vi inoltro que per domenica. per chi vorra' unirsi.
ciao.
-------- Original Message --------
Subject: [Fuori Controllo] APPELLO X IL 3 LUGLIO - MANIFESTAZIONE
NAZIONALE NO TAV
Date: Sat, 02 Jul 2011 11:29:03 +0200
From: fuoricontrollo <fuoricontrollo@???>
*Dalla Valle che Resiste e non si arrende Appello per la manifestazione
nazionale del 3 luglio*
Il coordinamento dei comitati notav riunito a Bussoleno il 29 Giugno
indice per domenica 3 luglio dalle ore 9 una manifestazione di carattere
nazionale in seguito allo sgombero del presidio della Maddalena.
La manifestazione avrà carattere popolare con l'obbiettivo di assediare
le zone di accesso alla Maddalena occupate illegittimamente dalle forze
di polizia e dalle ditte incaricate di costruire un immenso campo
militare, e non un cantiere, distruggendo il territorio senza alcuna
considerazione per l'ambiente, la storia e la civiltà della nostra Valle
e non solo.
Saremo un popolo in movimento, pacifico e determinato per difendere i
beni comuni, la nostra terra e il futuro di tutti e tutte.
Non siamo mai stati un movimento Nimby. La solidarietà di questi giorni
ci dice che combattiamo una lotta che riguarda tutti.
Per questo invitiamo, quanti hanno a cuore la democrazia del nostro
paese, chi ancora ha coraggio d'indignarsi, a partecipare all'assedio.
(Attraverso i siti internet e un numero telefonico dedicato faremo
circolare le informazioni necessarie per raggiungere la manifestazione).
No TAV! No mafia! No alla militarizzazione!
Si al rispettodella Valle! Si alla volontà di riscatto di tutta
l'Italia!
Il coordinamento dei comitati delle Valli No Tav, Torino e Cintura
Bussoleno 29 giugno 2011
[Portati acqua e cibo in abbondanza, cappello per ore sotto il sole e
magari occhialini da piscina e foulard per i lacrimogeni]
---
Il progetto Tav, un flop ad Alta velocità
di Luca Mercalli
Le grandi opere non le vuole più nessuno, salvo chi le costruisce e la
politica bipartisan che le sponsorizza con pubblico denaro.
Dell’inutilità del Ponte sullo Stretto non vale più la pena di parlare,
e dell’affaruccio miliardario delle centrali nucleari ci siamo forse
sbarazzati con il referendum. Prendiamo invece il caso Tav Val di Susa.
Su cosa sta succedendo in questi giorni in Piemonte, sulla repressione,
vi consigliamo la lettura di “Piove sulla Valle di Susa” di Claudio
Giorno scritto per il sito “Democrazia Km Zero”. Per i promotori si
tratterebbe di un progetto “strategico”, del quale l’Italia non può fare
a meno; sembra che senza quel supertunnel ferroviario di oltre 50 km di
lunghezza sotto le Alpi, l’Italia sia destinata a un declino epocale,
tagliata fuori dall’Europa.
Chiacchiere senza un solo numero a supporto: è da vent’anni che le
ripetono e mai abbiamo visto supermercati vuoti perché mancava quel
buco. I numeri invece li hanno ben chiari i cittadini della Valsusa che
costituiscono un modello di democrazia partecipata operante da decenni,
decine di migliaia di persone, lavoratori, pubblici amministratori,
imprenditori, docenti, studenti e pensionati, in una parola il movimento
“No Tav”, spesso dipinto come minoranza facinorosa, retrograda e nemica
del progresso. Numeri che l’Osservatorio tecnico sul Tav presieduto
dall’architetto Mario Virano si rifiuta tenacemente di discutere.
Proviamo qui a metterne in luce qualcuno.
Il primo assunto secondo il quale le merci dovrebbero spostarsi dalla
gomma alla rotaia è di natura ambientale: il trasporto ferroviario, pur
meno versatile di quello stradale, inquina meno. Il che è vero solo
allorché si utilizza e si migliora una rete esistente. Se invece si
progetta un’opera colossale, con oltre 70 chilometri di gallerie, dieci
anni di cantiere, decine di migliaia di viaggi di camion, materiali di
scavo da smaltire, talpe perforatrici, migliaia di tonnellate di ferro e
calcestruzzo, oltre all’energia necessaria per farla poi funzionare, si
scopre che il consumo di materie prime ed energia, nonché relative
emissioni, è così elevato da vanificare l’ipotetico guadagno del
parziale trasferimento merci da gomma a rotaia. I calcoli sono stati
fatti dall’Università di Siena e dall’Università della California. In
sostanza la cura è peggio del male.
Veniamo ora all’essere tagliati fuori dall’Europa: detto così sembra
che la Val di Susa sia un’insuperabile barriera orografica, invece è già
percorsa dalla linea ferroviaria internazionale a doppio binario che
utilizza il tunnel del Fréjus, ancora perfettamente operativo dopo 140
anni, affiancato peraltro al tunnel autostradale. Questa ferrovia è
attualmente molto sottoutilizzata rispetto alle sue capacità di
trasporto merci e passeggeri; sarebbe dunque logico, prima di progettare
opere faraoniche, utilizzare al meglio l’infrastruttura esistente.
“Lyon-Turin Ferroviarie”, a sostegno della proposta di nuova linea,
ipotizza che il volume dell’interscambio di merci e persone attraverso
la frontiera cresca senza limiti nei prossimi decenni. Angelo Tartaglia
del Politecnico di Torino dimostra che «assunzioni e conclusioni di
questo tipo sono del tutto infondate». I dati degli ultimi anni lungo
l’asse Francia-Italia smentiscono infatti questo scenario: il transito
merci è in calo e non ha ragione di esplodere in futuro. Un rapporto
della “Direction des Ponts et Chaussées” francese, predisposto per un
audit all’Assemblea Nazionale nel 2003, afferma che riguardo al
trasferimento modale tra gomma e rotaia, la Lione-Torino sarà
ininfluente.
E ora i costi di realizzazione a carico del governo italiano: 12-13
miliardi di euro, che considerando gli interessi sul decennio di
cantiere portano il costo totale prima dell’entrata in servizio
dell’opera a 16-17 miliardi di euro. Ma il bello è che anche quando
funzionerà, la linea non sarà assolutamente in grado di ripagarsi e
diventerà fonte di continua passività, trasformandosi per i cittadini in
un cappio fiscale.
Ho qui sintetizzato una minima parte dei dati che riempiono decine di
studi rigorosi, incluse le recenti 140 pagine di osservazioni della
Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, dati sui quali si rifiuta
sempre il confronto, adducendo banalità da comizio tipo “i cantieri
porteranno lavoro”. Ma suvvia, ci sono tanti lavori più utili da fare!
Piccole opere capillari di manutenzione delle infrastrutture italiane
esistenti, ferrovie, acquedotti, ospedali, protezione idrogeologica,
riqualificazione energetica degli edifici, energie rinnovabili. Non
abbiamo bisogno di scavare buchi nelle montagne che a loro volta ne
provocheranno altri nelle casse statali, altro che opera strategica!
Seguendo lo stesso criterio, anche l’Expo 2015 di Milano sarebbe
semplicemente da non fare, chiuso il discorso. Sono eventi che andavano
bene cent’anni fa. Se oggi in Italia tanti comitati si stanno
organizzando per dire “no” alle grandi opere e per difendere i beni
comuni e gli interessi del Paese, non è per sindrome Nimby (non nel mio
cortile), bensì perché, come ho scritto nel mio “Prepariamoci”
(Chiarelettere), per troppo tempo si sono detti dei “sì” che hanno
devastato il paesaggio e minato la nostra salute fisica e mentale.
(Luca Mercalli, “Flop ad alta velocità, i numeri che nessuno vuol
sentirsi dire”, da “Altracittà”, ripreso dal sito No-Tav, pubblicato da
"Il Fatto Quotidiano" il 18 giugno 2011).
--
C.D. "FUORI CONTROLLO"
C.P. 249 - 17100 - SAVONA
fuoricontrollo@???
http://fuoricontrollo.noblogs.org
- ATTUALMENTE SENZA SEDE
VIA CHIAVELLA 3R HA CHIUSO -
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~lilo~
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„ø¤º°¨Zion train is coming our way``°º¤ø„
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