[NuovoLab] Alessandra di ritorno da Lampedusa...

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Aihe: [NuovoLab] Alessandra di ritorno da Lampedusa...
From: Alessandra Ballerini <leg-ale@???>
Date: Mon, 1 Aug 2011 12:33:50 +0200 (CEST)
To: Alessandra Ballerini<leg-ale@???>
ReplyTo: Alessandra Ballerini <leg-ale@???>
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Lampedusa 30 giugno, ritorno dalla Missione
con Terre Des Hommes.

Di ritorno da Lampedusa, pervasa di
impotenza.
Nelle orecchie ancora le urla di un
ragazzino che tenta di ribellarsi ad una perquisizione. Eravamo a Contrada
Imbriacola a salutare i ragazzi e Tracy, una bellissima minore nigeriana che,
quando mi abbraccia, prende la rincorsa e poi si stringe con la testa sulle
spalle, sorride e abbassa lo sguardo un po' vergognosa. Angiolina (un nome, una
garanzia) di Msf le ha portato “il piccolo principe” in inglese e lei se l'è
divorato in una notte. Vorrebbe leggere ancora e ancora ma sull'isola in inglese
c'è solo la bibbia (che il prete distribuisce a larghe mani insieme a rosari
colorati) e lei la sta studiando a memoria..
Da una stanza accanto ai bagni sentiamo
urlare, la porta è accostata, mi avvicino vedo M. il parrucchiere filosofo, come
lo abbiamo ribattezzato. Lui parla spesso con noi, è sveglio e parla un buon
francese. In Tunisia faceva il barbiere ed è scappato non per problemi economici
ma per l'instabilità del suo paese (dove gli scontri non sono mai cessati ma si
è solo smesso di parlarne) per questo motivo ha già manifestato la sua volontà
di chiedere asilo. Cionostante si trova rinchiuso insieme agli altri da
settimane a Contrada Imbriacola. Neanche a lui come agli altri è stato
notificato alcun provvedimento di trattenimento: trattenuto di fatto ma non di
diritto. In attesa di non si sa cosa, M. non si perde d'animo. Come molti altri
rifiuta il cibo definito immangiabile distribuito dalla Lampedusa Accoglienza.
Lui però a differenza degli altri ha qualche soldo in tasca che è riuscito a
portare con sé e proteggere nel viaggio. Per questo appena può cerca di uscire
dal Cpsa per andare a comprarsi cibo e sigarette e poi torna. Lui è sveglio, sa
che la sua detenzione è illegittima e comunque non vuole scappare (e dove
potrebbe andare, si trova su un'isola peraltro presidiata da ogni tipo di forza
armata, compreso l'esercito) vuole solo per mezz'ora sentirsi “normale” mangiare
cibo vero, tipo un panino bere una coca e fumarsi una sigaretta. Vuole per
mezz'ora non sentirsi un criminale in gabbia. Gli spieghiamo ogni giorno che non
può uscire, che deve resistere, che tra poco verrà trasferito in un centro per
richiedenti asilo (Cara) e chi lì andrà meglio. Ma lui non ci ascolta, scuote la
testa. M. crede che le persone abbiano il diritto di essere felici o almeno di
provarci, e si preoccupa per noi. Dice che ogni giorno ci vede più stanche, vede
i nostri visi provati e gli occhi tristi. Scherza con noi e si preoccupa dei
nostri di diritti, dice che non è normale che tre ragazze (beh io non lo sono
più da un po' di anni ma lui è galante) su un'isola bellissima passino il loro
tempo in quel posto schifoso anziché su una spiaggia. Mi domanda se dormo
abbastanza perché effettivamente ho le occhiaie dopo qualche notte insonne, gli
spiego che ho troppi pensieri e non riesco a dormire. Ha una soluzione: mi dice
di passare al Centro prima di coricarmi: mi terrà da parte il cibo che l'ente
gestore distribuisce e mi assicura che dopo averlo ingerito si prende subito
sonno. Quel cibo fa schifo ma fa dormire.
Ora M. è rinchiuso in una stanza e sta
subendo una perquisizione fin troppo approfondita a giudicare dalle urla e dai
guanti di lattice che fasciano le mani dei poliziotti e degli agenti della
guardia di finanza che si affollano nella stanza. Vorrei fare qualcosa per lui
ma questa non è una perquisizione normale. Non credo sia stato avvertito del
diritto di nominare un avvocato perché assista alla perquisizione (né che alla
fine gli verrà consegnato un verbale che ne specifichi l'esito) e quindi non ho
diritto ad assisterlo non essendo stata da lui nominata. Mi avvicino più che
posso, chiedo informazioni ma l'unica risposta che ottengo é che la
perquisizione è necessaria perché questi ragazzi quando escono dal centro magari
comprano le lamette (per poi inghiottirle quando la depressione e la rabbia
prendono il sopravvento) e se le nascondono “ovunque” e quindi spetta a loro,
alla polizia, frugare “ovunque” per scovare queste eventuali lamette. E così
quella che sembra un'arbitraria punizione sarebbe un legittimo atto dovuto.
Peccato che viola qualunque regola procedurale in materia e che si svolge su di
un ragazzo richiedente asilo privato da settimane illegittimamente della libertà
personale. Ma soprattutto perché nessuno si domanda come mai dei ragazzini che
hanno rischiato la vita per tentare di avere un futuro, una volta rinchiusi
nelle gabbie di Contrada Imbriacola (o negli altri centri) coltivino tutta
questa voglia di morire? E perché nessuno fa nulla per evitarlo?



Restiamo lì finché le urlano non cessano,
poi lo vediamo uscire, lo spingono verso il cancello, verso la gabbia degli
adulti: chiede una sigaretta, gliela danno ma gli impongono di dire grazie.
Glielo urlano, devi dire grazie! Lui allora urla grazie ad ognuno dei poliziotti
che l'ha perquisito, con aria di sfida, con l'orgoglio di chi può essere
spogliato e perquisito ma non sottomesso. I poliziotti non la prendono bene e
mentre lo strascinano al cancello gli urlano: vedrai il grazie che ti diremo noi
tra poco.


Il mio aereo parte tra 50 minuti e comunque
lì sono totalmente inutile. E così frustrata e nauseata lascio M., il centro e
l'isola.


Sull'aereo sento addosso, appiccicata sulla
pelle e negli occhi tutta la violenza che, impotente, ho visto e sentito in
questi giorni.
Avvilita, mi aggrappo allora, per non essere
sopraffatta dalla nausea e dalla disperazione, ad un pensiero felice. Ad una
speranza. Un miracolo di cui sono stata spettatrice.
A Lampedusa per una settimana una
cinquantina di ragazzi (ma anche qualche adulto) ha partecipato al campeggio
organizzato da Amnesty International per i diritti umani. Hanno sostato fuori
dai centri, salutato sbracciandosi i giovani prigionieri, hanno parlato di leggi
e di diritti, hanno fatto domande e cercato risposte. Con curiosità, purezza ed
intelligenza. Accoglienti, preparati e partecipi. Volevano portare il loro
saluto ai migranti detenuti nei centri ma non gli è stato concesso. Volevano
trasmettere la loro vicinanza ai loro coetanei migranti. Le hanno provate tutte.
Si sono ingegnati e poi hanno scritto questa lettera perché la leggessimo ai
minorenni rinchiusi alla Loran.


“Siamo arrivati da diverse parti di Italia e
d'Europa,
siamo giovani e meno
giovani,
abbiamo provato a portarvi un
sorriso,
abbiamo provato a raggiungervi per conoscere
il Vostro sorriso
abbiamo provato ad incontrarvi per ascoltare
i vostri nomi e per darvi il nostro benvenuto ,
abbiamo guardato da lontano i vostri saluti
e abbiamo risposto salutandovi:
Volevamo correre, saltare il cancello e con
un pallone conoscervi per condividere qualche istante sereno... ma non
cel'abbiamo fatta a far sii che il nostro sorriso potesse diventare anche il
vostro...
Noi, e tanti altri con noi, continueremo a
sperare di ascoltare i vostri racconti,
non smetteremo mai di chiedere i vostri
sorrisi,
continueremo a cercare il vostro abbraccio e
non finiremo mai di chiedere di farci
incontrare...


Non possiamo venire
lì,
ma di certo non smetteremo mai di aspettarvi
qui!”
(seguono le firme di tutti i
ragazzi)



C'era un silenzio irreale nel centro: 101
ragazzi muti, raccolti intorno a noi, ad ascoltare questa testimonianza di
empatia. Hanno applaudito due volte e alla fine con gli occhi umidi mi hanno
chiesto di ringraziare questi amici sconosciuti.


Hanno pensato a tutti i ragazzi di Amnesty.
Anche ai lampedusani che sanno di essere stati accoglienti quando lo Stato
latitava. Così hanno deciso di scriverla questa riconoscenza tracciando sulla
sabbia della spiaggia la scritta Grazie rivolta verso il paese, verso gli
isolani, e poi immortalando l'immagine in tante cartoline distribuite nella
festa serale nella via principale dell'Isola.
Nella piazza di fronte alla chiesa hanno
predisposto un piccolo percorso di candele e scritte. Trovo, tra le altre,
questa versione geniale e commuovente del Padre Nostro. Gian Marco, l'autore, è
uno dei “campeggiatori” di Amnesty, un giovane poeta.


Migrante
Nostro.


Migrante
Nostro,
Che sei nei
centri,
Sia rispettato il tuo
nome
Venga il giorno in cui ovunque la terra ti
accolga,
Ti sia restituita la tua
Dignità,
Come in
mare
Così in
terra.
Che non ti sia negato il pane quotidiano

Perdona a noi la violazione dei tuoi diritti

Come noi ci impegnamo a non esserti più
debitori.
E non ricorriamo ingiustamente alla
detenzione
ma liberiamoti dal
mare...
Amin


(Gian Marco Giuliana con l'inestimabile
aiuto di Helena Caruso)


Questi ragazzi così belli e creativi sono la
nostra Italia migliore, da difendere e far crescere.
Penso a loro sull'aereo. E ricomincio a
sperare.