a respirare, a vivere, a muoversi senza rischiare di essere
spazzati via. Le nostre piazze, le nostre città, i nostri paesi, non
possono essere progettati ed organizzati solo per far muovere e per
parcheggiare un enorme e sproporzionato parco auto privato troppo grande per
un paese piccolo affollato e super urbanizzato in cui, nonostante gli ultra
liberisti e super produttivisti, anche gli uomini vorrebbero continuare a
poter vivere.
Io, come tutti i residenti che vivono sul fronte strada, non ho certo
bisogno di studiosi esperti che mi dicano se dopo lapertura del casello la
percentuale di traffico e aumentata o meno. I numeri e le percentuali sono
registrati dentro la mia testa, sono incisi dentro di me, nella mia vita. Io
ho scelto una via duscita individuale, perché la politica non è stata
capace di farmi intravvedere una speranza realizzabile nellarco della mia
vita. Mi sono trasferito pur di uscire da una situazione per me divenuta
insopportabile e ho riscoperto il gusto ed il piacere di tante piccole cose
di cui per anni mi sono privato: uscire di casa a piedi, tenere le finestre
aperte destate, poter parlare attorno ad un tavolo a cena senza essere
costretti a urlare per farsi sentire, non sentire di continuo il tintinnio
dei piatti e bicchieri nella piattaia.
Senza atti forti senza provocazioni culturali non si è mai cambiato e non si
cambierà mai nulla. Siamo lunico paese in Europa ad avere il 90% della
mobilità delle merci e persone su gomma. Avessimo ascoltato le
organizzazioni economiche, sindacali e di categoria e quasi tutti i
partiti politici, oggi le mura urbane, simbolo ed orgoglio della città e
patrimonio dellumanità, sarebbero ancora circonvallazione e parcheggio
delle auto, e Piazza Napoleone un caotico parcheggio. Eppure anche allora,
il sottoscritto, che fu tra i promotori dei referendum per chiudere le mura
al traffico auto veicolare e per trasformarle in parco pubblico, fu oggetto
di attacchi feroci, di tante lettere di quelle 2000 commesse minacciate di
licenziamento se le mura fossero state chiuse. Anche allora, ci furono
serrate dei negozi, proteste veementi, annunci di imminenti catastrofi
economiche e occupazionali. Iniziare a porre dei limiti, dei vincoli, delle
regole nuove, significa iniziare a spingere verso unaltra direzione di
marcia, significa rimettere in discussione un vecchio modello di mobilità
insostenibile tutta sbilanciata sul trasporto individuale su gomma che non
può avere futuro, significa iniziare a modificare la domanda di mobilità a
prendere misure per ridurre il traffico, riorganizzarlo con nuove soluzioni
da provare, sperimentare, consolidare. Bisogna prioritariamente restituire
efficienza e funzionalità alle nostre linee ferroviarie regionali. Fare
tutto questo nellinteresse generale per perseguire la felicità e la qualità
della vita delle persone che dovrebbe essere la finalità di una buona
politica ma anche di tutte le attività economiche e produttive. Bisognerebbe
sempre ricordarci che si lavora per vivere meglio possibile la nostra vita
e non si vive per lavorare trasformati in efficienti macchine produttive.