MANGANELLI NON SI SCUSA E CERCA SCUSE 
Poche settimane fa, il procuratore generale di Genova, Luciano Di Noto, 
chiamato a commentare il decennale del G8, concentrò l'attenzione su due 
macroscopici aspetti: le mancate scuse da parte delle istituzioni alle 
vittime degli abusi compiuti da uomini in divisa nel luglio 2001 e le 
mancate dimissioni di chi aveva "alte responsabilità" nelle forze 
dell'ordine. Sono le stesse richieste che il nostro Comitato ripete ogni 
anno, nella convinzione che senza questa premessa sarà impossibile 
recuperare un clima di fiducia fra cittadini e forze dell'ordine. 
Anche stavolta la richiesta è caduta nel vuoto, nonostate l'autorevole presa 
di posizione del dottor Di Noto e altri interventi, a cominciare dalla 
concessione della cittadinanza onoraria genovese a Mark Covell, che davanti 
alla scuola Diaz fu ridotto in gravi condizioni e rischiò di morire. 
Il capo della polizia Antonio Manganelli, nell'intervento sul blog di Beppe 
Grillo, ha perso un'altra occasione per dare risposte chiare e concrete, 
accampando impedimenti procedurali e normativi. Ha detto che occorre 
attendere la pronuncia della Cassazione prima di poter decidere qualsiasi 
intervento (ma nulla è accaduto dopo che le condanne nel processo Perugini 
sono passate in giudicato) e ha anche negato che vi siano state promozioni 
fra gli imputati del processo Diaz, parlando di semplici automatismi di 
carriera. 
Manganelli vuole forse dire che si arriva al vertice dell'Anticrimine, dello 
Sco e altri servizi strategici delle forze dell'ordine in base ad 
automatismi di carriera? Non scherziamo. 
Ed è vero o non è vero che il capo della polizia - com'è normale che sia - 
ha sempre l'ultima parola sulle promozioni alle posizioni di vertice? 
Diciamo quindi, più credibilmente, che i capi della polizia e i ministri 
degli interni che si sono alternati in questi anni hanno inteso proteggere 
le carriere dei dirigenti coinvolti nel G8 di Genova, ignorando anche le 
sentenze della magistratura, oltre che ricostruzioni storiche dei fatti 
ormai accettate da tutti. 
E non nascondiamoci dietro carenze legislative: quando è stato necessario, 
in casi diversi dal G8 genovese, abbiamo assistito a sospensioni e rimozioni 
all'interno della polizia, senza bisogno di attendere sentenze passate in 
giudicato. 
Il ricorso in Cassazione è solo un paravento. Non c'è bisogno di alcuna 
sentenza penale di colpevolezza, per affermare che alla scuola Diaz la 
polizia di stato si è resa responsabile di violenze e falsi inaccettabili, 
che hanno esposto l'Italia a un moto di vergogna internazionale. Possibile 
che i dirigenti coinvolti in quell'operazione, il capo della polizia di 
allora e quello di oggi, non si sentano responsabili di quella pagina 
nerissima, che ha minato la credibilità della polizia di stato? 
Se anche la Cassazione ordinasse la ripetizione del processo, che cosa 
cambierebbe? Forse i pestaggi sarebbero cancellati? Forse potremmo 
dimenticare il falso delle molotov o gli ostacoli frapposti all'azione della 
magistratura, a cominciare dal mancato svelamento della quattordicesima 
firma in calce al verbale d'arresto? 
In altri paesi, con un'etica pubblica condivisa più sviluppata, ci si 
dimette (o si viene sospesi) per molto meno. E lo si fa per tutelare il 
corpo d'appartenenza e per onorare il proprio impegno di lealtà 
istituzionale. In questi giorni altissimi dirigenti della polizia britannica 
coinvolti del caso Murdoch hanno rassegnato le dimissioni senza attendere i 
processi, tanto meno l'ultimo grado di giudizio, che oltretutto in Italia 
riguarda solo questioni di diritto. 
C'è poi una direttiva europea secondo la quale i funzionari rinviati a 
giudizio per comportamenti avvenuti in servizio, devono essere sospesi, e 
rimossi dagli incarichi in caso di condanna definitiva. Il rinvio a giudizio 
per i funzionari coinvolti nel processo Diaz risale al lontano 2004... 
Se il capo della polizia volesse davvero voltare pagina e avviare 
un'operazione di trasparenza e di dialogo con i cittadini, potrebbe 
tranquillamente farlo, non c'è nessuna legge che lo impedisca. Cominci 
chiedendo scusa alle vittime degli abusi, ai magistrati che hanno condotto 
le inchieste e sono stati palesemente ostacolati, ai cittadini che hanno 
diritto ad avere forze di polizia al di sopra di ogni sospetto. 
Enrica Bartesaghi e Lorenzo Guadagnucci per il Comitato Verità e Giustizia 
per Genova 
www.veritagiustizia.it < 
http://www.veritagiustizia.it/ > 
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