[NuovoLab] Inaugurazione Giardini bambini di Terezin

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Autor: Antonio Bruno
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Assunto: [NuovoLab] Inaugurazione Giardini bambini di Terezin
…Siamo abituati a piantarci su lunghe file alle sette del mattino, a mezzogiorno e alle sette di sera, con la gavetta in pugno, per un po’ di acqua tiepida dal sapore di sale o di caffè o, se va bene, per qualche patata. Ci siamo abituati a dormire senza letto, a salutare ogni uniforme scendendo dal marciapiede e risalendo poi sul marciapiede. Ci siamo abituati agli schiaffi senza motivo, alle botte e alle impiccagioni: Ci siamo abituati a vedere la gente morire nei propri escrementi, a vedere salire in alto la montagna delle casse da morto, a vedere i malati giacere nella loro sporcizia e i medici impotenti. Ci siamo abituati all’arrivo periodico di un migliaio d’infelici e alla corrispondente partenza di un altro migliaio di esseri ancora più infelici …

Così scriveva Petr Fischl, nato a Praga il 9/9/1929, deportato a Terezin l’8/12/1943, morto ad Auschwitz l’8/10/1944.

Egli fu uno dei 15.000 bambini e adolescenti ebrei che, strappati per lo più ai loro genitori, vissero più o meno a lungo nella città-ghetto di Terezin, prima di essere deportati nel campo di sterminio di Auschwitz. Dei 15.000 ne tornarono meno di 100.

Di loro ci restano soltanto un pacco di disegni infantili e poche semplici poesie; testimonianze angosciose di sofferenze inenarrabili e delitti atroci, motivo insieme di dolore ed orrore.



Inaugurazione dei Giardini Bambini di Terezin


martedi 7 giugno 2011 ore 10.00 Genova Pegli Giardini di via Laviosa


Interventi di:


Palo Veardo, assessore Servizi Demografici

Mauro Avvenente, Presidente Municipio Ponente

Franco Aprile, Console Onorario Repubblica Ceca

Giuseppe Momigliano, Rabbino Capo Comunità Ebraica di Genova

Antonio Bruno, Capogruppo consiliare Rifondazione Comunista

Massimo Bisca, vice Presidente Provinciale Anpi


Dalla fine del 1941 alla liberazione nella città – ghetto di Terezin soggiornarono più o meno a lungo gli ebrei cecoslovacchi destinati al campo di sterminio di Auschitz.

Tra di loro 15.000 tra bambini e giovinetti, dei quali ne sopravvissero meno di cento. Del loro passaggio a Terezin è rimasta una commovente testimonianza, rappresentata da alcune migliaia di disegni e qualche decina di poesie. Di tali documenti, che furono oggetto di affettuoso studio da parte di psicologi, letterati ed artisti, traspare una maturità di pensiero straordinariamente precoce, la straziante consapevolezza di un destino inesorabile, e soprattutto il disperato, insopprimibile anelito alla vita delle giovani vittime. Nella maggior parte dei versi, già di per sé toccanti per i motivi ispiratori e la vicenda umana che sottintendono, sono presenti valori poetici autentici, che stupiscono per l’altissimo, imprevedibile livello di forma e linguaggio e la sconvolgente capacità espressiva.



Terezin
Pesanti ruote ci sfiorano la fronte

e scavano un solco nella nostra memoria.

Da troppo tempo siamo una schiera di maledetti

che vuole stringere le tempie dei suoi figli

con le bende della cecità.

Quattro anni dietro a una palude

In attesa che irrompa un’acqua pura.

Ma le acque dei fiumi scorrono in altri letti,

in altri letti,

sia che tu muoia o che tu viva.

Non c’è fragore d’armi, sono muti i fucili,

non c’è traccia di sangue qui: nulla,

solo una fame senza parole.

I bambini rubano il pane e chiedono soltanto

di dormire, di tacere e ancora di dormire …

Pesanti ruote ci sfiorano la fronte

e scavano un solco nella nostra memoria.

Neppure gli anni potranno cancellare

tutto ciò.

Anonimo



Vorrei andare sola
Vorrei andare sola dove c’è un’altra gente migliore,

in qualche posto sconosciuto

dove nessuno più uccide.

Ma forse ci andremo in tanti

verso questo sogno,

in mille forse …

e perché non subito?

Alena Synková (1926 sopravvisuta)

La farfalla
L’ultima, proprio l’ultima,

di un giallo così intenso, così

assolutamente giallo,

come una lacrima di sole quando cade

sopra una roccia bianca

così gialla, così gialla!

l’ultima,

volava in alto leggera,

aleggiava sicura

per baciare il suo ultimo mondo.

Tra qualche giorno

sarà già la mia settima settimana

di ghetto:

i miei mi hanno ritrovato qui

e qui mi chiamano i fiori di ruta

e il bianco candeliere di castagno

nel cortile.

Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.

Quella dell’altra volta fu l’ultima:

le farfalle non vivono nel ghetto.

Pavel Friedman (1921 – 1944)



Il giardino
E’ piccolo il giardino

profumato di rose,

è stretto il sentiero

dove corre il bambino:

un bambino grazioso

come un bocciolo che si apre:

quando il bocciolo si aprirà

il bambino non ci sarà.

Franta Bass (1930 – 1944)



A Olga
Ascolta,

già fischia la sirena della nave.

Su, partiamo

per porti sconosciuti!

Ecco,

è già l’ora.

Navigheremo lontano,

i sogni diventeranno realtà.

Oh, dolce nome del Marocco!

Ecco,

è già l’ora.

Il vento ci porta canzoni

di paesi lontani.

Guarda il cielo

e pensa soltanto alle violette.

Ecco,

è già l’ora.

Alena Synková (1926 sopravvisuta)

Il topolino
In fondo al nido il topolino

si cerca una pulce nel pelo fino.

Si dà da fare, fruga e rifruga,

ma non la trova, non ha fortuna.

Gira di qui, gira di là,

ma la pulcetta non se ne va.

Ed ecco arriva il papà topo,

che al suo pelo fa un sopralluogo:

Ecco che acciuffa quella pulcetta

e poi nel fuoco lesto la getta.

Il topolino corre diretto

ad invitare il suo connetto:

“Menù del giorno

pulcetta al forno”.

Koleba

disegno di Hana Gueldovà (n. 20/5/1931 - m. 1944 ad Auscwitz)

Addio
Tutti gli istanti felici

sono perduti per sempre,

e non ho più la forza

di proseguire il camino.

Ancora una volta, una sola,

tenere il tuo capo tra le mani,

poi chiudere gli occhi, e in silenzio

andarmene verso le tenebre …

anonimo

disegno di Ilona Weissovà (n 6/3/1932 - m 15/5/1944 ad Auscwitz)

La paura
Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,

un male crudele che ne scaccia ogni altro.

La morte, demone folle, brandisce una gelida falce

che decapita intorno le sue vittime.

I cuori dei padri battono oggi di paura

e le madri nascondono il viso nel grembo.

La vipera del tifo strangola i bambini

e preleva le sue decime dal branco.

Oggi il mio sangue pulsa ancora,

ma i miei compagni mi muoiono accanto.

Piuttosto di vederli morire

vorrei io stesso trovare la morte.

Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!

Non vogliamo vuoti nelle nostre file.

Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.

Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!

Eva Picková, anni dodici, (morta 18/12/1943)

Pavel Sonnesnschein (n. 9/4/1931 m. 23/10/1944 ad Auscwitz)

Terezin
Una macchia di sporco dentro sudice mura

e tutt’attorno il filo spinato:

30.000 dormono

e quando si sveglieranno

vedranno il mare

del loro sangue.

Sono stato bambino tre anni fa.

Allora sognavo altri mondi.

Ora non sono più un bambino,

ho visto gli incendi

e troppo presto sono diventato grande.

Ho conosciuto la paura,

le parole di sangue, i giorni assassinati:

dov’è il Babau di un tempo?

Ma forse questo non è che un sogno

e io ritornerò laggiù con la mia infanzia.

Infanzia, fiore di roseto,

mormorante campana dei miei sogni,

come madre che culla il figlio

con l’amore traboccante

della sua maternità.

Infanzia miserabile catena

che ti lega al nemico e alla forca.

Miserabile infanzia, che dentro il suo squallore

già distingue il bene e il male.

Laggiù dove l’infanzia dolcemente riposa

nelle piccole aiuole di un parco,

laggiù, in quella casa, qualcosa si è spezzato

quando su me è caduto il disprezzo:

laggiù nei giardini o nei fiori

o sul seno materno, dove io sono nato

per piangere …

Alla luce di una candela m’addormento

forse per capire un giorno

che io ero una ben piccola cosa,

piccola come il coro dei 30.000,

come la loro vita che dorme

laggiù nei campi,

che dorme e si sveglierà,

aprirà gli occhi

e per non vedere troppo

si lascerà riprendere dal sonno …

Hanus Hachenburg (1929 – 1943)






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antonio bruno.
capogruppo Sinistra Europea - PRC Comune di Genova
00393666756779