"Sparategli": Jacopo Storni ha presentato le sue storie di disperazione alla libreria LuccaLibri
mercoledì, 28 settembre 2011, 22:31
di maria alessia biancalana
“Non c’è niente negli occhi di Mihaela che possa evocare la gioia
di una futura madre. C’è soltanto il ricordo truculento di un abuso
sessuale, unico lasciapassare per avere un lavoro e guadagnarsi da
vivere”. Questo breve passo, così crudo e lucido nel descrivere il
dramma di questa donna, è una delle tante tragedie che racconta
un’Italia diversa, un paese privo di dignità e pietà, una terra svuotata
di ogni democrazia: è l’Italia vissuta e vista attraverso le storie
degli immigrati. Immigrati che divengono i “nuovi schiavi d’Italia”
nell’ “inferno dantesco” raccontato dal giovane giornalista Jacopo
Storni nel suo libro “Sparategli”, edito da Editori Internazionali
Riuniti, presentato ieri pomeriggio presso la libreria LuccaLibri.
“Un libro dai contenuti tragici e terribili, che descrive un paese
xenofobo e razzista e che, nemmeno nel finale, in cui l’autore in modo
provocatorio auspica l’invasione da parte degli immigrati, sembra
lasciare spazio alla speranza”. È questa la recensione del professore
Luciano Luciani, che, nel ruolo di moderatore dell’incontro con
l’autore, riflettendo sulla drammaticità delle storie di questi uomini e
donne, si è interrogato nel tentativo di capire “quando sia avvenuta
negli italiani questa mutazione antropologica verso il basso e il
degrado? Quando si è definitivamente perduta la pietas?”
In un viaggio attraverso l’Italia, dal nord al sud, l’autore del
libro ci racconta di un paese indifferente e assuefatto alle atrocità
umane, di una terra cinica e ignorante, incapace di empatia e caparbia
nel rifiutare l’esistenza in “questo bel paese” di uomini e donne “che
ancora oggi muoiono di fame, sono prive di vestiti, di un tetto e
vengono sfruttati sessualmente e dal punto di vista lavorativo dagli
stessi italiani”. Sono loro, o meglio siamo noi, noi come italiani e più
in generale come occidentali, “i nuovi sfruttatori”.
Un libro d’inchiesta che, dipingendo il lato oscuro di un paese, in
un susseguirsi di capitoli dai tratti del reportage, “sembra un noir in
cui l’atteso riscatto non arriva mai”, mentre si delinea “un’Italia come
paese del terzo mondo”, in cui “esistono ancora milioni di schiavi,
cantieri lager, braccianti che si prostituisco al datore di lavoro,
tornato alla figura del vecchio fattore, e luoghi in cui la società
regredisce nel feudalesimo più grezzo”.
“Siamo tutti terroristi- spiega l’autore del libro, citando Gianna
Nannini- nel senso che siamo tutti responsabili, siamo tutti colpevoli”.
Storie di immigrati che dovrebbero scioccare, indignare o, per lo
meno, far notizia, e che, invece, cadono nell’indifferenza e
nell’ignoranza di molti, di troppi.