Re: [NuovoLab] [forum Sinistra Europea GE] In margine ad un …

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著者: giacomo casarino
日付:  
To: forumsege
CC: forumgenova inventati
題目: Re: [NuovoLab] [forum Sinistra Europea GE] In margine ad un articolo di Paolo Cacciari Il Manifesto sabato 29 ott

Cara Giovanna,è evidente che il mio discorso sulla moneta correva sul filo del paradosso: mi sono limitato a ritorcere contro Cacciari il suo ragionamento, assolutamente fuori luogo, sbagliato, quantomeno se ci riferiamo al capitalismo ed ai suoi cinque secoli di storia . In questo ambito, se vogliamo neutralizzare gli effetti perversi dell' "equivalente universale", non c'è da ritornare a qualcosa che non è mai esistito, ma semplicemente (mission impossible!) lanciare la sfida dell'abolizione della moneta stessa. Insomma, volevo dire che la premessa da cui parte l'assunto di Cacciari non tiene: finché esiste il mercato, la moneta la farà da padrona a impersonare il processo di accumulazione. Possiamo ridurre - attraverso i beni comuni, i "valori d'uso" - lo spazio del mercato e dunque il ruolo e la pervasività della moneta, ma non attribuire a quest'ultima una funzione che le è im-propria.




To: forumSEGE@???
CC: dwbsco@???; forumgenova@???
From: caviglione@???
Date: Mon, 31 Oct 2011 16:45:36 +0100
Subject: Re: [forum Sinistra Europea GE] In margine ad un articolo di Paolo Cacciari Il Manifesto sabato 29 ott
































    ahimè, ci metti all'angolo: le prediche, anche se fatte bene, non
    servono a nulla. d'altra parte la tua proposta di azione politica da
    praticare qui e ora, è troppo sovversiva! chi mai avrebbe la
    capacità di trasformarla in orizzonte e progetto e il coraggio di
    proporla?


    giovanna






    Il 31/10/11 16:07, giacomo casarino ha scritto:








              La finanza e la
                    moneta non sono mai stati strumenti
                    neutri, beni comuni pubblici, di servizio (come
                    sembra suggerire Paolo Cacciari), che (cito)
                    “nessuno (né grande banchiere né
                    piccolo azionista) [possa] pensare di usare per
                    arricchirsi".  Su questo terreno per essere
                    realisti, bisognerebbe essere utopicamente radicali,
                    "saltare" direttamente all'abolizione della
                    moneta.  A quel punto lo scambio andrebbe regolato
                    sulla base
                    della reciprocità delle prestazioni, dai rapporti
                    interpersonali, come a suo
                    tempo ci ha insegnato Karl Polanyi, sempre che
                    dovessimo restare nell’ambito del “dover
                    essere”, del “possibile in astratto”. Sostiene
                    Cacciari: “devono tornare ad
                    essere […]” “Dovemmo pensare ad altro tipo di
                    ricchezza […]” Ma io diffido del
                    “dover essere”, che sa tanto di predica (etica,
                    religiosa, ma pur sempre
                    testimonianza): in questo modo non si passa dalla
                    retorica alla politica,
                    almeno nei tempi brevi che ci sono imposti dal
                    precipitare della crisi del
                    capitalismo. Ed è invece questo salto che occorre
                    immaginare ed è in funzione
                    di questo salto che occorre cercare gli strumenti da
                    praticare. Ha altresì
                    ragioni da vendere chi afferma che è assolutamente
                    scandaloso. declamare: “e allora,
                    chi se ne frega del default!", come fa Cacciari. Altra
                    cosa è, ovviamente, se parliamo di “default
                    controllato” (che in qualche modo è stato imposto
                    alla Greci, cioè, da un altro punto di vista, di
                    applicazione  del “diritto all’insolvenza”. Mi
                    sembra, insomma, che non si possa
                    sfuggire, marxisti e non, al nodo del “modo di
                    produzione”. E qui entrano in
                    ballo i “beni comuni”, sempre che li vogliamo
                    considerare come un vettore
                    strategico della trasformazione e  della
                    transizione, alla stessa stregua con cui
                    nell’ortodossia marxista si
                    consideravano le “forze produttive”,  la loro
                    crescita e le contraddizioni conseguenti.
                    L’alternativa mi pare vada formulata in
                    questi termini: 1) la produzione (o manutenzione)
                    dei beni comuni diventa il
                    volano della (non)economia venendosi così ad
                    espandere il concetto stesso di
                    “bene comune”, e dunque sostituendo essi
                    progressivamente quanto risulta
                    mercificato (il che comporta togliere spazio
                    all’economia di mercato e colpire
                    la logica dell’accumulazione ecc.); 2)  Oppure
                    i beni comuni sono destinati a rimanere, nella
                    migliore delle ipotesi, una
                    realtà posta sulla difensiva e residuale. Beni
                    comuni e decrescita dalla
                    dipendenza dal mercato mi sembrano strettamente
                    legati.



              giacomo casarino
              storico
              genova
              contatto skype: gcasarino

















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