Autore: Viani Roberto Data: To: forumlucca Oggetto: [Forumlucca] Fw: [hyperlink] OT: A cosa servono le sinistre europee?
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Sent: Monday, October 03, 2011 5:29 PM
Subject: [hyperlink] OT: A cosa servono le sinistre europee?
di Franco Berardi (Kafca.eu, 2 ottobre 2011)
Il 20 Novembre si terranno le elezioni in Spagna, dopo che il governo
a guida socialista ha deciso di rinunciare a condurre a termine la
legislatura per le difficoltà di gestione della situazione economica,
non prima però di avere avviato una politica di austerità aggressiva,
che è già costata riduzioni di stipendio per i lavoratori pubblici,
tagli alle diponibilità delle amministrazioni regionali, riduzione del
finanziamento per i servizi sanitari, e soprattutto non prima di aver
accettato la devastante logica antisociale imposta dalle autorità
centrali europee.
Tra tutti i leader della sinistra europea Zapatero è stato quello che
ha suscitato negli anni scorsi maggiori speranze. Eletto sull’onda di
una mobilitazione popolare che aveva sconfitto la manovra di
disinformazione montata da Aznar dopo l’attentato di Atocha, Zapatero
aveva saputo in qualche modo essere all’altezza delle attese
interpretando il rifiuto della guerra infinita di Bush cui Aznar aveva
dato piena copertura politica, e portando a espressione legislativa il
rinnovamento prodotto dalle culture gay e dalle culture femministe,
iniziando sia pur timidamente un processo di allontanamento dello
stato spagnolo dall’asfissiante presenza dei parassiti vaticani. Ma
nel momento decisivo, quando si è trattato di esprimere una posizione
autonoma sulla questione sociale, di fronte al diktat della classe
finanziaria europea le attese sono state tradite.
Quando gli speculatori hanno preso di mira la Grecia l’Irlanda e il
Portogallo, e la classe finanziaria ha chiesto ai governi nazionali di
farsi esecutori del progetto di distruzione dei sistemi pubblici,
riduzione del salario, uno dopo l’altro i leader politici della
sinistra europea hanno capitolato, e hanno accettato di divenire
strumenti della più spaventosa rapina mai conosciutanei paesi europei.
Papandreou, leader del partito socialista greco, è stato il primo a
chinare il capo di fronte alle pretese monetariste della Banca
centrale ed ha accettato un piano di “salvataggio” che consiste
essenzialmente nella riduzione del numero dei lavoratori pubblici e
del loro salario, nella distruzione del sistema scolastico, e nella
privatizzazione di interi comparti del sistema pubblico del paese.
Come era del tutto prevedibile il risultato si è rivelato subito
catastrofico. Non solo queste misure di strangolamento non sono
assolutamente bastate a pagare il debito (che nel frattempo aumenta
con interessi sempre più elevati), ma il prodotto del paese è crollato
del 7% in un anno. Segno evidente del fatto che il piano di
“salvataggio” caldeggiato dalla BCE e imposto dalle banche francesi e
tedesche non serve assolutamente a salvare l’economia greca, che non
smette di sprofondare verso il fallimento, ma serve soltanto a
spostare reddito verso il ceto finanziario, a ridurre il costo del
lavoro a privatizzare.
Si tratta di una vera e propria guerra di classe contro il lavoro
cominciata con l’impoverimento e la devastazione della società greca e
ora estesa su scala europea.
Quando è venuto il turno della Spagna si poteva sperare che Zapatero
sapesse mostrare un po’ di coraggio, come su altri terreni. Invece –
non del tutto imprevedibilmente - Zapatero ha chinato la testa senza
neppure accennare a una resistenza. Dopo avere aperto la strada alla
riduzione degli stipendi dei lavoratori pubblici, il governo spagnolo
è rapidamente arrivato a gettare la spugna.
Dire no al ricatto, sfidare la Banca centrale e l’Unione sul terreno
del fallimento – avrebbe trasformato Zapatero in un eroe della società
europea. Ma Zapatero ha aperto la strada delle elezioni anticipate
sapendo benissimo che portano alla vittoria della destra. Con questo
gesto la sinistra ha firmato il suo atto di morte, che Zapatero lo
sappia o no, ha dichiarato la sua definitiva inutilità.
Se si limiterà semplicemente ad appoggiare l’offensiva violenta che la
destra porterà una volta al governo la sua funzione sarà nulla.
D’altra parte la sinistra non ha più alcuna legittimità per criticare
la destra e difendere lo stato sociale dato che non ha saputo farlo
quando era al governo.
Fra un po’ verrà il turno dell’Italia, dove la sinistra – liquefatta
da venti anni di predominio berlusconiano – viene oggi artificialmente
resuscitata per rendere possibile la formazione di un governo
dell’austerità in collaborazione con i fascisti di Fini convertiti con
quindici anni di ritardo, in collaborazione con Montezemolo
Marcegaglia e Marchionne, insomma con il padronato più autoritario.
La sinistra viene resuscitata perché il governo di Berlusconi non ha
più l’autorevolezza necessaria per imporre quelle che il newspeak
liberista chiama riforma: aumento dello sfruttamento, libertà di
licenziamento, eliminazione di fatto delle pensioni, privatizzazione
della scuola e della sanità.
Con la franchezza che talvolta hanno i servi quando sono promossi al
ruolo di aguzzini per conto d’altri, i leader della sinistra italiana
– personaggi lugubri cui la lunga astinenza dal potere ha tolto
l’ultimo residuo di dignità umana – lo dichiarano: il governo
Berlusconi è troppo corrotto per fare il lavoro cui l’Europa ci
chiama. Passi a noi la mannaia, a noi il polso non trema, come dice
l'indegno Bersani.
Al di là delle contingenze politiche l’antropologo deve pur chiedersi
come mai nessun dirigente della sinistra europea abbia saputo
riflettere sulla lezione greca, come mai neppure uno solo di questi
individui che pure sono pagati con i soldi dei lavoratori per
rappresentare i loro interessi, ha il coraggio di denunciare la
violenza e la devastazione, di iniziare un processo di ridefinizione
delle regole fondative dell’Unione.
Come mai? Dobbiamo pensare che la sinistra sia composta di codardi?
Non è questo il problema, anche se certamente la nuova generazione di
dirigenti politici della sinistra, in tutti i paesi europei è composta
di opportunisti disposti a qualsiasi compromesso pur di mantenere una
quota sia pure minima di potere. Ma questo non basta a spiegare la
débacle della sinistra europea, che dopo un trentennio di marginalità,
sconfitte e arretramenti ora si trova ridotta a svolgere il ruolo di
aguzzino al servizio del più efferato ed estremo progetto neoliberale
monetarista e finanziarista che abbia mai preso forma.
Se si vuole spiegare un simile comportamento fallimentare oltre che
indegno, occorre riconoscere che il problema è di ordine culturale. La
sinistra manca completamente –da almeno da trent’anni – di una
motivazione autonoma, di convinzioni teoriche, obiettivi, programmi.
Venuto meno il referente costituito dal campo socialista, che aveva
trascinato la sinistra nel baratro dello stalinismo politico e dello
statalismo economico, la sinistra non ha saputo far di meglio che
subordinarsi integralmente al progetto neoliberale. Per vergogna e
autodisprezzo il ceto politico della sinistra ha perduto ogni ragione
di esistenza autonoma a partire dagli anni ’80.
Perché costoro non hanno avuto il coraggio di cercarsi un altro
mestiere, o perché non si sono messi direttamente al servizio dei
partiti fascisti, o neoliberisti, o mediapopulisti(come pure molti di
loro hanno fatto)?
Per una ragione molto semplice: il capitalismo finanziario aveva e ha
bisogno di mantenere in esistenza una “sinistra” totalmente svuotata
sul piano etico e motivazionale, totalmente subalterna sul piano
programmatico e intellettuale, così da poterla utilizzare ogni
qualvolta si tratta di compiere operazioni troppo sporche perché la
destra possa assumersene completamente la responsabilità.
La destra finanziarista privatizza, rapina, e di conseguenza distrugge
le risorse comuni. Quando ci si trova di fronte alla necessità di
ricostituire le risorse depredate, per ricomporre un gruzzolo che la
classe finanziaria possa nuovamente rapinare domani, è necessario che
vengano fuori degli utili idioti, degli uomini di paglia, dei
Napolitano dei Papandreou e degli Zapatero, che in nome dell’interesse
comune, della responsabilità della crescita o magari della patria,
costringano i lavoratori ad accettare sacrifici che consistono
essenzialmente nel lavorare di più per guadagnare di meno.
Ecco a cosa servono le sinistre europee.
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