Rete controg8
per la globalizzazione dei diritti
Mercoledì 27 aprile dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo ducale di
genova, 465° ora in silenzio per la pace.
altre info su
www.orainsilenzioperlapace.org
Incollo il volantino che verrà distribuito
Dal Manifesto del 22/4/2011
*Vogliamo le navi umanitarie*
Mandate una nave. In Tunisia, in Egitto, oppure al porto di Misurata.
Mandate una nave e portate via uomini, donne, bambini. Persone per le
quali la Libia era già un inferno prima dell'avvio dell'operazione
«Odissea all'alba». Di odissee peraltro se ne intendono. Ci riferiamo a
quelle migliaia di cittadini scappati dai paesi sub-sahariani,
imprigionati in Libia dagli accordi scellerati che l'Italia, con la
benedizione dell'Europa, ha firmato con quel Gheddafi che oggi tutti
maledicono.
Come mai chi si è incaricato di aiutare gli insorti non con un'opera
diplomatica ma con un carico di bombe non ha messo nel calcolo quel
prodotto, fatto di storie, facce, speranze, umori, che sono le persone
in carne e ossa? C'è poco da essere pro o contro un intervento armato.
Si tratta di essere conseguenti: abbiamo scelto un intervento armato per
salvare i civili. Ebbene, che i civili siano salvati. Non si può
assistere come se fosse la cosa più normale del mondo all'arrivo di
profughi dalla Libia sui barconi. Se mai una cosa del genere possa
considerarsi normale, non lo è di certo con una guerra in corso. Nel
canale di Sicilia in questi mesi sono morte centinaia di persone. Il
«viaggio della speranza» attraverso il Mediterraneo non dovrebbe mai
essere il biglietto da pagare per entrare in Europa, ma di sicuro non
può diventare un effetto collaterale della «guerra umanitaria».
Mandate una nave, anzi mandatene dieci, cento, quante ne servono.
L'Europa è un grande continente, almeno in termini spaziali. Esiste la
possibilità concreta di dare asilo a queste persone, e ne corre
soprattutto l'obbligo. È un'indicibile ipocrisia riconoscerli come
richiedenti asilo solo quando approdano sani, salvi e malconci sulle
nostre coste. Mandate una nave, adesso. E sarà l'unica cosa in cui
riconoscere un'Europa che abbia motivo di esistere.