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questa mail è un pippone, ma almeno i primi tre paragrafi leggili, sono meno di
1000 caratteri, dai cazzo!
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Ciao a tutt*,
torno a scrivere su queste frequenze digitali per cercare di coinvolgere chi
vuole essere coinvolto in un progetto che stiamo sviluppando come intelligence
precaria (diciamo quelli della mayday e di san precario, tanto per capirci e
per chi non lo sapesse).
Da quasi un anno stiamo lavorando a questa idea dello sciopero precario,
cercando di spiegarlo in lungo e in largo, di coinvolgere intelligenze e
persone, di portare ancora una volta e ancora di più la questione della
precarietà al centro del dibattito politico e delle mobilitazioni.
All'idea che ci è venuta in mente abbiamo dato il nome di sciopero precario,
e sotto vi incollo un testo che cerca di far capire che diavolo stiamo intendendo
con queste parole.
Già per due volte a Milano ci siamo incontrati tra precari di un po' tutte le
specie durante gli Stati Generali della Precarietà e il 16-17 aprile stiamo
preparando la terza puntata di questi incontri/workshop per cercare di
focalizzare la riflessione su quali forme concrete può avere nei vari ambiti
lo sciopero precario.
Uno di questi ambiti è quello della comunicazione/information technologies e
mi sembrava una buona idea da condividere in questa lista, sia come luogo di
discussione, sia per invitare chi ha qualche ideuzza a confrontarsi tutti
insieme in quel degli Stati Generali della Precarietà 3.0.
Che se ne pensa?
PS: evitatemi le trombonate sullo stile "ecco sei arrivato tu a rompere le
palle pensavi che nessuno ci avesse pensato" che tanto me ne fotto :)
Parliamo della questione: se l'idea è buona non conta chi ci ha pensato per
primo. Conta chi mette insieme le condizioni perché essa si realizzi.
Materialismo dialettico allo stato puro :)
Sotto il nostro testo.
Su
http://www.sanprecario.org trovate molto altro.
Su
http://www.precaria.org/stati-generali-della-precarieta-3-0
info sugli Stati Generali della Precarietà 3.0
Uno slogan si aggira per la rete, attraversa le piazze, viene urlato
dai megafoni: Voglia di sciopero precario. Ma cos'è lo sciopero
precario?
Lo sciopero precario è uno sciopero contro la precarietà. Detto così
sembra chiaro e semplice, ma semplice non è. Questo paese è diventato
precario perchè una parte della popolazione ha perso il diritto alla
protesta, la possibilità di scioperare, di avanzare rivendicazioni
collettive. Questa popolazione è composta dalle generazioni precarie,
dai migranti e da tutti coloro che nascosti nelle pighe
dell'informazione hanno prima perso visibilità (cosa grave) e poi hanno
smarrito la capacità di rappresentarsi come forza collettiva. Non
importa che oggi tutti i media parlino della questione precarietà. Ciò
che conta è che nei dieci/quindici anni di black out i precari/e hanno
disimparato a battersi per i loro diritti.
Non è per caso che abbiamo scelto di lanciare uno sciopero invece di
una manifestazione di piazza. Lo sciopero cercherà di scardinare non
solo i meccanismi del silezio, ma soprattutto di far comprendere che la
nostra debolezza può diventare forza. La verità è che se i precari si
fermassero si bloccherebbe il paese. Ecco il punto su cui appoggiare la
leva del cambiamento.
Chi parteciperà allo sciopero precario?
Parteciperanno tutte le associazioni, sindacati, collettivi, comunità
resistenti, reti, persone che credono che la precarietà sia una diga
eretta contro il nostro futuro e che per abbatterla non sia sufficiente
un momento di testimonianza (seppur importante) ma sia necessaria una
mobilitazione che scuota il paese e lo blocchi. Lo sciopero precario
deve essere inventato da zero ed è per questo che agli Stati generali
della precarietà, a Roma dal 15 al 17 aprile, si parlerà per due giorni
di come e quando farlo. E tu sei invitato perché solo mettendo in comune
le idee di tutti e tutte riusciremo a farlo. In un mondo in cui basta
alzare la testa per perdere il posto di lavoro, lo sciopero precario
deve inventare nuove forme di mobilitazione, capaci di aggirare il
ricatto, di rendere di nuovo possibile la nostra presa di parola
collettiva.
Perchè partire dalla precarietà, con tutti i problemi che assillano
l'Italia?
La precarietà è la condizione comune che è percepita negativamente da
tutti, dato che negli ultimi quindici anni ha impoverito gran parte
della popolazione italiana e migrante rendendo ricche, ricchissime,
altre persone: i soliti noti. E l’unico modo per creare un'onda d'urto
capace di scardinare le fondamenta della precarietà è mettere in gioco
la società coinvolgendo in modo trasversale i lavoratori, i precari, i
disoccupati e i migranti; coinvolgendoli però su una chiara e semplice
proposta, eliminare la precarietà.
Lottare contro la precarietà è come voler tornare indietro nel tempo?
Assolutamente no. Essere contro la precarietà significa essere a favore
di una riforma del welfare che preveda robustissime politiche di
continuità e di sostegno al reddito. Vuol dire concepire i diritti oltre
la condizione del lavoro. Non basta, ad esempio, essere contro la
proliferazione dei contratti atipici, che sono effetto della
precarizzazione e non la causa, come non basta parlare di
stabilizzazione quando tutti, si pensi a Mirafiori, vengono
destabilizzati. Essere contro la precarietà significa essere contro la
Bossi-Fini e le politiche di vessazione contro i migranti che non
risolvono i problemi ma creano ricatto ed emarginazione. Significa anche
pretendere politiche abitative che rendano nuovamente la casa un diritto
e chiedere che i trasporti siano una risorsa e non un dazio sugli
spostamenti. Essere contro la precarietà significa investire nella
formazione, nel sapere e nella cultura. Essere contro la precarietà
significa mettersi in gioco fino in fondo perché la precarietà si prende
gioco delle nostre vite.
E i soldi?
Chi dice che per colpa della crisi non ci sono le risorse per fare
nulla mente spudoratamente. È vero il contrario, uscire dalla crisi
significa uscire della precarietà, combattere la precarietà significa
combattere la crisi. Ed è per questo che abbiamo una voglia matta di
sciopero precario
--
blicero
- don't mourn, organize. - j.h. (IWW)
- ci sono alcune cose che un uomo fa. ci sono alcune cose che un uomo non fa. - Kong Fuzi