Nel sito di Marcoule sul fiume Rodano sono
state costruite negli anni ’50 le prime centrali nucleari francesi agas-grafite
dello stesso tipo di quelle costruite in Inghilterra. Questi impianti (di
modesta potenza) sono stati messi definitivamente fuori servizio da più di 20
anni.
Negli anni ’70 sul sito di Marcoule è stato
costruito un impianto per il ritrattamento del combustibile irraggiato che oggi
produce anche il MOX (combustibile al plutonio), l’impianto è di proprietà di
Areva.
Sempre nello stesso sito è in funzione un
altro impianto destinato al trattamento dei rifiuti radioattivi a bassa/media
attività chiamato CENTRACO gestito dalla società SOCODEI di proprietà di EDF.
In questo centro i rifiuti vengono trattati
con due procedimenti
-fusione di rifiuti metallici
-incenerimento di rifiuti non metallici
I rifiuti trattati in questo centro hanno
fino a 20.000 Bq/grammo di contenuto radioattivo
Secondo il comunicato dell’agenzia per la
sicurezza francese (ASN) lo scoppio sarebbe avvenuto nel forno per i rifiuti
metallici causando 1 morto e 4 feriti.
Ovviamente dicono che non c’è fuga di
radioattività. Ma vedremo nei prossimi giorni. In ogni caso va rilevata
l’estrema pericolosità di queste tecniche di fusione/incenerimento in quanto a
differenza dei procedimenti a freddo (chimici) avvengono ad alte temperature
con possibili sviluppi di gas etc.
Il centro indipendente per la misurazione
delle radiazioni CRIIRAD ha dichiarato in un suo comunicato che al momento non risulta
contaminazione esterna al sito.
Tuttavia è bene sottolineare che il sito di
Marcoule scarica da 50 anni gli effluenti liquidi contaminati (formalmente nei
limiti di legge) nel Rodano che dopo pochi chilometri sfocia nel Golfo del
Leone e dato che l’impianto di ritrattamento attualmente in funzione è
decisamente inquinante non c’è da prendere alla leggera l’impatto complessivo
che ha questo sito sull’ambiente.
E’ da escludere al momento un eventuale
trasporto di radiazioni fino ai confini italiani dato che comunque si tratta di
rifiuti a bassa attività, ma in ogni caso sarebbe opportuno rilanciare in sede
europea la questione del pericolo rappresentato dal gran numero di impianti
francesi.