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1. Iraq e Bahrein 
(
http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10241)
 I sommovimenti che stanno coinvolgendo tutto il mondo arabo fanno sentire i 
propri effetti anche in Iraq. Circa 10mila persone sono scese in piazza nei 
giorni scorsi a Baghdad, in quella che è stata la più grande manifestazione 
tenuta finora in Iraq. A protestare sono stati gli sciiti che hanno 
manifestato la propria solidarietà ai loro correligionari del Bahrain, 
vittime della repressione di un governo guidato da sunniti. Teatro della 
protesta Sadr City, l'enorme slum di Baghdad in cui vivono oltre due milioni 
di persone, in maggioranza sciiti, considerato una roccaforte del movimento 
di Muqtada al Sadr. E manifestazioni importanti si sono tenute anche nella 
città santa di Najaf e a Bassora, nel sud del Paese. Gli slogan: "Sì, sì al 
Bahrain. No, no alla famiglia dei Saud", con riferimento all'Arabia Saudita, 
che ha inviato truppe proprio in Bahrain a sostegno delle forze governative 
contro i dimostranti. Condanne per la repressione governativa e per lo 
schieramento delle truppe saudite nello Stato del Golfo Persico sono 
arrivate anche dal premier iracheno Nuri al Maliki, mentre il Grande 
Ayatollah Ali al Sistani, il leader religioso più influente fra gli sciiti 
iracheni, è uscito dal suo tradizionale riserbo per chiedere alle autorità 
del Bahrain di "smettere di usare la violenza contro cittadini inermi".
2. Iraq  e 
Libia(
http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10244)
 E il mondo politico iracheno si divide invece sull'attacco lanciato dalle 
potenze occidentali contro la Libia di Gheddafi e a sostegno dei ribelli che 
hanno preso il controllo della parte est del Paese. L'operazione ha avuto il 
sostegno ufficiale del governo di Baghdad, ma è stata duramente contestata 
dai sadristi, che pure fanno parte dell'esecutivo. "Il governo iracheno 
appoggia gli sforzi internazionali per proteggere il popolo libico", si 
legge nella dichiarazione attribuita al portavoce governativo, Ali al 
Dabbagh, e diffusa dal suo ufficio. Contrari all'attacco in corso invece si 
sono detti i sadristi e in particolare il loro leader Muqtada al Sadr, 
intervenuto per condannato l'intervento militare in Libia così come quello 
precedente dell'Arabia saudita in Bahrein. "Sua Eminenza - si legge sul sito 
dell'ufficio comunicazione del movimento - ha respinto e condannato 
l'interferenza straniera negli affari interni della Libia e del Bahrain, 
dicendo che sono i popoli a dover decidere, e che i governi devono farsi da 
parte se il popolo lo chiede" Lo stesso Sadr avrebbe poi invitato "coloro 
che vogliono rovesciare il regime di Gheddafi coi loro aerei" a "evitare di 
uccidere civili, ed evitare le calamità dei bombardamenti".
 3. 
Siria(
http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10242)
 Intanto qualcosa sembra muoversi anche in Siria.  Martedì 15 marzo dopo la 
preghiera di mezzogiorno centinaia di manifestanti anti-governativi hanno 
riempito le strade centrali di Damasco ed Aleppo. Mercoledì 16 si è 
replicata la protesta, con ancora più persone in strada. L'iniziativa 
sarebbe stata convocata dal gruppo Facebook "The Syrian revolution against 
Bashar al-Assad 2011". Altri due appelli, lanciati sempre su Facebook tra 
gennaio e febbraio, non avevano avuto risposta, probabilmente a causa della 
massiccia presenza delle forze di sicurezza, in allerta nei giorni chiave 
della rivoluzione egiziana. Le richieste dei manifestanti riguardano riforme 
democratiche ed il rilascio dei prigionieri politici. La Siria, come 
l'Egitto, vive in uno stato d'emergenza in vigore dal 1963, anno dell'ascesa 
al potere della minoranza sciita alawita per mano di Hafez al-Assad, padre 
dell'attuale premier, Bashar al-Assad, succeduto al padre nel 2000. 
L'agenzia di stampa Associated Press riporta la notizia di scontri fra i 
manifestanti ed i sostenitori del presidente Bashar al-Assad. Più 
determinato è stato l'intervento delle forze di polizia nella giornata di 
mercoledì: con l'impiego di manganelli hanno cercato di disperdere la folla, 
procedendo in seguito ad altri quattro arresti. Gli oppositori, stimati 
dalla Bbc in circa 150 individui, si sono concentrati nei pressi del 
ministero dell'Interno. Proprio la dura repressione delle autorità siriane 
preoccupa particolarmente i manifestanti. "Dopo una lunga attesa e la 
speranza di un'imminente rilascio dei prigionieri politici siriani, le 
nostre speranza sono svanite", riporta un comunicato del Syrian Observatory 
for Human Rights.
4. 
Palestina(
http://www.osservatorioiraq.it/modules.php?name=News&file=article&sid=10234)
 E migliaia di persone hanno manifestato nelle città della Cisgiordania e 
della striscia di Gaza lo scorso 15 marzo in risposta all'appello lanciato 
da varie associazioni giovanili che chiedono la riconciliazione tra le forze 
politiche della Palestina e l'unità del suo popolo.  Nel documento gli 
organizzatori hanno chiesto una riconciliazione basata sulla condivisione di 
valori comuni e sul rispetto delle opinioni politiche altrui, ma anche il 
rilascio di tutti i prigionieri politici detenuti da Hamas a Gaza e dall'Autorità 
Palestinese in Cisgiordania. Nel lanciare il proprio appello le stesse 
organizzazioni hanno poi tenuto a ribadire la propria indipendenza da ogni 
formazione politica "tradizionale" e hanno denunciato il tentativo, da parte 
del governo Fayyad in Cisgiordania e di quello di Hamas a Gaza, di "cooptare 
il movimento per servire i propri interessi ed auto-legittimarsi".  E i 
timori della vigilia si sono concretizzati in particolar modo a Ramallah, 
dove Fatah ha di fatto preso il controllo della dimostrazione monopolizzando 
la piazza centrale di al-Manara.