[Forumlucca] La "buona fede" di Monti (e le foglie di fico d…

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Author: Massimiliano Piagentini
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To: forumlucca
Subject: [Forumlucca] La "buona fede" di Monti (e le foglie di fico di certa sinistra)
un articolo preso dal sito global project
http://www.globalproject.info/it/in_movimento/La-buona-fede-del-Professor-Monti/9998


La «buona fede» del Professor Monti***
Riflessioni a caldo sulla crisi italiana
12 / 11 / 2011

Pare essersi conclusa l’avventura di Mister B. Questa anomalia tutta
italiana, che ha tenuto in scacco il Paese e reso monolitico il
dibattito politico per più di un quindicennio, sembra volgere
finalmente al termine. Non possiamo che gioirne. Al contempo, però,
confessiamo che l’interrogativo che sembra dominare le migliori menti
della sinistra italica in questi giorni, ovvero se con Berlusconi sia
effettivamente declinato anche il “berlusconismo”, non ci appassiona
affatto. Non tanto perché non vi siano ancora tracce nella società
italiana di questo sottoprodotto culturale che ha fatto della
sottomissione al potere e ai suoi codici più arcaici il suo carattere
distintivo, quanto perché questo sembra aver fatto posto ad un
dispositivo, culturale e politico, assai più insidioso.

Crediamo anzi che il passo indietro compiuto da Berlusconi sia da
salutare con entusiasmo soprattutto per un motivo: perché toglie il
velo, finalmente, su quali siano, in questo momento storico, le reali
condizioni della politica.

Si potrebbe dire con una battuta, che il vero tema che dovrebbe
interrogare i movimenti non sia semplicemente il Governo Tecnico, ma
la nuova “tecnica del governo”. Da lì si parte. Dal commissariamento,
hard o soft che sia, della cosiddetta democrazia da parte delle grandi
istituzioni finanziarie. La “tragedia greca” dimostra con estrema
chiarezza che nonostante sia oramai impossibile il raggiungimento
dell’obiettivo dichiarato e imposto da Bce, Commissione europea e Fmi,
cioè scongiurare il default, il processo politico attivato permane, e
continua a funzionare indisturbato.

La compressione dei diritti sociali, lo schiacciamento dei salari, la
privatizzazione del pubblico, la sottomissione della residua sovranità
statuale, sono in realtà le componenti più visibili di una nuova
accumulazione originaria che sta edificando un nuovo ordine sociale e
politico.

In questo particolare contesto, chiedersi se vi sia o meno “buona
fede” nell’azione di un emissario della Goldman Sachs come il
Professor Mario Monti, sfiora l’ingenuità quando non rischia di
tradire la “cattiva fede” di chi pronuncia una simile frase. Tuttavia,
non è affatto vero che tutto sia uguale a tutto: possono darsi, in
questo processo che imbriglia le funzioni di governo – che stabilisce
cioè ex ante contenuto e finalità delle misure in campo economico –
mille variazioni sul tema. Ma, appunto, il “tema” rimane lo stesso e
non è disponibile ad esser sottoposto ad alcuna “scelta” elettorale.
Quella “scelta” ricorda da vicino la “libertà” degli operai della Fiat
di rifiutare, con il referendum nelle fabbriche, il diktat di
Marchionne.

Il dibattito che sta animando le forze politiche in questi giorni non
riesce a superare questo stato di cose. Viste da questa prospettiva,
le «ferree condizioni» poste da Vendola sul tavolo delle trattative
sul post-Berlusconi, non sembrano altro che delle esili “foglie di
fico”.

La più evidente è quella riferita alla proposta di patrimoniale: qui,
è bene ricordarlo, non si tratta di una misura di natura
redistributiva, ma di una diversa fonte per riversare denaro nelle
banche private. Allora occorrerebbe rimettere la discussione sui suoi
piedi, affermando con coraggio che il punto, in tema di macelleria
sociale, non riguarda solo la tipologia di carne da spezzettare e
neanche la “rispettabilità” e il curriculum del macellaio. Senza dire
esplicitamente che gli italiani non devono ripagare il debito delle
banche private (ciò che economisti come Krugman definiscono default
selettivo o ristrutturazione del debito), non si esce dai confini
stabiliti della lettera della Bce, e senza questo, non v’è alcun
programma “alternativo”. Delle due l’una.

Perché il problema non è il Governo Tecnico, né quello politico: il
problema è la sua “missione”.

Esistono forze in grado di sovvertire il quadro, di produrre un
mutamento radicale, di sovvertire la mission dei governi europei? I
movimenti stanno faticosamente costruendo una nuova composizione dei
segmenti sociali stritolati dalla crisi, ma questa non sembra ancora
capace di qualificare efficacemente un rapporto di forza sociale e
politico. In questo scenario il salto delle opposizioni nell’arena del
governo assomiglia troppo ad un salto nel vuoto. Che è innanzitutto un
vuoto di democrazia. Costruire l’alternativa alla dittatura della
finanza, immaginare la democrazia dei beni comuni, farlo insieme al
99%: questa è la scommessa che abbiamo davanti.

*** Andrea Alzetta, Alberto De Nicola, Simone Famularo, Eva Gilmore,
Fabrizio Nizi, Francesco Raparelli, Lorenzo Sansonetti, Emiliano
Viccaro