[autorgstudbo] Diritto all'insolvenza: dallo slogan alla pra…

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Autor: News AutOrg.anizzazione Stud.entesca BO
Data:  
A: autorgstudbo
Assumpte: [autorgstudbo] Diritto all'insolvenza: dallo slogan alla pratica
Entrare in un supermercato, mettere nel carrello ciò di cui si ha
bisogno e poi "contrattare" sul prezzo. E' questa la semplice idea dei
precari e delle precarie, degli studenti e delle studentesse, dei
lavoratori e delle lavoratrici, dei disoccupati e delle disoccupate e
dei pensionati e delle pensionate che partecipano alle assemblee di
Santa Insolvenza, e che domenica nell'ipercoop del centro Meraville
hanno chiesto che venisse applicato uno sconto del 23% a tutti i
clienti del supermercato, come protesta contro la crisi e contro le
politiche dei governi e della Banca Centrale che ne stanno scaricando
i costi sui più deboli.

Si è scelto di chiedere il 23% come riferimento simbolico all'aumento
dell'IVA imposto dal Governo Monti nell'ultima manovra.
Com'è noto, l'IVA è una tassa che grava soprattutto sulle teste delle
fasce più deboli, e l'aumento della sua percentuale influisce anche e
soprattutto sui generi alimentari.

Per questo motivo, un centinaio di seguaci di Santa Insolvenza,
domenica pomeriggio, verso le 16:30, sono entrati nel supermercato,
hanno riempito i loro carrelli e al momento di pagare hanno chiesto lo
sconto del 23 per cento. A quel punto l'azione si è allargata anche
alle persone che ne erano estranee: sono stati consegnati loro dei
finti buoni in cui era spiegato quanto stava avvenendo.
Anche a voce è stato dichiarato più volte che l'intento non era quello
di rubare i prodotti, ma che si stava chiedendo uno sconto per tutti i
clienti del supermercato.

Sono comunque state lasciate libere due casse per permettere a chi non
si era unito alla protesta di pagare regolarmente la loro spesa.
Invece, a chi ha scelto di unirsi alla protesta è stato proposto di
attendere all'interno del supermercato per aspettare l'esito della
trattativa ed usufruire così tutti dello sconto, oppure di uscire
senza acquistare nulla per solidarietà alla protesta.
Molti hanno aspettato e solidarizzato con i manifestanti, alcuni sono
stati coinvolti in discussioni sulla natura della crisi e sulle forme
di protesta da utilizzare, altri ancora hanno raccontato le loro
difficoltà di arrivare a fine mese.

In tutto ciò la risposta della direzione della Coop è stata netta:
"piuttosto che fare uno sconto, chiudiamo il supermercato" e così è
stato fatto.

Non solo, il direttore della Coop ha chiesto l'intervento delle forze
dell'ordine che sono state fatte entrare anche dentro il supermercato,
quando le persone erano ancora in coda. Appena fuori dalle casse, uno
sbarramento di carabinieri ci impediva di uscire. Di conseguenza,
dentro al supermercato sono state bloccati non solo coloro che avevano
pensato e costruito l'azione, ma anche quei clienti che,
solidarizzando con la protesta, vi avevano partecipato.

Il direttore della Coop Adriatica Adriano Turrini ha sottolineato come
la cooperatvia Coop abbia delle attenzioni verso le fasce sociali più
deboli e abbia inserito il 10% di sconto ai cassintegrati. Visto che
lui stesso si dice disponibile a parlare con chiunque, perché non
allargare questo sconto ai precari, ai lavoratori flessibili, ai
disoccupati e agli studenti?

Questo dialogo, che egli stesso auspica, abbiamo tentato di aprirlo
domenica, ma alla richiesta di trattativa è stato risposto chiamando
la polizia e chiedendo l'identificazione dei manifestanti che sono
stati chiusi dentro al supermercato per quasi due ore.

Il supermercato infatti non è stato bloccato dai manifestanti, ma, al
contrario, sono stati i manifestanti a essere bloccati dentro al
supermercato, insieme a tutti i clienti che si sono uniti alla
protesta.

Sembra abbastanza curioso essere accusati oggi di aver seminato il
terrore tra i lavoratori della Coop, dal momento che si è parlato a
lungo con loro, anche delle loro condizioni lavorative. Più volte si è
detto che l'azione non era rivolta contro di loro e si è anche preteso
che la chiusura anticipata del supermercato non andasse a gravare
sulle buste paga dei dipendenti. Ci sono foto e video che documentano
questa dialogo franco fra noi e i/le dipendenti (un esempio a questo
link: http://chiaratolomelli.photoshelter.com/image/I0000vgheuMo5ENs)

Se i manifestanti hanno seminato il panico con questa semplice azione,
allora cos'ha causato il direttore facendo sbarrare l'uscita da un
cordone di carabinieri che non davano alcuna spiegazione?

Più volte è stato chiesto il motivo di questa azione da parte delle
forze della polizia. Qual era il reato imputato? Nelle due ore in cui
si è continuato a porre questa domanda, non è mai stata fornita una
risposta che non fosse "Il direttore ha chiesto il nostro intervento".
Da quando la libertà di espressione e di parola sono sanzionabili?
Le persone sono state fatte uscire a patto che venissero identificate:
uno ad uno chi era all'interno del supermercato ha dovuto consegnare i
propri documenti, perché così era richiesto dal direttore della Coop.

Inoltre, nonostante quanto dice il Carlino
(http://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/2011/12/20/640177-riprovano.shtml)
nessuno di dei manifestanti e dei clienti è uscito col carrello della
spesa pieno. Anzi, nessuno è uscito con alcun tipo di merce senza
averla pagata. Non era negli intenti dell'azione uscire dal
supermercato con la merce rubata. Come abbiamo ripetuto più volte non
si trattava, infatti, di un esproprio ma di una trattativa per uno
sconto sulla merce.

La domanda è: da quando un direttore di un supermercato ha il diritto
di dare ordini alle forze di polizia? Oppure è la questura di Bologna
che fa politica intimidendo e criminalizzando chi protesta contro i
tagli e la situazione sociale che si sta venendo a creare in questo
Paese?

Se la risposta del direttore è stata netta e negativa, la risposta
delle persone è stata di ampia solidarietà. Per circa due ore molti
dei clienti del centro Meraville sono rimasti fuori dal supermercato a
guardare attraverso i vetri quanto stava avvenendo all'interno, spesso
applaudendo chi da dentro faceva interventi col megafono per spiegare
la situazione.

Quello che oggi chiediamo è il perché di tanto accanimento contro chi
protesta.

Perché intimidire chi prova ad alzare la testa contro la carneficina
sociale che non solo i governi che si stanno succedendo, ma le
politiche finanziare europee e globali, le banche, le agenzie di
riscossione, stanno causando?

Cosa succederà nel 2012, quando queste azioni si moltiplicheranno,
proprio per via di una situazione economica sempre più drammatica?
Tanto più che domenica anche a Milano, si sono messe in pratica
proteste simili.

Come già altre volte è capitato, si tenta di ignorare le questioni
sociali poste liquidandole come semplici problemi di gestione dell'
ordine pubblico.
Sta di fatto che la voce degli insolventi e delle insolventi si sta
espandendo. Chiedere dei diritti diventa sempre più insufficiente.
L'avevamo detto e lo ripetiamo: da questo Natale l'insolvenza diventa
una pratica di agire sempre più collettiva.

Santa Insolvenza

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twitter: @SantaInsolvenza