Una cosa che ho scritto
Sakiné e gli altri.
Riflessioni fuori tempo per non assecondare la logica della polemica.
La mia attività politica è cominciata molto presto, quando ero al  
liceo. Ma non essendo maggiorenne non potevo ancora sottoscrivere  
l'adesione a gruppi di azione civile. Così ho aspettato i 18 e ho  
fatto due cose. La tessera per diventare donatore di organi, cosa che  
all'epoca mia madre non vedeva di buon occhio, e l'iscrizione ad  
Amnesty International. Per molto tempo ho firmato appelli e mi sono  
arrivate a casa le risposte dei governi.
Quando ho letto del caso Sakiné mi è tornato in mente tutto ciò.  
Però devo anche dire che non me la sono sentita di aderire in toto a  
tutte le manifestazioni del caso Sakiné. Pur avendo, di nuovo, firmato  
e scritto, c'era qualcosa che mi stonava e che ora è finalmente giunto  
a consapevolezza: il pregiudizio implicito. Quel pregiudizio che ha  
fatto sì che quel caso diventasse l'occasione per affermare un  
Occidente superiore, con la prosopopea tipica di chi pensa di aver  
sempre e solo ragione, di chi non si preoccupa delle conseguenze e  
delle implicazioni, di chi macina adesioni emotive a fatti di cronaca  
tanto per sentirsi migliore, civilizzato e giusto. Di chi insomma non  
si mette mai in discussione.
Beh lasciatemi dire che io non mi sento giusta, né civilizzata e tanto  
meno superiore. Sarebbe facile tirare in ballo Stefano Cucchi e la sua  
storia. Ma non lo farò. Non è che due torti facciano una ragione: due  
torti restano due torti. Punto e basta. Ma che fine ha fatto Sakiné,  
qualcuno di quelli che si sente tanto migliore, se l'è mai chiesto?  
Non ci vuol molto, basta fare una ricerca su google, sfogliare un po'  
di giornali internazionali, visitare il sito di Amnesty, verificare il  
numero di persone in attesa di esecuzione. Solo che a quel punto si  
pone un problema, un problema di coerenza. Perché si può scoprire  
qualcosa che non ci piace e che fa apparire alquanto ipocrita la  
doppia morale che spesso pratichiamo.
Sakiné non è affatto fuori pericolo, la sua condanna è stata  
commutata. Ed è solo uno dei casi registrati in Iran. Ma forse il  
problema, per la nostra sensibilità, è proprio quello della modalità  
piuttosto che della pena di morte. In effetti la lapidazione è un  
fatto atroce. La morte non è istantanea, cosa che noi riteniamo  
indispensabile per infliggere una esecuzione pietosa, come dimostra il  
tentativo continuo di adeguare la pena capitale alla morale - un po'  
posticcia permettetemi - dell'opinione pubblica. Così gli stati  
occidentali sono arrivati ad un innegabile progresso: l'iniezione  
letale. Che ha un indubbio vantaggio dal punto di vista mediatico e  
dal punto di vista occidentale: non vi è spargimento di sangue.
Certo non è molto divulgato ciò che passa il condannato che subisce  
l'iniezione letale, perché la morte da noi si nasconde, non si  
esibisce. La qual cosa, per paradosso, rende ancora più difficile la  
denuncia. È facile indignarsi di fronte alla pietrate, al sangue e al  
corpo semisepolto di una donna martoriata che si accascia. Molte meno  
lo è di fronte a un lettino simil-ospedaliero e a un impianto che  
simula una parvenza di umanitarismo, occultando però ciò che  
veramente comporta la morte per iniezione letale.
Ciò che si potrebbe scoprire, indagando, è che il tempo di  
sopravvivenza va dai 6 ai 15 minuti. Non so se vi rendente conto, ma  
cronometrateli. James Autry ha subito ben due esecuzioni. La prima era  
prevista per il novembre 1983: Autry era già stato legato alla barella  
e stava subendo la prima fase del procedimento quando l'esecuzione è  
stata sospesa.
Dopo la "seconda" esecuzione, un testimone oculare riferì che il  
condannato impiegò almeno dieci minuti a morire e per buona parte del  
tempo era cosciente, si muoveva e si lamentava del dolore. Un medico  
della prigione presente all'esecuzione ha riferito in seguito che  
l'ago si era occluso, rallentando così i tempi dell'esecuzione.
La procedura dell'iniezione letale assomiglia a quella utilizzata per  
effettuare un'anestesia totale. In Texas e nella maggior parte degli  
altri Stati che utilizza l'iniezione letale per le esecuzioni viene  
usata una combinazione di tre sostanze: un barbiturico che rende il  
prigioniero incosciente, una sostanza che rilassa i muscoli e  
paralizza il diaframma in modo da bloccare il movimento dei polmoni e  
un'altra che provoca l'arresto cardiaco. Possono esserci, però gravi  
complicazioni: l'uso prolungato di droghe per via endovenosa da parte  
del prigioniero può comportare la necessità di andare alla ricerca di  
una vena più profonda per via chirurgica; se il prigioniero si agita,  
il veleno può penetrare in un'arteria o in una parte di tessuto  
muscolare e provocare dolore; se le componenti non sono ben dosate o  
si combinano tra loro in anticipo sul tempo previsto, la miscela può  
diventare eccessivamente densa, ostruire le vene e rallentare il  
processo; se il barbiturico anestetico non agisce rapidamente il  
prigioniero può essere cosciente mentre i suoi polmoni si paralizzano  
e soffoca.
Sdraiato su un lettino con gambe e mani bloccate da una cinghia, il  
condannato subisce le tre iniezioni nel giro di pochi minuti: la prima  
per anestetizzarlo, la seconda per paralizzarlo e la terza per  
bloccargli il battito cardiaco. In teoria, tutto è progettato per non  
causare sofferenze inutili negli ultimi istanti di vita. Esaminando i  
dati delle autopsie di 49 condannati a morte in Arizona, Georgia,  
North Carolina e South Carolina, i ricercatori hanno scoperto che in  
43 casi la concentrazione nel sangue dell’anestetico thiopental era  
inferiore a quella richiesta per gli interventi chirurgici. In 21 casi  
su 49 la concentrazione era più bassa della misura considerata  
standard quando si tratta di sopprimere animali malati. “Non possiamo  
certo dire che questi detenuti erano privi di sensi”, ha scritto per  
The Lancet il coordinatore della ricerca, il dottor Leonardis  
Koniaris. Le prove raccolte, secondo lui, indicherebbero che “al  
momento il metodo dell’iniezione letale non soddisfa neanche gli  
standard veterinari”.
Il punto è che nessuno può capire sul momento se il condannato sta  
soffrendo. La seconda iniezione, che mette in circolo nelle vene la  
sostanza paralizzante pancuronium bromide, blocca infatti qualunque  
movimento dei muscoli e dei polmoni. La terza, con il cloruro di  
potassio, provoca infine la morte. Ma in che condizioni? “Senza  
anestesia – continua Koniaris – il condannato passerebbe attraverso  
l’asfissia, una fortissima sensazione di bruciore, dei devastanti  
crampi muscolari e infine l’arresto cardiaco”. La mente rimane  
quindi lucidissima ma il detenuto disteso sul lettino non riesce a  
muovere neanche un angolo della bocca se soffre. “Sarebbe un modo  
crudele di morire – sostiene The Lancet in un editoriale pubblicato  
insieme all’articolo della ricerca –. Sveglio, paralizzato,  
incapace di muoverti e di respirare, mentre il potassio brucia nelle  
vene”. (1)
Forse non molti conoscono il caso di Angel Diaz che, in luogo di  
acquietarsi e di perdere conoscenza, è diventato sempre più agitato  
durante e dopo la somministrazione dell’iniezione letale. Si vedeva  
che parlava rivolgendosi ai membri del team di esecuzione – i quali  
peraltro non gli rispondevano – e la sua faccia appariva contorta.  
Per alcuni minuti ha fatto delle smorfie mentre il suo pomo d’Adamo  
andava su e giù e le sue mascelle si serravano. Poi, muovendosi di  
tanto in tanto, ha continuato a respirare affannosamente per una  
ventina di minuti con un occhio aperto e uno chiuso. Dopo di ciò i  
membri del team di esecuzione sono apparsi agitati e a disagio mentre  
si consultavano e facevano un certo numero di telefonate.
Passati 25-30 minuti dall’inizio della procedura, il respiro di Diaz  
è divenuto leggero, il suo viso si è disteso e la sua pelle ha  
assunto un colore grigiastro. Nei seguenti 5-6 minuti Angel Diaz è  
rimasto ad occhi aperti mente il suo pomo d’Adamo aveva smesso si  
muoversi. E’ stato quindi dichiarato morto. Prima di morire Diaz ha  
nuovamente dichiarato di essere innocente. Parlando in spagnolo ha  
detto: "Lo stato della Florida sta commettendo un crimine perché sono  
innocente. La pena di morte non solo è una forma di vendetta, ma è  
anche un atto di grande vigliaccheria nei confronti di un uomo". (2)
Comunque il tutto fa 34 minuti di agonia, anzi di tortura. Dopo aver  
eseguito l’accertamento autoptico, è stato verificato che la  
prolungata agonia di Diaz era stata causata dal fatto che in entrambe  
le braccia gli aghi avevano perforato da parte a parte le vene del  
condannato iniettando il volume di liquidi venefici, che sarebbe  
dovuto entrare in circolo, nei sottostanti tessuti molli del braccio.  
Ciò era avvenuto sia per la prima che per la seconda iniezione letale.  
Fatto reso evidente anche da una ustione chimica lunga 30 centimetri  
nel braccio destro e da una ustione chimica lunga 27 centimetri nel  
braccio sinistro. (3)
Ma per Angel Diaz non si è levata nemmeno una voce pubblica, almeno  
non una che arrivasse alle mie orecchie, ed era solo cinque anni fa,  
nel 2006. Inoltre andiamoci piano con i luoghi comuni perché la Cina,  
sempre citata in questi casi come il paese che pratica il maggior  
numero di esecuzioni in assoluto, ha sospeso per due anni le condanne  
capitali. (4) Per quelli che vorrebbero ribattere che sospensione non  
è abolizione io rispondo che è vero, ma che i passi avanti vanno  
riconosciuti e incoraggiati, piccoli o grandi che siano. Se la  
decisione cinese fosse adottata da tutti i paesi cosiddetti moderni e  
civili il numero esecuzioni crollerebbe.
Tanto per tornare a Sakiné vi dico che la sua pena - che io sappia ma  
accetto volentieri correzioni - è stata commutata in impiccagione. Per  
quanto riguarda questa forma di esecuzione la procedura è la seguente.  
Il prigioniero deve essere pesato. La caduta è calcolata in base al  
peso del condannato, in modo da esercitare sul collo una forza capace  
di spezzarlo. Viene poi posizionato il cappio intorno al collo del  
condannato, dietro il suo orecchio sinistro, che causerà la rottura  
del collo. In seguito la botola si apre sotto i suoi piedi e il  
condannato cade. Se eseguita correttamente, la morte giunge in seguito  
alla dislocazione della terza o della quarta vertebra cervicale o per  
asfissia. Se la misurazione non viene eseguita correttamente, invece,  
potrebbe avvenire uno strangolamento lento, un arresto della  
circolazione sanguigna o la decapitazione. Tanto perché non ci siano  
fraintendimenti segnalo che dal 1976, tre condannati sono stati  
impiccati negli Stati Uniti. (5)
Ma se l'impiccagione è crudele non meno lo è la sedia elettrica  
tant'è che proprio lo scalpore suscitato dagli ‘incidenti’ occorsi  
ripetutamente in alcuni stati USA nel suo utilizzo avevano indotto i  
sostenitori della pena di morte a chiedere il passaggio all’iniezione  
letale. *Ciò per evitare di mettere a rischio la sopravvivenza  
dell’istituzione della pena di morte in sé.* La procedura  
dell'esecuzione è la seguente: dopo che il detenuto è stato legato  
alla sedia, vengono fissati degli elettrodi di rame inumiditi alla  
testa e a una gamba, rasate entrambe in precedenza per assicurare una  
buona aderenza, dopo aver usato un gel per favorire la trasmissione  
della corrente elettrica. Potenti scariche elettriche, applicate a  
brevi intervalli, causano il decesso per arresto cardiaco e paralisi  
respiratoria ed il tempo di sopravvivenza è di circa 10 minuti. Il  
boia immette la corrente per la durata di due minuti e diciotto  
secondi variando il voltaggio da 500 a 2000 volt, altrimenti il  
condannato brucerebbe. Anche se lo stato di incoscienza dovrebbe  
subentrare dopo la prima scarica, in alcuni casi questo non accade. A  
volte il condannato è solo reso incosciente dalla prima scarica ma gli  
organi interni continuano a funzionare, tanto da rendere necessarie  
ulteriori scariche elettriche per ucciderlo. (6)
Volete proprio saperla tutta? Il metodo abolito da tempo della  
ghigliottina è paradossalmente il meno lungo e il più pietoso  
richiedendo un'esecuzione di appena 1-2 minuti.
E ora pensateci bene prima di venirmi a chiedere di aderire a  
manifestazioni per Sakiné o chicchessia. Lo faccio già. Probabilmente  
da molto più tempo di voi. Fatevi le vostre campagne di civilizzazione  
però non pretendete di essere condivisi. Le mie campagne, a differenza  
delle vostre, hanno una ragione sola: il rispetto degli esseri umani.  
Sakiné è prima di tutto un essere umano, dopo, solo dopo il simbolo  
della critica a un paese come l'Iran ed è del tutto da escludere che  
per me possa essere lo strumento per l'affermazione di una presunta  
superiorità occidentale.
L'unico suggerimento che mi permetto di dare a chiunque è di  
documentarsi meglio in merito alla cosiddetta "morte indolore". C'è  
ancora molto da imparare a partire dal fatto che non esiste  
un'esecuzione compassionevole e che nessuna pena di morte è veramente  
priva di una forte componente di tortura. C'è da imparare che stati  
civilissimi hanno ancora in vigore la pena di morte, oltre agli Stati  
Uniti e all’Iran. E infine che non si può usare la pena di morte  
come un argomento per il presunto scontro di civiltà. E' un  
atteggiamento opportunista e barbaro che fa di Sakiné - e degli altri  
che hanno la dubbia fortuna di salire agli onori della cronaca - dei  
simboli usa e getta che si possono accantonare non appena sono serviti  
allo scopo. Chi crede nella pena di morte, dal mio punto di vista,  
merita il medesimo disprezzo, a qualunque latitudine si trovi, in  
qualunque lingua sia annunciata al condannato, a qualunque dio siano  
rivolte le ultime preghiere.
Ilaria Sabbatini
1) 
http://it.peacereporter.net/articolo/2180/Sofferenze+inutili
2) 
http://www.paulrougeau.org/foglio%20145.htm
3) 
http://www.nessunotocchicaino.it/news/index.php?iddo 
cumento=8340583
4) 
http://mazzetta.splinder.com/post/24627854/la-cina-sospende-la- 
pena-di-morte
5) 
http://www.lapenadimorte.com/metodi.shtml
6) 
http://forum.alfemminile.com/forum/mariage1/__f284889_mariage1- 
I-metodi-di-esecuzione-in-vigore.html