Autor: Antonio Bruno Data: A: veritagiustiziagenova, forumsege, Mailing list del Forum sociale di Genova, versogenovaluglio2011, forumsociale-ponge, amici-di-barcellona, fori-sociali Assumpte: [NuovoLab] liberazione un castello di sabbia per la cura del mondo
liberazione un castello di sabbia per la cura del mondo
Il Mondo ha bisogno, come tutto ciò che è vivo, di essere curato. Per farlo dobbiamo anzitutto considerarci come parti di esso, come viventi tra i viventi, senza scale gerarchiche tra le diverse forme di vita. Questo sguardo sul Mondo si nutre prima di tutto di Immagini, di metafore che conducono la nostra Immaginazione ad una visione radicalmente diversa da quella che oggi domina le nostre relazioni con l'insieme della altre manifestazioni vitali. Una metafora, tra le tante possibili, per illustrare questo cambiamento di prospettiva, è quella del bambino che costruisce un castello di sabbia sulla spiaggia in riva al mare. E' da qui, da un gioco che tutti abbiamo vissuto, che possiamo partire per il nostro percorso simbolico verso un "altro sguardo possibile per la cura e manutenzione del Mondo". Osserviamolo dunque mentre modella con cura la sua opera, scegliendo la sabbia più adatta, quella appena bagnata, la miriade di singoli granelli che disegna il confine perpetuamente mobile, la rima cangiante, tra la terra ed il mare. Mescola così le gocce del mare con i granelli di sabbia, ed innalza le torri e scava i fossati, come fossero già scolpite dalla sua mente nelle stesse forme delle conchiglie dalle spirali infinite che ha raccolto, su quella stessa terra, nel tempo unico della sua immaginazione. In questo "qui ed ora" il bambino si ferma a rimirare soddisfatto e pensieroso la costruzione che il mare porterà via, inesorabilmente, erodendo quella stessa sabbia che ha predisposto, allontanando, separando, disperdendo i suoi granelli come un mandala posto a ridosso delle onde. Possiamo, allora, vedere il castello di sabbia come l'Immagine materiale di quello che realmente siamo, un simbolo di ciclicità che ci ricollega al resto delle forme viventi, che ci svela le determinati della nostra stessa esistenza: nascita, crescita, morte e rigenerazione sono consustanziali al castello di sabbia come lo sono alla nostra stessa vita, a tutte le vite. Cosa significa, dunque, farsi trasportare da questa metafora? Cosa implica per la nostra vita quotidiana, per la nostra ricerca politica osservare il castello di sabbia con questo intento? Il bambino compie un rito di creazione, richiama a se l'archetipo che descrive la divisione primordiale che permette la Vita: la costruzione del castello di sabbia rinnova la distinzione tra il Cosmo ed il Caos, la divisione tra la Terra Sacra, dove la Vita è possibile, e la nullificazione, dove la Vita deperisce e si mortifica. Il mare, l'acqua, rappresenta da sempre la pre-esistenza, la prima materia, immensa, profonda, essenziale, che può prendere tutte le forme mantenendo la propria sostanza. Consapevoli di questo aspetto acquatico, ad esempio, ci si immergerà nel mare come in un battesimo, si tratterà il Bene acqua come ciò che è: parte costituiva ed inalienabile di noi stessi. Estendendo lo sguardo dall'immagine del castello a tutto il vivente, nasce il senso profondo di comunione con il resto del Mondo "dentro" e "fuori" di noi, la sacralità stessa della Vita che non può essere mercificata, e dunque l'idea del Bene Comune come forma di comunanza, di alleanza tra tutte le forme del vivente. Il Bene è Comune perché siamo parte di lui e viceversa, siamo parte del Cosmo tratto dal Caos mercé un rito, un gioco di alto valore simbolico che, come tutti i giochi, onora questa alleanza. Ogni volta che il bimbo mette piede sulla spiaggia compie istintivamente il rito della separazione, affinché la Vita possa avvenire, ma anche perché il castello venga ridotto di nuovo all'essenziale, affinché il ciclo ricominci; perché è nella continua ricreazione del Cosmo dal Caos che la Vita può fluire, ricominciare. Impedire che il vivente si rinnovi, e dunque si ricrei, come il castello di sabbia, significa congelare il ciclo dell'esistenza, mortificare la Vita togliendole il tempo di riprodursi attraverso il suo tempo naturale. Questa Immagine e la sua metafora ci offrono dunque un punto di sostegno per rinnovare il nostro apparato simbolico, per decolonizzarlo dalle pulsioni ad aggredire il Mondo come fosse separato da noi, per ricongiungerci ad esso. Per tutto questo, e molto altro ancora, solo uno spirito infantile, e dunque radicalmente rivoluzionario, può curare ciò che ha in realtà non ha creato, ma si è creato con lui, assecondando l'opera della Vita. Un bambino, un castello di sabbia: noi siamo l'uno e l'altro.
*Punto Rosso