[NuovoLab] Che business, la pace!

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Autor: ugo
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Attualità

Che business, la pace!ECONOMIA POSITIVA Per uscire dalla crisi: convertire le spese militari in welfare. La proposta da 4 Nobel in convegno a Milano

di Daniela Condorelli

La pace conviene. Crea solidità, salute, benessere. Più della guerra. Lo dimostra il Global Index of Peace dell'Institute for Economics and Peace, istituto australiano di ricerca indipendente che identifica i benefici economici della pace; un mondo senza conflitti nel 2010 avrebbe fruttato oltre 8mila miliardi di dollari, si legge nell'ultimo report dell'istituto fondato da Steve Killelea per misurare lo status pacifico di 153 paesi. Un terzo di questa cifra rappresenta le attività di industrie belliche riconvertite; i restanti due terzi gli input in più all'economia se il pianeta fosse in pace. "C'è una stretta correlazione tra pace e benessere", commenta Killelea. "Basterebbe una riduzione del 25% nella violenza per risparmiare 2mila miliardi di dollari. A cosa servirebbero? A coprire i costi del Millenium Development Goals, gli obiettivi del Millennio stabiliti per il 2015, a eliminare il debito pubblico di Grecia, Portogallo e Irlanda e affrontare i danni del terremoto giapponese". Che il disarmo sia economicamente conveniente lo ripete da tempo Francesco Vignarca, responsabile della Rete Italiana per il Disarmo, autore de Il caro armato (ed. Altreconomia) e del blog I signori delle guerre. Vignarca fa notare come al primo accenno di stallo del settore le maggiori industrie di armamenti italiane abbiano annunciato migliaia di licenziamenti. E cita una ricerca dell'Università del Massachusetts: "Se investiamo un miliardo di dollari nella difesa abbiamo 11mila nuovi posti di lavoro; 17mila se lo impegniamo nelle energie rinnovabili, 29mila se andasse al settore educazione". Se non bastassero etica ed economia, un'ulteriore spinta alla necessità di un ripensamento globale la dà la scienza. Il 18 novembre a Milano si incontreranno i premi Nobel aderenti al movimento Science for Peace voluto da Umberto Veronesi (vedi box). A parlare per loro il vicepresidente del progetto, Alberto Martinelli, professore di scienze politiche e sociologia alla Statale di Milano. "La guerra è un'invenzione sociale, non una necessità evolutiva", spiega Martinelli illustrando la Carta di Science for peace che verrà sottoposta agli insegnanti e discussa nelle scuole: lo scopo è promuovere lezioni di educazione alla pace e prevenzione dei conflitti, come si insegnano le scienze e la biologia. Ma quanto si potrebbe fare se l'economia di guerra venisse riconvertita in educazione alla pace, aiuto allo sviluppo e salute globale? Pirous Fateh-Moghadam, dell'Osservatorio Italiano sulla Salute Globale, autore del capitolo Guerra e salute dell'ultimo rapporto dell'Osservatorio (ed. ETS), considera la prevenzione della guerra dovere professionale di ogni medico. E cita Martin Luther King: "Una nazione che spende di più nei programmi di difesa che in quelli di miglioramento sociale è una nazione spiritualmente morta". Sul tema guerra e pace Fateh-Moghadam fa una serie di confronti interessanti: "Il consumo energetico militare di un anno degli Usa basterebbe per il trasporto pubblico di tutte le città americane per 14 anni". Oppure: "Con la metà dei soldi spesi per la guerra in Iraq si potrebbero garantire le vaccinazioni di base per tutti i bambini del mondo". Per migliorare la salute nel Sud del mondo, del resto, basterebbero 35 dollari a persona all'anno. È l'Organizzazione Mondiale della Sanità a stimarlo nel report Macroeconomia e salute. Invece la tendenza va in senso contrario: verso lo smantellamento degli aiuti. La denuncia è circostanziata nel Libro bianco sulle politiche pubbliche di cooperazione allo sviluppo in Italia, pubblicato in giugno dalla rete di associazioni che si occupano di diritti umani e finanza etica di sbilanciamoci.org. Nel 2010 l'ammontare italiano degli aiuti pubblici allo sviluppo è stato, per l'OCSE, dello 0,15% del Pil, a fronte di una media europea dello 0,46. Nella graduatoria europea dell'aiuto pubblico allo sviluppo l'Italia è al 16 posto dopo Grecia, Cipro e Portogallo. Eppure aiutare conviene: per ogni dollaro di aiuto sborsato, rientra nell'economia fino a un dollaro e venti, evidenzia uno studio tedesco. Invece l'Italia si tira indietro. Nell'ultima edizione del rapporto sulla lotta alla povertà del mondo, Action Aid sottolinea come i tagli effettuati siano pari a quanto si risparmierebbe rinunciando all'acquisto di uno dei cacciabombardieri F-35. Un capitolo, quello degli F-35, che la dice lunga in tema di economia di guerra e di pace. Nel 2002 il nostro paese si è impegnato ad acquistare 131 caccia-bombardieri F-35: una dozzina di aerei l'anno dal 2013 al 2024 per la modica cifra di 122 milioni a velivolo, cifra in crescita man mano che lo sviluppo dei nuovi caccia procede tra mille intoppi. Esperto in materia, Francesco Vignarca interverrà alla conferenza di Science for Peace nella sezione dedicata agli armamenti: "In 10 anni e oltre 15 miliardi di spesa, l'investimento negli F-35 creerà solo 600 posti di lavoro". E mentre Gran Bretagna e Paesi Bassi tagliano gli acquisti dei nuovi caccia, sbilanciamoci.org, Rete Disarmo e Tavola della pace promuovono la campagna Stop F-35. Denunciando: "Con questi soldi si possono costruire 2mila asili pubblici o mettere in sicurezza 10mila scuole". È ancora Vignarca a ricordare come l'obiettivo dei Millennium goals di dimezzare la povertà nel mondo entro il 2015, che non verrà raggiunto per mancanza di fondi, costerebbe 760 miliardi di dollari in 15 anni. E che ogni anno le spese militari sono più del doppio. Lo afferma il Sipri, l'Istituto internazionale di ricerche per la pace di Stoccolma, che pubblica un annuario con le spese militari. Nel 2010, si legge nell'ultimo Yearbook, la spesa militare mondiale è stata di 1630 miliardi di dollari. Con un aumento del 49% rispetto al 2000. L' Italia è al 10 posto, con 37 milioni di dollari nel 2010. Se la politica non sente le ragioni dell'economia, la battaglia per un futuro di pace si sposta sul terreno della scienza: a Science for peace Chiara Tonelli, professore di genetica all'Università di Milano, presenterà Agrisost: "Spesso i conflitti nascono dalla mancanza di risorse alimentari e la pace passa per un benessere fatto di acqua, cibo e medicine a cui tutti hanno diritto". Agrisost è un progetto per sviluppare piante che crescano con meno acqua, per potersi adattare a luoghi con scarse risorse idriche. Emblema di una scienza che si attiva per la pace è anche l'attività dei medici di Together for Peace, altra costola della Fondazione Veronesi, una task force che si occupa di formare specialisti in oncologia nelle regioni colpite da conflitti con borse di studio, ambulatori e training per i medici. Un esempio è il progetto di allestimento di strutture per la diagnosi precoce in provincia di Herat, Afghanistan.

NUMERologia: CHE COSA SCEGLI? 100 milioni di dollari un cacciabombardiere F-35 o 465mila trattamenti anti-aids per bambini 89 milioni di dollari un missile Trident II o 8 milioni e 900mila trattamenti anti-tubercolosi 2,7 miliardi di dollari un sottomarino Virginia o un anno di cura per 7,5 milioni di madri sieropositive 4 miliardi di dollari la spesa di un giorno per mantenere gli apparati militari o un anno di controllo della malaria (un milione di morti l'anno) 1200 miliardi di dollari le spese militari di un anno dei paesi ricchi o 1,5 volte quello che serve per dimezzare la povertà nel mondo nel 2015 15 miliardi di euro 131 cacciabombardieri o 10 milioni di pannelli solari 1,4 miliardi di euro il costo della portaerei italiana Cavour o oltre 4mila nuovi asili nido (elaborazione dati a cura di Francesco Vignarca, Rete Disarmo)

Da fare in fretta La conferenza mondiale Science for Peace apre il 18/11 all'Università Bocconi di Milano. Saranno due giorni di discussioni e interventi, con 37 relatori provenienti da 15 paesi riuniti per cercare concrete soluzioni di pace. Si parlerà, tra l'altro, di accesso all'acqua e al cibo, prevenzione e cura delle grandi malattie. Tra i relatori saranno presenti il premio Nobel per la pace 2003 Shirin Ebadi (di Nobel ce ne saranno altri tre); l'afghana Suraya Pakzad, rappresentante di Voice Women Organization; Brian Wood, responsabile Arms control and security trade di Amnesty International; il presidente dell'Accademia delle scienze del Pakistan, Atta-ur-Rahman e il Nobel per la medicina 2008, Harald zur Hausen. Nella due giorni verranno anche premiati i ragazzi che hanno vinto il concorso Scatta la foto di Science for Peace 2011, rivolto alle scuole superiori di tutta Italia, e presentato il primo codice di responsabilità bancaria sui finanziamenti all'industria delle armi. "Il codice propone uno standard nel tentativo di andare oltre alle prescrizioni di legge", commenta Vignarca. "L'obiettivo è farsi dare dalle banche i dati di come si stanno muovendo, cosa stanno finanziando". La partecipazione alla conferenza è gratuita, ma riservata a chi si registra sul sito scienceforpeace.it, dove è possibile scaricare anche il programma completo.

fonte: d.repubblica.it n766 del 5 ottobre 2011



Ugo Beiso











Non potendo rafforzare la giustizia si è giustificata la forza B. Pascal