http://www.corriere.it/cronache/11_dicembre_07/deputato-talpa-suk-onorevoli-stella_6f6ac1b2-20b8-11e1-80f3-2318928b83f9.shtml#.Tt90-BQlvBE.facebook
Qualche sanguisuga, un po' di somari e una talpa: c'è anche questo, a
 Montecitorio. È il quadro desolante che esce da un micidiale reportage 
girato per la prima volta dentro l'aula. 
Tutto questo grazie a un 
deputato che si è prestato a registrare, con una micro-telecamera, le 
conversazioni con alcuni colleghi. Che sembrano avere un'ossessione: il 
vitalizio. Per il quale sono disposti a tutto. A partire, ovviamente, 
dalla vendita del proprio voto.
Potete scommettere che, alla vista della puntata di stasera de 
«Gli intoccabili», il programma su La7 condotto da Gianluigi Nuzzi, c'è 
chi farà un putiferio. Scatenando la caccia al deputato «traditore» che 
ha consentito di girare in presa diretta le chiacchierate che 
comunemente si svolgono, tra una votazione e una partita a carte 
sull'iPad, nel cuore stesso di Montecitorio, l'emiciclo dove siedono i 
rappresentanti del popolo.
C'è chi dirà che certo, il «tempio della 
democrazia» dal 1871 ad oggi ne aveva già viste, come scrive Sabino 
Labia nel libro «Tumulti in aula / Il presidente sospende la seduta», di
 tutti i colori. Dal cosiddetto «discorso del bivacco» di Benito 
Mussolini («potevo fare di questa Aula sorda e grigia un bivacco di 
manipoli...») alle scazzottate come quella che vide i commessi portare 
via un Francesco Storace urlante: «Quella checca di Paissan mi ha 
graffiato con le sue unghie laccate di rosso, io non l'ho toccato! Vi 
sfido a trovare le mie impronte digitali sul suo culo!». Mai, però, era 
accaduto che un deputato registrasse, segretamente, i colloqui con i 
colleghi là, nel luogo più protetto, dove i fotografi che stanno nelle 
gallerie sono obbligati a sloggiare appena c'è un tafferuglio perché 
«non sta bene» che gli italiani vedano quanto i loro delegati possano 
abbassarsi fino alla mischia da angiporto.
Non è stato, da parte di quel deputato, un gesto 
«onorevole»? Può darsi. Ogni censura è legittima. Ma guai se ancora una 
volta si guardasse il dito e non la luna. Perché le conversazioni 
«rubate» sono solo una parte del quadro ricostruito per «Gli 
Intoccabili» dall'inchiesta di Gaetano Pecoraro e Filippo Barone. C'è la
 copia di un modulo fatto firmare a un deputato del Pd che «si impegna a
 versare la somma di euro 50.000 quale contributo alle spese che il 
partito sostiene per la campagna elettorale». C'è un'intervista al 
deputato di Futuro e Libertà Aldo Di Biagio, che racconta di come una 
collega lo contattò per farlo rientrare nel Pdl: «Mi ha detto: "Noi ci 
aspettiamo coerenza da te. Ti consigliamo di aprirti una fondazione e ti
 faremo avere un contributo di un milione e mezzo da Finmeccanica o da 
un'altra società"». C'è la ricostruzione di come il dipietrista Antonio 
Razzi avrebbe contrattato la sua fiducia al governo Berlusconi, 
determinante in quel 14 dicembre 2010 di svolta nella legislatura, 
chiedendo tra l'altro l'istituzione del consolato onorario di Lucerna, 
finito poi a un suo amico. O ancora la rivelazione del finiano Luigi 
Muro: «L'onorevole Verdini mi ha detto: "Dimmi cinque cose che possono 
interessarti, cinque desideri e poi ragioniamo"». Meglio del genio della
 lampada di Aladino.
«Gli intoccabili», prorgamma condotto da Gianluigi Nuzzi in onda mercoledì sera su La7
Ma certo, lo scoop sono le parole «rubate». Ed ecco un 
deputato, con la voce sfalsata e il volto oscurato elettronicamente per 
impedirne l'identificazione, sbuffare: «Sono l'unico che qui di benefit 
non ne ha. Pensione non ce l'ho, non c'ho un cazzo... Sono l'unico vero 
precario». Ecco una conversazione fra due «gentiluomini» illuminante: 
«Ormai è tutto... Tutto una tariffa, qua. È solo tariffa».
«La tariffa tua quant'è?».
«Al vostro buon cuore».
«No, no, la tariffa la devi fare tu».
«Al vostro buon cuore...».
Ed
 ecco, agganciata dalla talpa, un'altra chiacchierata tra una sanguisuga
 e un somaro centrata sull'asfissiante richiamo alla pensione, il 
vitalizio. Così piena di parolacce, oltre agli strafalcioni, che 
dobbiamo chiedere scusa ai lettori:
«Ma riuscite a fare tirare avanti
 questo governo? Ce la fate fino alla scadenza? Meglio anche per te. 
Così pigli pure tu la... Adesso devi fare quattro anni, sei mesi e un 
giorno. Perciò fatti nu poco li cazzi tua e non rompere più i coglioni 
a... E andiamo avanti. Così anche tu ti manca un anno...».
«Meno di un anno!».
«Meno
 di un anno e ti entra il vitalizio. Tu che cazzo te ne fotte, dico io? 
Tanto questi sono tutti malviventi. A te non ti pensa nessuno. Te lo 
dico io, caro amico. Che questi, se ti possono inculare ti inculano 
senza vaselina nemmeno».
Una sola cosa ha in testa, qualcuno che 
magari davanti ai microfoni giura di fare politica «al servizio dei 
cittadini»: non uscire da quel guscio dorato. Anche perché, a volte, 
senza quella poltrona e quella possibilità di alzare il prezzo del suo 
voto, sarebbe rovinato: «Sono un reietto. Me ne sto da solo. Sono 
contento perché... Cioè, mi dispiace per la situazione economica 
dell'Italia che è andata così... Però... Per me sono contento perché il 
14 dicembre c'è stato questo scombussolamento degli ex di An perché se 
non c'era questo scombussolamento io finivo qui. Cioè, basta, finito. 
Probabilmente finisco così lo stesso, però... Io ho bisogno di un posto 
di lavoro».
«Perché, non hai nessun lavoro?».
«Faccio il disoccupato».
«E quindi qui ti eri sistemato...».
Scambi di battute:
«Lavori troppo, tu».
«Eh, lavoro troppo». 
«Tu fai pure tu come Berlusconi? Otto a notte te ne fai?».
«No, io me ne faccio di più!».
Sfoghi lamentosi come quello di un deputato, par di 
capire, eletto dal Carroccio: «Però non è giusto che tutti i partiti 
prendono i soldi dai parlamentari. Non va bene così. Non è una cosa 
corretta. La Lega è diventato un partito d'affari. Fanno quello che 
fanno tutti. E ti fanno firmare un contratto eh? Ti fanno firmare 
l'impegnativa. Hanno voluto un assegno post datato di 25.000 euro...». 
Conclusione: «Ma piuttosto voi quanto gli date, di pizzo, ogni mese?».
No,
 non può essere quello, il Parlamento. Ci rifiutiamo di accettare che 
sia «solo» quello. Sarebbe una schifezza. Un insulto alla democrazia. Un
 oltraggio alla politica perbene, generosa, nobile. A tutti quelli, a 
destra e a sinistra, che ci credono sul serio. Buttateli fuori, quei 
deputati insaziabili interessati solo a se stessi. Fuori. E ricominciamo
 da capo.
Gian Antonio Stella7 dicembre 2011 | 19:46© RIPRODUZIONE RISERVATA