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Questo Diaz s'ha da fare
"Non ho incontrato Manganelli e la polizia non ci ha dato né armi né auto", rivela Procacci. Che produce il film di Vicari sul G8: sabato sul set
"14 novembre 2008: all'indomani della sentenza di primo grado sui fatti del G8, chiamai Daniele Vicari, e ci scambiammo opinioni e pensieri, con un minimo comune denominatore: quella storia non doveva finire così". Parola di Domenico Procacci, che alla presentazione del libro di Alessandro Mantovani, Diaz Processo alla polizia (Fandango), torna anche su Diaz, il nuovo film di Daniele Vicari che sabato batte il primo ciak, con Elio Germano, Claudio Santamaria, la tedesca Jennifer Ulrich, la romena Monica Birladeanu, Pippo Delbono, Rolando Ravello, Alessandro Roja, Paolo Calabresi e il francese Ralph Amoussoue nel cast e la produzione Fandango con i romeni di Mandragora e i francesi di Le Pacte. Sottotitolo: Don't clean up this blood, perché, spiega il produttore, "all'estero serve: Diaz non dice molto, quasi nessuno se lo ricorda, addirittura sono in pochi a ricordare che c'è stato un morto". Ma Procacci torna anche sulle polemiche innescate dall'intervista rilasciata a Variety durante il festival di Cannes: "Avevo detto che il film non sarebbe stato fatto pregiudizialmente contro la polizia, e nemmeno di nascosto. Ho chiesto un incontro con Antonio Manganelli, il capo della Polizia, gli ho lasciato copia della sceneggiatura: Diaz non sarà un processo alla polizia, ma racconterà quei fatti e quelli di Bolzaneto attraverso gli atti del processo, dove in appello è arrivata la condanna per la polizia". L'incontro con Manganelli, rivela poi, non c'è stato, non solo: "La polizia non ci ha dato né armi né auto, come, viceversa, avviene abitualmente". Di certo, "per i film difficili in Italia si cerca di accontentare tutti: vittime, polizia, istituzioni. Ma spetta a regista, sceneggiatori e produttori decidere il metodo: noi abbiamo parlato con tutti, black bloc, magistrati, carabinieri o letto, come nel caso di Agnoletto, quanto avessero scritto in merito". L'ultima parola a Riccardo Noury di Amnesty International, (l'organizzazione aveva definito i fatti della Diaz "la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda guerra mondiale), che a fronte della non pregiudizialità di Diaz nei confronti della polizia dichiarata da Procacci ribatte: "Spero che il film non si contro gli interessi e la sensibilità delle persone della Diaz". E si propone quale mediatore tra Fandango e il Comitato verità e giustizia: "Trovo insopportabile che non vadano d'accordo". Ma merita di essere citata anche la quarta di copertina del documentato saggio di Mantovani, da oggi in libreria: "- Pronto, polizia? Qui in via Cesare Battisti stanno attaccando i ragazzi! - Sì, lo sappiamo, grazie".