grazie laura per le informazioni ... le studierò attentamente
Il giorno 17/mar/11, alle ore 11:44, laura picchi ha scritto:
> http://cronologia.leonardo.it/storia/a1863b.htm
>
>
> Dopo l' "invenzione" del "contrassegno per marchiare gli ebrei con  
> un panno sulla spalla" (vedi AMEDEO VIII DI SAVOIA) - quindi un  
> precursore dello "antisemitismo" hitleriano - nel 1863 un altro  
> sabaudo inventava i "lager", e le "vasche di calce" per scioglierci  
> dentro i cadaveri dei reclusi soccombenti borbonici.
> 1863 - cronologia di un anno infame
>  la pulizia etnica piemontese
> I LAGER SABAUDI
> IL TALLONE DI FERRO DEI SAVOIA - Dopo la conquista del Sud, 5212  
> condanne a morte.
> Prigionieri e ribelli puniti con decreti e una legge del 1863
> MIGLIAIA DI SOLDATI BORBONICI
> DEPORTATI NEI LAGER DEL NORD
> di STEFANIA MAFFEO
>
> Il "lager" di Fenestrelle. La ciclopica sabauda cortina bastionata
>
> Cinquemiladuecentododici condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi  
> rasi al suolo, 1 milione di morti. Queste le cifre della repressione  
> consumata all'indomani dell'Unità d'Italia dai Savoia. La prima  
> pulizia etnica della modernità occidentale operata sulle popolazioni  
> meridionali dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo  
> Minghetti del 15 agosto 1863 "… per la repressione del brigantaggio  
> nel Meridione"[1].
>
> Questa legge istituiva, sotto l'egida savoiarda, tribunali di guerra  
> per il Sud ed i soldati ebbero carta bianca, le fucilazioni, anche  
> di vecchi, donne e bambini, divennero cosa ordinaria e non  
> straordinaria. Un genocidio la cui portata è mitigata solo dalla  
> fuga e dall'emigrazione forzata, nell'inesorabile comandamento di  
> destino: "O briganti, o emigranti".
>
> Lemkin, che ha definito il primo concetto di genocidio, sosteneva:  
> "… genocidio non significa necessariamente la distruzione immediata  
> di una nazione…esso intende designare un piano coordinato di  
> differenti azioni miranti a distruggere i fondamenti essenziali  
> della vita dei gruppi nazionali. Obiettivi di un piano siffatto  
> sarebbero la disintegrazione delle istituzioni politiche e sociali,  
> della cultura, della lingua, dei sentimenti nazionali, della  
> religione e della vita economica dei gruppi nazionali e la  
> distruzione della sicurezza personale, della libertà, della salute,  
> della dignità e persino delle vite degli individui…non a causa delle  
> loro qualità individuali, ma in quanto membri del gruppo nazionale".
>
> Deportazioni, l'incubo della reclusione, persecuzione della Chiesa  
> cattolica, profanazioni dei templi, fucilazioni di massa, stupri,  
> perfino bambine (figlie di "briganti") costretti ai ferri carcerari.
> Una pagina non ancora scritta è quella relativa alle carceri in cui  
> furono rinchiusi i soldati "vinti". Il governo piemontese dovette  
> affrontare il problema dei prigionieri, 1700 ufficiali dell'esercito  
> borbonico (su un giornale satirico dell'epoca era rappresentata la  
> caricatura dell'esercito borbonico: il soldato con la testa di  
> leone, l'ufficiale con la testa d'asino, il generale senza testa) e  
> 24.000 soldati, senza contare quelli che ancora resistevano nelle  
> fortezze di Gaeta, Messina e Civitella del Tronto.
>
> Ma il problema fu risolto con la boria del vincitore, non con la  
> pietas che sarebbe stata più utile, forse necessaria. Un primo  
> tentativo di risolvere il problema ci fu con il decreto del 20  
> dicembre 1860, anche se le prime deportazioni dei soldati  
> duosiciliani incominciarono già verso ottobre del 1860, in quanto la  
> resistenza duosiciliana era iniziata con episodi isolati e non  
> coordinati nell'agosto del 1860, dopo lo sbarco dei garibaldini e  
> dalla stampa fu presentata come espressione di criminalità comune.  
> Il decreto chiamava alle armi gli uomini che sarebbero stati di leva  
> negli anni dal 1857 al 1860 nell'esercito delle Due Sicilie, ma si  
> rivelò un fallimento. Si presentarono solo 20.000 uomini sui  
> previsti 72.000; gli altri si diedero alla macchia e furono chiamati  
> "briganti". (nel '43, dopo l'8 settembre, accadde quasi la stessa  
> cosa, ma dato che vinsero (gli anglo-americani) la lotta la  
> chiamarono di "resistenza" , e gli uomini "partigiani". Ndr.)
>
> A migliaia questi uomini furono concentrati dei depositi di Napoli o  
> nelle carceri, poi trasferiti con il decreto del 20 gennaio 1861,  
> che istituì "Depositi d'uffiziali d'ogni arma dello sciolto esercito  
> delle Due Sicilie".
> La Marmora ordinò ai procuratori di "non porre in libertà nessuno  
> dei detenuti senza l'assenso dell'esercito".
> Per la maggior parte furono stipati nelle navi peggio degli animali  
> (anche se molti percorsero a piedi l'intero tragitto) e fatti  
> sbarcare a Genova, da dove, attraversando laceri ed affamati la via  
> Assarotti, venivano smistati in vari campi di concentramento  
> istituiti a Fenestrelle, S. Maurizio Canavese, Alessandria, nel  
> forte di S. Benigno in Genova, Milano, Bergamo, Forte di Priamar  
> presso Savona, Parma, Modena, Bologna, Ascoli Piceno ed altre  
> località del Nord.
>
> Presso il Forte di Priamar fu relegato l'aiutante maggiore Giuseppe  
> Santomartino, che difendeva la fortezza di Civitella del Tronto.  
> Alla caduta del baluardo abruzzese, Santomartino fu processato dai  
> (vincitori) Piemontesi e condannato a morte. In seguito alle  
> pressioni dei francesi la condanna fu commutata in 24 anni di  
> carcere da scontare nel forte presso Savona. Poco dopo il suo  
> arrivo, una notte, fu trovato morto, lasciando moglie e cinque  
> figli. Si disse che aveva tentato di fuggire. Un esempio di morte  
> sospetta su cui non fu mai aperta un'inchiesta per accertare le vere  
> cause del decesso.
>
> In quei luoghi, veri e propri lager, ma istituiti per un trattamento  
> di "correzione ed idoneità al servizio", i prigionieri, appena  
> coperti da cenci di tela, potevano mangiare una sozza brodaglia con  
> un po' di pane nero raffermo, subendo dei trattamenti veramente  
> bestiali, ogni tipo di nefandezze fisiche e morali. Per oltre dieci  
> anni, tutti quelli che venivano catturati, oltre 40.000, furono  
> fatti deliberatamente morire a migliaia per fame, stenti,  
> maltrattamenti e malattie.
>
> Quelli deportati a Fenestrelle [2], fortezza situata a quasi duemila  
> metri di altezza, sulle montagne piemontesi, sulla sinistra del  
> Chisone, ufficiali, sottufficiali e soldati (tutti quei militari  
> borbonici che non vollero finire il servizio militare obbligatorio  
> nell'esercito sabaudo, tutti quelli che si dichiararono apertamente  
> fedeli al Re Francesco II, quelli che giurarono aperta resistenza ai  
> piemontesi) subirono il trattamento più feroce.
>
> Fenestrelle (nella foto di apertura) più che un forte, era un  
> insieme di forti, protetti da altissimi bastioni ed uniti da una  
> scala, scavata nella roccia, di 4000 gradini. Era una ciclopica  
> cortina bastionata cui la naturale asperità dei luoghi ed il rigore  
> del clima conferivano un aspetto sinistro. Faceva tanto spavento  
> come la relegazione in Siberia. I detenuti tentarono anche di  
> organizzare una rivolta il 22 agosto del 1861 per impadronirsi della  
> fortezza, ma fu scoperta in tempo ed il tentativo ebbe come  
> risultato l'inasprimento delle pene con i più costretti con palle al  
> piede da 16 chili, ceppi e catene.
>
> Erano stretti insieme assassini, sacerdoti, giovanetti, vecchi,  
> miseri popolani e uomini di cultura. Senza pagliericci, senza  
> coperte, senza luce. Un carcerato venne ucciso da una sentinella  
> solo perché aveva proferito ingiurie contro i Savoia. Vennero  
> smontati i vetri e gli infissi per rieducare con il freddo i  
> segregati. Laceri e poco nutriti era usuale vederli appoggiati a  
> ridosso dei muraglioni, nel tentativo disperato di catturare i  
> timidi raggi solari invernali, ricordando forse con nostalgia il  
> caldo di altri climi mediterranei.
>
> Spesso le persone imprigionate non sapevano nemmeno di cosa fossero  
> accusati ed erano loro sequestrati tutti i beni. Spesso la ragione  
> per cui erano stati catturati era proprio solo per rubare loro il  
> danaro che possedevano. Molti non erano nemmeno registrati, sicché  
> solo dopo molti anni venivano processati e condannati senza alcuna  
> spiegazione logica.
>
> Pochissimi riuscirono a sopravvivere: la vita in quelle condizioni,  
> anche per le gelide temperature che dovevano sopportare senza alcun  
> riparo, non superava i tre mesi. E proprio a Fenestrelle furono  
> vilmente imprigionati la maggior parte di quei valorosi soldati che,  
> in esecuzione degli accordi intervenuti dopo la resa di Gaeta,  
> dovevano invece essere lasciati liberi alla fine delle ostilità.
> Dopo sei mesi di eroica resistenza dovettero subire un trattamento  
> infame che incominciò subito dopo essere stati disarmati, venendo  
> derubati di tutto e vigliaccamente insultati dalle truppe piemontesi.
>
> La liberazione avveniva solo con la morte ed i corpi (non erano  
> ancora in uso i forni crematori) venivano disciolti nella calce viva  
> collocata in una grande vasca situata nel retro della chiesa che  
> sorgeva all'ingresso del Forte. Una morte senza onore, senza tombe,  
> senza lapidi e senza ricordo, affinché non restassero tracce dei  
> misfatti compiuti. Ancora oggi, entrando a Fenestrelle, su un muro è  
> ancora visibile l'iscrizione: "Ognuno vale non in quanto è ma in  
> quanto produce".
> (ricorda molto la scritta dei lager nazisti "
>
> Non era più gradevole il campo impiantato nelle "lande di San  
> Martino" presso Torino per la "rieducazione" dei militari sbandati,  
> rieducazione che procedeva con metodi di inaudita crudeltà. Così, in  
> questi luoghi terribili, i fratelli "liberati", maceri, cenciosi,  
> affamati, affaticati, venivano rieducati e tormentati dai fratelli  
> "liberatori".
>
> Altre migliaia di "liberati" venivano confinati nelle isole, a  
> Gorgonia, Capraia, Giglio, all'Elba, Ponza, in Sardegna, nella  
> Maremma malarica. Tutte le atrocità che si susseguirono per anni  
> sono documentate negli Atti Parlamentari, nelle relazioni delle  
> Commissioni d'Inchiesta sul Brigantaggio, nei vari carteggi  
> parlamentari dell'epoca e negli Archivi di Stato dei capoluoghi dove  
> si svolsero i fatti.
>
> Francesco Proto Carafa, duca di Maddaloni, sosteneva in Parlamento:  
> "Ma che dico di un governo che strappa dal seno delle famiglie tanti  
> vecchi generali, tanti onorati ufficiali solo per il sospetto che  
> nutrissero amore per il loro Re sventurato, e rilegagli a vivere  
> nelle fortezze di Alessandria ed in altre inospitali terre del  
> Piemonte…Sono essi trattati peggio che i galeotti. Perché il governo  
> piemontese abbia a spiegar loro tanto lusso di crudeltà? Perché  
> abbia a torturare con la fame e con l'inerzia e la prigione uomini  
> nati in Italia come noi?".
>
> Ma della mozione presentata non fu autorizzata la pubblicazione  
> negli Atti Parlamentari, vietandosene la discussione in aula [3]. Il  
> generale Enrico Della Rocca, che condusse l'assedio di Gaeta, nella  
> sua autobiografia riporta una lettera alla moglie, in cui dice:  
> "Partiranno, soldati ed ufficiali, per Napoli e Torino...",  
> precisando, a proposito della resa di Capua, "...le truppe furono  
> avviate a piedi a Napoli per essere trasportate in uno dei porti di  
> S.M. il Re di Sardegna. Erano 11.500 uomini" [4].
>
> Alfredo Comandini, deputato mazziniano dell'età giolittiana, che  
> compilò "L'Italia nei Cento Anni (1801-1900) del secolo XIX giorno  
> per giorno illustrata", riporta un'incisione del 1861, ripresa da  
> "Mondo Illustrato" di quell'anno, raffigurante dei soldati borbonici  
> detenuti nel campo di concentramento di S. Maurizio, una località  
> sita a 25 chilometri da Torino. Egli annota che, nel settembre del  
> 1861, quando il campo fu visitato dai ministri Bastogi e Ricasoli,  
> erano detenuti 3.000 soldati delle Due Sicilie e nel mese successivo  
> erano arrivati a 12.447 uomini.
>
> Il 18 ottobre 1861 alcuni prigionieri militari e civili capitolati a  
> Gaeta e prigionieri a Ponza scrissero a Biagio Cognetti, direttore  
> di "Stampa Meridionale", per denunciare lo stato di detenzione in  
> cui versavano, in palese violazione della Capitolazione, che  
> prevedeva il ritorno alle famiglie dei prigionieri dopo 15 giorni  
> dalla caduta di Messina e Civitella del Tronto ed erano già  
> trascorsi 8 mesi. Il 19 novembre 1861 il generale Manfredo Fanti  
> inviava un dispaccio al Conte di Cavour chiedendo di noleggiare  
> all'estero dei vapori per trasportare a Genova 40.000 prigionieri di  
> guerra. Cavour così scriveva al luogotenente Farini due giorni dopo:  
> "Ho pregato La Marmora di visitare lui stesso i prigionieri  
> napoletani che sono a Milano", ammettendo, in tal modo, l'esistenza  
> di un altro campo di prigionia situato nel capoluogo lombardo per  
> ospitare soldati napoletani.
>
> Questa la risposta del La Marmora: "…non ti devo lasciar ignorare  
> che i prigionieri napoletani dimostrano un pessimo spirito. Su 1600  
> che si trovano a Milano non arriveranno a 100 quelli che  
> acconsentono a prendere servizio. Sono tutti coperti di rogna e di  
> verminia…e quel che è più dimostrano avversione a prendere da noi  
> servizio. Jeri a taluni che con arroganza pretendevano aver il  
> diritto di andare a casa perché non volevano prestare un nuovo  
> giuramento, avendo giurato fedeltà a Francesco Secondo, gli  
> rinfacciai altamente che per il loro Re erano scappati, e ora per la  
> Patria comune, e per il Re eletto si rifiutavano a servire, che  
> erano un branco di car…che avessimo trovato modo di metterli alla  
> ragione".
>
> Le atrocità commesse dai Piemontesi si volsero anche contro i  
> magistrati, i dipendenti pubblici e le classi colte, che  
> resistettero passivamente con l'astensione ai suffragi elettorali e  
> la diffusione ad ogni livello della stampa legittimista clandestina  
> contro l'occupazione savoiarda. Particolarmente eloquente è anche un  
> brano tratto da Civiltà Cattolica: "Per vincere la resistenza dei  
> prigionieri di guerra, già trasportati in Piemonte e Lombardia, si  
> ebbe ricorso ad un espediente crudele e disumano, che fa fremere.  
> Quei meschinelli, appena coperti da cenci di tela, rifiniti di fame  
> perché tenuti a mezza razione con cattivo pane ed acqua ed una sozza  
> broda, furono fatti scortare nelle gelide casematte di Fenestrelle e  
> d'altri luoghi posti nei più aspri luoghi delle Alpi. Uomini nati e  
> cresciuti in clima sì caldo e dolce, come quello delle Due Sicilie,  
> eccoli gittati, peggio che non si fa coi negri schiavi, a spasimare  
> di fame e di stento per le ghiacciaie".
>
> Ancora possiamo leggere dal diario del soldato borbonico Giuseppe  
> Conforti, nato a Catanzaro il 14.3.1836 (abbreviato per amor di  
> sintesi): "Nella mia uscita fu principio la guerra del 1860, dopo  
> questa campagna che per aver tradimenti si sono perduto tutto e noi  
> altri povere soldati manggiando erba dovettimo fuggire, aggiunti  
> alla provincia della Basilicata sortí un prete nemico di Dio e del  
> mondo con una porzione di quei giudei e ci voleva condicendo che  
> meritavamo di essere uccisi per la federtà che avevamo portato allo  
> notro patrone. Ci hanno portato innanzi a un carnefice Piemontesa  
> condicendo perché aveva tardato tanto ad abbandonare quell'assassino  
> di Borbone. Io li sono risposto che non poteva giammai abbandonarlo  
> perché aveva giurato fedeltà a lui e lui mi à ditto che dovevo  
> tornare indietro asservire sotto la Bandiera d' Italia. Il terzo  
> giorno sono scappato, giunto a Girifarchio dove teneva mio fratello  
> sacerdote vedendomi redutto a quello misero stato e dicendo mal del  
> mio Re io li risposi che il mio Re no aveva colpa del nostri  
> patimenti che sono stato le nostri soperiori traditori; siamo fatto  
> questioni e lo sono lasciato".
> "Allo mio paese sono stato arrestato e dopo 7 mesi di scurre  
> priggione mi anno fatto partire per il Piemonte. Il 15 gennaio del  
> 1862 ci anno portato affare il giuramento, in quello stesso anno  
> sono stato 3 volte all'ospidale e in pregiona a pane e accua.  
> Principio del 1863 fuggito da sotto le armi di vittorio, il 24 sono  
> giunto in Roma, il giorno 30 sono andato alludienza del mio  
> desiderato e amato dal Re', Francesco 2 e li ò raccontato tutti i  
> miei ragioni"[5].
>
> Vittorio Emanuele II, il re vittorioso...
>
> ...e Francesco II, il re vinto, nella fortezza di Gaeta
>
> Un ulteriore passo avanti nella studio di questa fase poco "chiara"  
> del post unificazione è stato fatto recentemente, quando un  
> ricercatore trovò dei documenti presso l'Archivio Storico del  
> Ministero degli Esteri attestanti che, nel 1869, il governo italiano  
> voleva acquistare un'isola dall'Argentina per relegarvi i soldati  
> napoletani prigionieri, quindi dovevano essere ancora tanti [6].
> Questi uomini del Sud finirono i loro giorni in terra straniera ed  
> ostile, certamente con il commosso ricordo e la struggente nostalgia  
> della Patria lontana. Molti di loro erano poco più che ragazzi [7].
>
> Era la politica della criminalizzazione del dissenso, il rifiuto di  
> ammettere l'esistenza di valori diversi dai propri, il rifiuto di  
> negare ai "liberati" di credere ancora nei valori in cui avevano  
> creduto. I combattenti delle Due Sicilie, i soldati dell'ex esercito  
> borbonico ed i tanti civili detenuti nei "lager dei Savoia", uomini  
> in gran parte anonimi per la pallida memoria che ne è giunta fino a  
> noi, vissero un eroismo fatto di gesti concreti, ed in molti casi  
> ordinari, a cui non è estraneo chiunque sia capace di adempiere  
> fedelmente il proprio compito fino in fondo, sapendo opporsi ai  
> tentativi sovvertitori, con la libertà interiore di chi non si  
> lascia asservire dallo "spirito del tempo".
> STEFANIA MAFFEO
> NOTE
> [1] Legge Pica:
> " Art.1: Fino al 31 dicembre nelle province infestate dal  
> brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con decreto reale, i  
> componenti comitiva, o banda armata composta almeno di tre persone,  
> la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per  
> commettere crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati  
> dai tribunali militari;
> Art.2: I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano  
> oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la  
> fucilazione;
> Art.3: Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti, o si  
> costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla  
> pubblicazione della presente legge, la diminuzione da uno a tre  
> gradi di pena;
> Art.4: Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare, per un tempo  
> non maggiore di un anno, un domicilio coatto agli oziosi, ai  
> vagabondi, alle persone sospette, secondo la designazione del Codice  
> Penale, nonché ai manutengoli e camorristi;
> Art.5: In aumento dell'articolo 95 del bilancio approvato per 1863 è  
> aperto al Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire  
> per sopperire alle spese di repressione del brigantaggio. (Fonte:  
> Atti parlamentari. Camera dei Deputati)
> [2] Il luogo non era nuovo a situazioni del genere perché già  
> Napoleone se ne era servito per detenervi i prigionieri politici ed  
> un illustre napoletano, Don Vincenzo Baccher, il padre degli eroici  
> fratelli realisti fucilati dalla Repubblica Partenopea il 13 giugno  
> del 1799, che vi aveva passato 9 anni, dal 1806 al 1815, tornando a  
> Napoli alla venerabile età di 82 anni.
> [3] Giovanni De Matteo, Brigantaggio e Risorgimento - legittimisti e  
> briganti tra i Borbone ed i Savoia, Guida Editore, Napoli, 2000.
> [4] Questa informazione e tutte le seguenti sono state reperite nei  
> saggi "I campi di concentramento", di Francesco Maurizio Di Giovine,  
> nella rivista L'Alfiere, Napoli, novembre 1993, pag. 11 e "A  
> proposito del campo di concentramento di Fenestrelle", dello stesso  
> autore, pubblicato su L'Alfiere, dicembre 2002, pag. 8.
> [5] Fulvio Izzo, I Lager dei Savoia, Controcorrente, Napoli 1999.
> [6] S. Grilli, Cayenna all'italiana, Il Giornale, 22 marzo 1997.
> [7] Sul sito www.duesicilie.org/Caduti.html è possibile ritrovare i  
> nomi, con data di nascita e provenienza di alcuni martiri di  
> Fenestrelle, nel periodo compreso tra il 1860 ed il 1865. Erano poco  
> più che ragazzi: il più giovane aveva 22 anni, il più vecchio 32.
> Questa pagina
> (concessa solo a Cronologia)
> è stata offerta gratuitamente
> dal direttore di
> http://www.storiain.net
>
> vedi    BRIGANTAGGIO: LA GUERRA DEI POVERI >
> vedi L'INSABBIAMENTO CULTURALE DELLA "QUESTIONE MERIDIONALE" >
> vedi I BRIGANTI? VI DICO IO CHI SONO! >
>
> From: impossibilepentirsi@???
> To: m.ciancarella@???; info@???; m.marcucci@??? 
> ; marisa.pareto@???; rsensi@???; mrseye@???; forumlucca@??? 
> ;lucca@???; lucca@???; sensi99@???; alessiociacci@??? 
> ; salahchfouka@???; gicavalli@???; giovanna.duranti@??? 
> ;la.gurfata@???; lista123lm@???
> Subject: unità d'Italia: due note scritte da un anarchico lucano su  
> cui riflettere e da approfondire.....
> Date: Thu, 17 Mar 2011 10:34:38 +0100
>
> Perchè l'Italia sia davvero una e indivisibile come scritto nella  
> Costituzione del 1948 e gli italiani si sentano uniti come popolo da  
> nord a sud, dal continente alle isole, superando campanilismi e  
> razzismi, evitando di rivivere un neomedioevalismo di neosignorie e  
> neocomuni o di ripiombare in un'epoca neonazifascista dove la  
> propria nazione e razza sia considerata superiore alle altre e  
> dunque le altre nazioni e popoli si pensa di avere il diritto di  
> annientare, ci deve anche essere la verità sulla storia d'Italia di  
> questi 150 anni che è una sola e quasi mai/mai è quella "scritta dai  
> vincitori" : ecco perchè porto alla vostra attenzione queste due  
> note di questo anarchico lucano, comunque da verificare punto per  
> punto sulla documentazione da cui sono prese queste notizie. In  
> queste due note l'autore non cita le sue fonti e dunque  
> indipendentemente da chi scrive, dalla sua cultura e convinzioni  
> politiche i contenuti vanno verificati punto per punto con studio e  
> ricerca,  quando non si è a conoscenza come la sottoscritta dei  
> fatti storici in esse denunciati, studio e ricerca che non ho potuto  
> fare e dunque vi prego di prendere con cautela quanto scritto in  
> queste 2 note che porto alla vostra attenzione e se l'argomento vi  
> interessa, come interessa a me potrete di certo approfondire voi  
> stessi come farò io appena ne avrò il tempo quanto scritto in queste  
> 2 note. laura picchi
>
> 1861-2011: Il Genocidio dei Terroni
>
> pubblicata da Nico Guevara brigante lucano il giorno mercoledì 16  
> marzo 2011 alle ore 8.04
> Non tutti sanno che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti  
> fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per  
> sempre molti paesi, in operazioni “anti-terrorismo”, come i marines  
> in Iraq.
>
> Non tutti sanno che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di  
> stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il  
> conflitto etnico; o come i marocchinidelle truppe francesi, in  
> Ciociaria, nell’invasione, da Sud, per redimere l’Italia dal  
> fascismo (ogni volta che viene liberato, il Mezzogiorno ci rimette  
> qualcosa).
>
> Non tutti sanno che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli  
> d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali,  
> come i Lanzichenecchi a Roma.
> E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i  
> francesi in Algeria, Pinochet in Cile.
> In Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la  
> ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di «Tamerlano, Gengis  
> Khan e Attila».
>
> Non tutti sanno che si incarcerarono i meridionali senza accusa,  
> senza processo e senza condanna, come è accaduto con gl’islamici a  
> Guantánamo. Lì qualche centinaio, terroristi per definizione, perché  
> musulmani; da noi centinaia di migliaia, briganti per definizione,  
> perché meridionali. E, se bambini, briganti precoci; se donne,  
> brigantesse o mogli, figlie, di briganti; o consanguinei di briganti  
> (sino al terzo grado di parentela); o persino solo paesani o  
> sospetti tali. Tutto anorma di legge, si capisce, come in Sudafrica,  
> con l’apartheid. Grazie alla Legge Pica, promulgata dal governo  
> Minghetti, una legge simile, grazie a Nazi-Cossiga, servì oltre un  
> secolo dopo per sterminare i nuovi Briganti.
>
> Non tutti sanno che i briganti fossero guerriglieri per difendere il  
> proprio paese invaso.
>
> Non tutti sanno che il paesaggio del Sud divenne come quello del  
> Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano  
> sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia.
>
> Non tutti sanno che i primi campi di concentramento e sterminio in  
> Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi  
> morire gli italiani del Sud, amigliaia, forse decine di migliaia  
> (non si sa, perché li squagliavano nella calce).
>
> Non tutti sanno che il ministero degli Esteri dell’Italia unita  
> cercò per anni «una landa desolata», fra Patagonia, Borneo, per  
> deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti.
>
> Non tutti sanno che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono  
> le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando  
> persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire  
> immensi patrimoni privati.
>
> Non tutti sanno che i Mille fossero quasi tutti avanzi di galera.
>
> Non tutti sanno che, a Italia così unificata, imposero una tassa  
> aggiuntiva ai meridionali, per pagare le spese della guerra di  
> conquista del Sud, fatta senza nemmeno dichiararla.
>
> Non tutti sanno che l’occupazione del Regno delle Due Sicilie fosse  
> stata decisa, progettata, protetta da Inghilterra e Francia, e  
> parzialmente finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi, sino  
> al gran maestro Armando Corona, nel 1988).
>
> Non tutti sanno che il Regno delle Due Sicilie fosse, fino al  
> momento dell’aggressione, uno dei paesi più industrializzati del  
> mondo (terzo, dopo Inghilterra e Francia, prima di essere invaso).
> Non tutti sanno che l’Italia unita facesse pagare più tasse a chi  
> stentava e moriva di malaria nelle caverne dei Sassi di Matera,  
> rispetto ai proprietari delle ville sul lago di Como.
>
> Abbiamo sempre creduto ai libri di storia, alla leggenda di  
> Garibaldi…la storia la scrive chi vince…
>
>
>
>
> 1861-2011:IL PRIMO LAGER AL MONDO, FENESTRELLE! Leggete questa  
> storia,leggetela con attenzione e con una lacrima nel cuore.
>
> pubblicata da Nico Guevara Brigante Lucano il giorno giovedì 17  
> marzo 2011 alle ore 8.41
> Il primo campo di sterminio dell’era moderna era piemontese e vi  
> morirono migliaia di soldati delle Due Sicilie.
> All’entrata le parole: “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto  
> produce”.
> Gli storici continuano a voler ignorare una storia piena di dolore,  
> disperazione e di morte che da quasi 150 anni aspetta di essere  
> scritta sui testi scolastici. L’esempio piú emblematico di questa  
> continua censura storica è il Lager di Fenestrelle.
> Ma facciamo un piccolo passo indietro, cosa ha comportato l’Unità  
> d’Italia? Le cifre ufficiali, anche se molto sottovalutate, sono  
> terrificanti: 5212 condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al  
> suolo, 1 milione di morti. Una vera e propria repressione consumata  
> all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia e forse la si può  
> definire come la prima pulizia etnica dell’epoca moderna, operata  
> sulle popolazioni meridionali, dettata dalla Legge Pica, promulgata  
> dal governo Minghetti.
>
> Se queste argomentazioni ci indignano, niente può farci venire il  
> ribrezzo piú delle vicende che hanno coinvolto il forte di  
> Fenestrelle dal 1860 al 1870.
> In quel periodo si concretizzò il primo campo di sterminio della  
> storia moderna, in esso trovarono la morte piú di 8.000 soldati del  
> Regno delle Due Sicilie, ai quali va aggiunto un numero imprecisato  
> di letterati, preti, briganti e miseri contadini.
> Ma tutto ciò continua ad essere ignorato dalle menti illustri della  
> storiografia “ufficiale” italiana e dai letterati; addirittura sul  
> sito dell’Amministrazione Provinciale la fortezza viene presentata  
> come “Monumento simbolo della Provincia di Torino“ (con tanto di  
> foto in notturna per decantarne implicitamente la bellezza), mentre  
> sul sito ufficiale del Forte, si invita alla devoluzione del 5 per  
> mille!
>
> Sempre sul sito De Amicis scrive:
> «Uno dei piú straordinari edifizi che possa aver mai immaginato un  
> pittore di paesaggi fantastici: una sorta di gradinata titanica,  
> come una cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso  
> gigantesco e triste di costruzioni, che offriva non so che aspetto  
> misto di sacro e di barbarico, come una necropoli guerresca o una  
> rocca mostruosa, innalzata per arrestare un’invasione di popoli, o  
> per contener col terrore milioni di ribelli. Una cosa strana,  
> grande, bella davvero. Era la fortezza di Fenestrelle». Si chiude  
> con «Guardiano immobile e supremo della nostra indipendenza e del  
> nostro onore».
> È la pura esaltazione dell’inferno! Ora immaginate se invece di  
> Fenestrelle si parlasse di Auschwitz, e con in mente il nome del  
> famoso lager nazista rileggete le parole di De Amicis appena sopra  
> riportate!!
> Noi popolo meridionale abbiamo l’obbligo morale di dire tutte le  
> verità sulla cieca e razzista politica di aggressione che i Savoia e  
> i Piemontesi hanno fatto nelle nostre meravigliose regioni!
> Di seguito la vera storia, quella che non troverete mai nei testi  
> scolastici dei vostri figli, leggetela con attenzione e con una  
> lacrima nel cuore.
>
> Fenestrelle, storia di un lager sconosciuto
>
>
> “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”.
> È l’iscrizione che un visitatore legge oggi su un muro, entrando a  
> Fenestrelle, fortezza ubicata sulle montagne piemontesi dove, dal  
> 1860 al 1870, furono deportati i migliaia di meridionali che si  
> opposero all’unità d’Italia e alla colonizzazione piemontese.
> Gli internati erano soprattutto poveri contadini ed ex soldati  
> borbonici, gli stessi che sarebbero morti di stenti e vessazioni  
> perpetrati da chi si reputava un liberatore!
> Un insieme di forti protetti da altissimi bastioni ed uniti da una  
> scala di 4000 gradini scavata nella roccia: ecco cos’era a quel  
> tempo Fenestrelle, una gigantesca cortina fortificata resa ancor piú  
> spettrale dalla naturale asperità di quei luoghi e dalla rigidità  
> del clima.
> Assassini, sacerdoti, giovani, vecchi, miseri popolani e uomini di  
> cultura privi di luce e coperte, senza neanche un pagliericcio  
> lottavano tra la vita e la morte in condizioni disumane; perfino i  
> vetri e gli infissi venivano smontati per rieducare con il freddo i  
> segregati.
>
> Laceri e poco nutriti passavano le giornate standosene appoggiati ai  
> muraglioni nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi di  
> sole invernali, e chissà che in quei momenti non ricordassero con  
> nostalgia il calore di climi piú mediterranei.
> Pochissimi riuscirono a sopravvivere: le aspettative di vita in  
> quelle condizioni non superavano i tre mesi e spesso i carcerati  
> venivano uccisi anche solo per aver proferito ingiurie contro i  
> Savoia.
> Nessuna spiegazione logica dunque alla base della loro misera  
> prigionia, molti non erano nemmeno registrati, da qui la difficoltà  
> di conoscere oggi il numero preciso dei morti, processati e non.
> E proprio a Fenestrelle furono imprigionati la maggior parte di quei  
> soldati che, subito dopo la resa di Gaeta nel 1861, avrebbero dovuto  
> trovare la libertà. Dopo sei mesi di eroica resistenza dovettero,  
> invece, subire un trattamento infame: disarmati, derubati di tutto e  
> vigliaccamente insultati dalle truppe piemontesi, morirono di stenti.
> Poi, il 22 agosto del 1861 arriva il tentativo di rivolta: uno  
> sforzo inutile, sventato per tempo dai piemontesi e che ebbe come  
> risultato l’inasprimento delle pene tra cui la costrizione di  
> portare al piede palle da 16 chili, ceppi e catene.
> L’unica liberazione possibile era dunque la morte, delle piú atroci:  
> i corpi venivano sciolti nella calce viva, collocata in una grande  
> vasca nel retro della chiesa all’ingresso del Forte. Una morte senza  
> onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinché non  
> restassero tracce dei misfatti compiuti.
>
>  I NOSTRI MORTI
> I nostri morti, i quali per quasi un secolo e mezzo sono stati  
> insultati e poi dimenticati da ogni scuola ed istituzione del  
> “nostro” Paese.
> ED OGGI TUTTI PRONTI A FESTEGGIARE CON LE BANDIERINE MACCHIATE DAL  
> SANGUE DI MIGLIAIA DI MERIDIONALI! TUTTI PRONTI A FESTEGGIARE, SENZA  
> NEMMENO SAPERE COSA REALMENTE SI FESTEGGIA, IGNARI, COME TANTI  
> “BALILLA”.
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> _______________________________________________
> Forumlucca mailing list
> Forumlucca@???
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