著者: Antonio Bruno 日付: To: forumsege, fori-sociali, forumsociale-ponge, amici-di-barcellona, forumgenova 題目: [NuovoLab] LA SCOMMESSA DI NAPOLI, MILANO E CAGLIARI
LA SCOMMESSA DI NAPOLI, MILANO E CAGLIARI
A Milano, a Napoli e a Cagliari si gioca la principale scommessa di riuscire a praticare un risanamento effettivamente democratico del governo locale. Quasi un ventennio di governo reazionario e affaristico a Milano e nelle altre città ha inquinato ogni aspetto dell'amministrazione locale; è quindi indispensabile analizzare nei dettagli questo massacro della res publica per poter imbastire la paziente e non certo breve opera di risanamento.
Uno dei settori in cui la destra, e anche buona parte del centro-sinistra, hanno provocato più danni è quello del cosiddetto governo della sicurezza. Com'è ormai ampiamente dimostrato, il gioco becero che è prevalso è stato quello di esasperare le insicurezze e le paure provocate dalla destrutturazione liberista dell'assetto sociale precedente per imporre la tolleranza zero contro i nemici di turno. Questa distrazione dell'opinione pubblica ha occultato a lungo i molteplici affari loschi del malgoverno delle città e dell'intero paese e ha anche legittimato un business sicuritario di cui ancora non abbiamo scoperto l'intera portata. Inoltre - e qui sta l'aspetto più grave - s'è innescata la continua riproduzione delle insicurezze e delle paure che lo sviluppo liberista ha accentuato. Quasi dappertutto le giunte locali hanno spesso trasformato parte della polizia locale in una sorta di armata da aizzare contro nomadi, immigrati, tossicodipendenti e marginali in genere e hanno esasperato i costi del sicuritarismo. Basti pensare al boom della video-sorveglianza e dei diversi controlli "postmoderni", spesso del tutto inutili e non a caso ora in via di smantellamento nelle città inglesi, canadesi e americane a seguito del vero bilancio "costi e benefici".
La popolazione che vive alla mercé delle neo-schiavitù del lavoro nero, degli incidenti sul lavoro, delle malattie professionali, degli strozzini padroni di alloggi e dell'inquinamento s'è sempre più trovata abbandonata a se stessa, senza alcuna tutela. Le prime vittime di violenze, abusi e supersfruttamento, cioè i nomadi, gli immigrati e i circa cinque milioni di italiani senza tutela sono diventati nonpersone. I Sert sono stati chiusi o ridotti a quasi nulla e i tossicodipendenti poveri sono stati rigettati per strada. Gli operatori sociali, spesso, sono stati ridotti ad ausiliari della tolleranza zero o sostituiti dalla video-sorveglianza quando si sa che il costo di una sola videocamera e della sua manutenzione e gestione è superiore al salario annuale di un educatore socio-sanitario.
Tutti questi aspetti si sono aggravati anche e a volte soprattutto a causa della distrazione di competenze delle polizie locali. Se queste, con la collaborazione degli abitanti e dei lavoratori, si occupassero del controllo delle varie attività e della vita quotidiana nel territorio di loro competenza sarebbe assai difficile la proliferazione di cantieri, fabbrichette e laboratori abusivi che si nutrono di lavoro nero e che producono anche incidenti, malattie professionali, prodotti e rifiuti tossici e quindi inquinamento oltre che connessioni con la criminalità organizzata.
Sta qua il nodo principale della scommessa del risanamento effettivamente democratico del governo della sicurezza a livello locale: i costi della sicurezza devono servire a tutelare la salute pubblica, l'ambiente, la popolazione che rischia di subire ingiustizie e malversazioni. È quindi necessario un lavoro di ristrutturazione e di riqualificazione delle polizie locali a cominciare dai vertici che in questo passato ventennio (anche con le amministrazioni di centro-sinistra) sono stati forgiati all'insegna della tolleranza zero contro i deboli e della protezione delle libertà dei soggetti sociali forti. L'Italia è il paese in cui in proporzione si spende di più per la sicurezza pubblica e privata e si hanno meno tutele contro le reali insicurezze. I sindaci democratici devono chiedere una razionalizzazione democratica dell'impiego delle polizie di stato e locali, a cominciare dall'eliminazione delle sovrapposizioni di competenze e degli sprechi.
È a questa scommessa che sono pronte a lavorare tante persone con diverse competenze dentro e fuori le forze di polizia, con pazienza e senza alcuna pretesa, ma con il sostegno di una forte volontà politica delle giunte che sono state elette da una mobilitazione popolare che ha reclamato un cambiamento democratico e che può generare partecipazione.