[RSF] Clamori dalla Colombia

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著者: Associazione nazionale Nuova Colombia
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題目: [RSF] Clamori dalla Colombia

         11/05 - ACCADEMICI DI TUTTO IL MONDO ESIGONO LA LIBERAZIONE DI
MIGUEL ÁNGEL BELTRÁN DALLE CARCERI COLOMBIANE
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=1378:1105-accademici-di-tutto-il-mondo-esigono-la-liberazione-di-miguel-angel-beltran-dalle-carceri-colombiane&catid=8:accordo-umanitario&Itemid=19>


Oltre 4000 accademici di tutto il mondo hanno inviato una lettera
aperta a Santos esigendo la libertà del dr. Miguel Ángel Beltrán,
docente universitario colombiano incarcerato nel maggio 2009 senza
aver subito alcuna condanna.

I firmatari, fra i quali spiccano il premio Nobel Richard Roberts e
docenti di oltre venti paesi, denunciano che il professor Beltrán,
noto sociologo illegalmente estradato dal Messico in Colombia con
l'accusa di essere un militante

delle FARC, “è stato incarcerato per ridurlo al silenzio e per
spaventare quanti intendono dare voce all'opposizione” al regime
colombiano; e accusano quest'ultimo di violare il diritto alla
libertà di espressione, chiarendo che l'esorbitante numero di
prigionieri politici nelle carceri colombiane (oltre 7500) smentisce
la presunta intenzione di migliorare la politica di rispetto dei
diritti umani.

Secondo Sally Hunt, leader dell'Associazione britannica di Docenti
Universitari, “Il dr. Beltrán è un uomo innocente incarcerato da
un regime intollerante che sopprime ogni critica, ed è ora che la
comunità internazionale denunci quello che succede in Colombia e che
le autorità colombiane liberino il dr. Beltrán e tutti gli altri
prigionieri politici”.

La deputata britannica Madeleine Moon, che appartiene al gruppo
parlamentare “Amici della Colombia”, ha dichiarato che “la
grande tragedia della Colombia è che i più intelligenti e preparati
fra i suoi pensatori ed attivisti sono in carcere o sono stati
assassinati.”

Beltrán, sfuggito alle persecuzioni riservate ai membri dell'Unión
Patriótica, è stato deportato in Colombia sulla base di presunte
mail ritrovate nel laptop del Comandante Raúl Reyes, manipolato a
proprio piacimento dal regime colombiano per la costruzione di
montature contro gli attivisti e gli oppositori politici.

         08/05 - “JENA” SANTOS RICONOSCE L'ESISTENZA DI UN CONFLITTO IN
COLOMBIA
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=1363:0805-jena-santos-riconosce-lesistenza-di-un-conflitto-in-colombia&catid=8:accordo-umanitario&Itemid=19>


I principali partiti della coalizione di governo in Colombia, il
Partito liberale, il Partito “della U”, il Partito Conservatore e
Cambio Radicale, in accordo col presidente Santos, hanno deciso che la
legge per il risarcimento alle vittime includerà un articolo che
riconosce l'esistenza del conflitto armato in questo paese.

Per quanto possa apparire sorprendente che sia necessario discutere
dell'esistenza di un conflitto all'atto dell'approvazione di una
legge “in

favore” delle vittime del conflitto stesso, incredibilmente a
tutt'oggi il narcogoverno colombiano aveva chiuso entrambi gli occhi
e le orecchie sulla realtà degli scontri a fuoco che,
quotidianamente, avvengono fra l'insorgenza da una parte e le forze
militari e paramilitari dall'altra.

Oggi anche “Jena” Santos è costretto a riconoscere la realtà
dei fatti, dichiarando che “da tempo esiste un conflitto armato qui
nel paese”. Ha scoperto l’acqua calda…

Tale riconoscimento, presentato da Santos come un mezzo per evitare
che al risarcimento possano accedere le vittime di atti di
delinquenza (cosa che creerebbe una voragine nelle già minate
finanze del paese), è in realtà la presa d’atto, benché non
riconosciuta, dell’impossibilità da parte dello Stato mafioso
colombiano di sconfiggere il movimento guerrigliero.

Santos si è vantato in passato di vittorie pirriche e
dell’assassinio di alcuni comandanti delle FARC; tuttavia, si è
ben guardato dal fare riferimento agli oltre 4000 effettivi delle
Forze Armate messi fuori combattimento dalle FARC nel solo 2010.

Il narco ex-presidente Uribe strepita, infuriato per le dichiarazioni
del suo successore, ma la realtà dei fatti non può più in alcun
modo essere occultata: il conflitto sociale ed armato esiste eccome,
e per il raggiungimento della pace con giustizia sociale è
indispensabile passare attraverso il riconoscimento dello status di
forza belligerante della guerriglia colombiana.

         06/05 - L'UFFICIO POLITICO DEL PARTITO COMUNISTA VENEZUELANO
CRITICA DURAMENTE IL GOVERNO CHÁVEZ
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=1322:0605-lufficio-politico-del-partito-comunista-venezuelano-critica-duramente-il-governo-chavez&catid=8:accordo-umanitario&Itemid=19>


Il Partito Comunista Venezuelano (PCV), storico alleato della
rivoluzione bolivariana e del presidente Chávez, in seguito alla
detenzione e successiva consegna del cittadino svedese Joaquín
Pérez Becerra, ha riunito il proprio Ufficio Politico per discutere
dei gravi fatti occorsi, rilasciando una dichiarazione politica
ufficiale diffusa il 2 maggio scorso.

In essa si legge che il governo venezuelano ha dimenticato "con
sfacciata serenità lo storico ed

universalmente riconosciuto principio della presunzione
d’innocenza", dal momento che ha affermato che la detenzione del
giornalista ratificava l'impegno dell'esecutivo "contro il
terrorismo, la delinquenza ed il crimine organizzato". Il PCV,
inoltre, chiarisce che il governo ha impedito alla commissione
composta da propri dirigenti, personalità politiche venezuelane ed
un’équipe di avvocati di vedere o parlare col giornalista,
direttore del portale ANNCOL; e che è riuscito a violare
contemporaneamente la Costituzione Bolivariana, i Trattati
Internazionali ed il codice penale. Nel puntualizzare la totale
illegalità delle azioni eseguite dal governo, il PCV stigmatizza
l'indignante consegna di un rivoluzionario ad uno Stato terrorista.

Con la consegna di Pérez Becerra al fascista Santos, Chávez ha
perduto la fiducia dei suoi alleati più fedeli, nonché il sostegno
dei settori popolari più progressisti e politicizzati e dei
movimenti di sinistra più coerenti che lo sostenevano, in cambio
dell'abbraccio mortale del suo "nuovo amico", il presidente "Jena"
Santos, violatore dei diritti umani e fautore del terrorismo di
Stato.

         29/04 - LA SVEZIA CHIEDE SPIEGAZIONI AL VENEZUELA PER LA
DETENZIONE DI JOAQUÍN PÉREZ
<http://www.nuovacolombia.net/Joomla/index.php?option=com_content&view=article&id=1308:2904-la-svezia-chiede-spiegazioni-al-venezuela-per-la-detenzione-di-joaquin-perez&catid=8:accordo-umanitario&Itemid=19>


Mercoledì 27 aprile il portavoce del Ministero svedese per le
Relazioni Estere, Teo Zetterman, ha reso noto che il giorno
precedente “la Svezia ha richiesto spiegazioni al Venezuela sul
motivo per cui le autorità svedesi non sono state informate della
detenzione di un cittadino svedese, poi estradato in Colombia”,
ovvero Joaquín Pérez Becerra, giornalista, direttore del portale
ANNCOL arrestato a Caracas ed in seguito consegnato da Chávez alla
polizia del

fascista regime colombiano.

“A tutt'oggi non abbiamo avuto alcuna risposta”, ha sottolineato
Zetterman. Pérez, di 55 anni, è nato in Colombia ma ha adottato la
cittadinanza svedese, e in quel paese gli è stato riconosciuto anche
lo status di rifugiato politico, dopo essere stato costretto ad
abbandonare il suo paese natale a causa della sua militanza
nell'Unión Patriótica, movimento politico che ha visto l'uccisione
di migliaia di suoi quadri e militanti, massacrati da dal terrorismo
di Stato su mandato dell'oligarchia al potere.

Il portavoce della cancelleria svedese assicura che non è ancora
chiaro “di cosa sia ufficialmente accusato”.

Mente dunque spudoratamente il Ministro degli Interni Colombiano,
Germán Vargas Lleras, affermando che il giornalista “non è
cittadino svedese”, farneticando di presunte identità
contraffatte; Zatterman ha infatti chiarito definitivamente che
Pérez Becerra ha ricevuto la nazionalità svedese nel 2000,
insistendo sul fatto che le autorità del suo paese dovevano essere
informate del suo arresto e della sua estradizione.

“Ci sono casi in cui la persona detenuta non vuole che le autorità
locali contattino quelle del suo paese di origine, ma in questo caso
era sufficientemente chiaro che avrebbe dovuto essere messo in
contatto con noi”.

A dispetto delle leggi internazionali, e più ancora di qualunque
etica rivoluzionaria, il presidente Chávez ha consegnato un
giornalista ed un compagno al paese campione di violazione dei
diritti umani, tradendo sfacciatamente in un colpo solo gli ideali di
Bolívar, l'antimperialismo e la stessa Rivoluzione Bolivariana.



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