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Subject: unità d'Italia/ due note scritte da un anarchico lucano su cui riflettere e da approfondire: il testo della legge Pica
Date: Thu, 17 Mar 2011 11:37:11 +0100








LA LEGGE PICA






Il N. 1409 della Raccolta ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia contiene la seguente legge:
VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA
Il Senato e la Camera dei deputati hanno approvato,
Noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue:
Art. 1.
Fino al 31 dicembre corrente anno nelle Provincie infestate dal
brigantaggio, e che tali saranno dichiarate con Decreto Reale, i
componenti comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la
quale vada scorrendo le pubbliche vie o le campagne per commettere
crimini o delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai Tribunali
Militari, di cui nel libro II, parte II del Codice Penale Militare, e
con la procedura determinata dal capo III del detto libro.
Art. 2.
I colpevoli del reato di brigantaggio, i quali armata mano oppongono
resistenza alla forza pubblica, saranno puniti colla fucilazione, o co'
lavori forzati a vita concorrendovi circostanze attenuanti. A coloro che
non oppongono resistenza, non che ai ricettatori e somministratori di
viveri, notizie ed ajuti di ogni maniera, sarà applicata la pena de'
lavori forzati a vita, e concorrendovi circostanze attenuanti il maximum de' lavori forzati a tempo.
Art. 3.
Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti o si costituiranno
volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della
presente legge la diminuzione da uno a tre gradi di pena. Tale
pubblicazione dovrà essere fatta per bando in ogni Comune.
Art. 4.
Il Governo avrà pure facoltà, dopo il termine stabilito nell'articolo
precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio
della diminuzione di un grado di pena.
Art. 5.
Il Governo avrà inoltre facoltà di assegnare per un tempo non maggiore
di un anno un domicilio coatto agli oziosi, a' vagabondi, alle persone
sospette, secondo la designazione del Codice penale, non che ai
camorristi, e sospetti manutengoli, dietro parere di Giunta composta del
Prefetto, del Presidente del Tribunale, del Procuratore del Re, e di
due Consiglieri Provinciali.
Art. 6.
Gl'individui, di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del
domicilio loro assegnato, andranno soggetti alla pena stabilita
dall'alinea 2 dell'articolo 29 del Codice Penale, che sarà applicata dal
competente Tribunale Circondariale.
Art. 7.
Il Governo del Re avrà facoltà di istituire compagnie o frazioni di
compagnie di Volontari a piedi od a cavallo, decretarne i regolamenti,
l'uniforme e l'armamento, nominarne gli ufficiali e bassi ufficiali ed
ordinarne lo scioglimento. I Volontarii avranno dallo Stato la diaria
stabilita per i Militi mobilizzati, il Governo però potrà accordare un
soprassoldo, il quale sarà a carico dello Stato.
Art. 8.
Quanto alle pensioni per cagione di ferite o mutilazioni ricevute in
servizio per la repressione del brigantaggio, ai Volontari ed alle
Guardie Nazionali saranno applicate le disposizioni degli art. 3, 22,
28, 29, 30 e 32 della Legge sulle pensioni militari del 27 giugno 1850.
Il Ministero della Guerra con apposito regolamento stabilirà le norme
per accertare i fatti che danno luogo alle pensioni.
Art. 9.
In aumento del Capitolo 95 del bilancio approvato pel 1863, è aperto al
Ministero dell'Interno il credito di un milione di lire per sopperire
alle spese di repressione del brigantaggio.
Ordiniamo che la presente, munita del
Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta ufficiale delle Leggi e
de' Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di
osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Dat. a Torino addi 15 Agosto 1863.
VITTORIO EMANUELE
U. PERUZZI





VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA


Vista la legge in data del 15 corrente mese, n° 1409;
Sentito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Ministro Segretario di Stato per gli Affari dell'Interno,
Abbiamo decretato e decretiamo:
Articolo unico.
La
dichiarazione di che all'art. 1° della Legge suddetta è fatta per le
Provincie di Abruzzo Citeriore, Abruzzo Ulteriore II, Basilicata,
Benevento, Calabria Citeriore, Calabria Ulteriore II, Capitanata,
Molise, Principato Citeriore , Principato Ulteriore e Terra di Lavoro.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo
dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle Leggi e dei
Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e
di farlo osservare.
Dato a Torino addì 20 agosto 1863.
VITTORIO EMANUELE
U. PERUZZI





Il N° 1424 della Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia contiene il seguente decreto
VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA
Veduto l'art. 5 della Legge 15 agosto 1863;
Sulla proposizione del Ministro dell'Interno:
Abbiamo determinato e determiniamo
Articolo unico.
Per
l'esecuzione dell'art. 5 della Legge 15 agosto 1863 è approvato
l'annesso Regolamento vidimato d'ordine Nostro dal Ministro Segretario
di Stato per gli affari dell'Interno.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo
dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle Leggi e dei
Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e
di farlo osservare.
Dato a Torino, addì 25 agosto 1863.
VITTORIO EMANUELE
U. PERUZZI

REGOLAMENTO
PARTE PRIMA
Designazione e invio al luogo del domicilio coatto.
Art. 1.
Gli oziosi, vagabondi, le persone sospette, i camorristi e sospetti
manutengoli colpiti a termini dell'art. 5 della Legge 15 agosto 1863,
dal provvedimento del domicilio coatto, saranno inviati nei luoghi
designati dal Ministero dell'Interno.
Art. 2.
Il parere della Giunta che a termini del suddetto articolo di Legge
dichiara applicabile ad un individuo la misura del domicilio coatto sarà
trasmesso al Ministero dell'Interno.
Staranno a corredo di questo parere documenti constatanti:
1. Il nome, il cognome, l'età, la
patria, la condizione di famiglia, la professione dell'individuo ed i
mezzi di sussistenza che egli abbia, o che rimangano alla sua famiglia:
2. La classe alla quale è annoverato
secondo le designazioni fatte dal succitato art. 5 della Legge, vale a
dire se riconosciuto come ozioso, o vagabondo, o persona sospetta o
camorrista, o sospetto manutengolo;
3. Gli estratti di condanne criminali o correzionali, alle quali già sia stato sottoposto.
Art. 3.
Il Ministero dell'Interno a seconda delle risultanze di questi
documenti determina il luogo in cui l'individuo deve soggiacere al
domicilio coatto.
Art. 4.
La sua traduzione al luogo fissatogli per domicilio, in conformità
dell'art. 3, sarà dal Prefetto della provincia, in conseguenza degli
ordini ricevuti dal Ministero dell'Interno, affidata alla forza
pubblica.
Art. 5.
Il Prefetto curerà che il trasporto al luogo designato abbia per quanto
è possibile effetto simultaneamente per parecchi individui.
Provvederà però sempre che il trasporto segua in modo sicuro e tale da evitare qualunque tentativo o pericolo di evasione.
Art. 6.
Alla forza pubblica che riceve in consegna il detenuto sarà in un con
esso rimesso un estratto dei documenti di cui all'art. 2 del presente
Regolamento.
Art. 7.
La forza pubblica incaricata dell'accompagnamento di un individuo o di
più individui al luogo di domicilio coatto, deve presentarli
all'Autorità locale incaricata dal Governo di riceverli e consegnare
alla medesima i documenti accennati nell'articolo precedente.
Art. 8. L'Autorità suaccennata lascia ricevuta alla forza pubblica sia dell'individuo che dei documenti che lo riguardano.
Art. 9. Questa ricevuta sarà dalla forza consegnata al Prefetto dal quale emanò l'ordine della traduzione.
Art. 10. Ciaschedun ufficio di prefettura terrà apposito registro nel quale dovrà risultare:
1. Del nome, cognome, patria,
professione, età, condizione di famiglia d'ogni individuo contro il
quale fu determinato il domicilio coatto;
2. La data della decisione della Giunta che pronunciò il parere col nome dei costituenti la Giunta stessa;
3. Il genere d'imputazione fatta, secondo la classificazione apparente dall'art. 5 della legge 15 agosto 1863;
4. La data della determinazione ministeriale, ed il luogo dal Ministero fissato per la dimora coatta;
5. La data della consegna per la traduzione;
6. La data della ricevuta
dell'individuo e dei documenti rilasciati dall'Autorità in conformità
dell'art. 8 di questo Regolamento.
Art. 11.
Un estratto di questo registro a cura dell'ufficio di prefettura sarà,
entro il periodo di giorni dieci dal giorno in cui avrà ritirato la
ricevuta di cui al numero 6 dell'articolo precedente, trasmesso al
Ministero dell'Interno.
PARTE SECONDA
Polizia e disciplina.
Art. 12. L'individuo cui è assegnato il domicilio coatto rimane libero sotto l'osservanza delle seguenti discipline.
Art. 13.
La sorveglianza degli individui cui è assegnato il domicilio coatto,
sarà affidata agli Ufficiali di P. S. che saranno di ciò incaricati.
Il Governo provvederà a che il
Delegato od altro Ufficiale a ciò prescelto abbia a sua disposizione una
sufficiente forza pubblica.
Art. 14.
Allora che l'individuo che deve sottostare al domicilio coatto è dalla
forza pubblica presentato all'Autorità di cui all'articolo precedente,
la medesima, colla scorta dei documenti che l'accompagnano, fa le volute
annotazioni nell'apposito registro per guisa che ne emergano tutte le
risultanze di cui all'articolo 10.
Lo munisce quindi di un estratto del
presente Regolamento dal quale risultino gli obblighi a cui rimane
sottoposto e le sanzioni nelle quali incorre contravvenendovi.
Lo diffida della sorveglianza alla
quale è sottoposto, lo ammonisce a procacciarsi utile e stabile
occupazione e gli aggiunge di dichiarare fra dieci giorni l'occupazione
alla quale intende darsi e la località scelta a sua abitazione.
Art. 15.
Se l'individuo non è in grado di trovare per sè immediatamente un
alloggio, l'Ufficiale di P. S. farà che sia ricoverato nelle caserme od
in altro luogo adatto.
Art. 16.
Questa disposizione potrà in modo permanente essere applicata ai
confinati che giustifichino il loro stato di assoluta indigenza.
Art. 17.
I confinati, dopo l'ammessione alla vita libera nel luogo loro
assegnato, non potranno assentarsi da quello, nè oltrepassare i limiti
che saranno fissati nel luogo medesimo dall'Ufficiale di P. S. d'accordo
col Comandante la piazza o la guarnigione militare ivi stanziata.
Art. 18. I confinati non possono del pari esercitare il mestiere del barcaiolo, nè valersi di barche per qualsiasi ragione.
Art. 19.
I confinati dovranno far constare della loro presenza quante volte lo
richiegga l'Ufficiale di P. S. e nel modo che sarà dallo stesso
prescritto.
Art 20.
E vietato ai confinati di vagare dopo un'ora di notte. Coloro che
dovessero star fuori di casa oltre quell'ora per ragioni di negozio, di
traffico, di lavoro o di occupazione dovranno riportarne
l'autorizzazione scritta dall'Ufficiale di P. S.
Art. 21.
L'Ufficiale di P. S. di concerto col Sindaco locale prenderà le
particolari misure necessarie a garantire l'ordine e la pubblica
sicurezza senza danneggiare la libertà degli altri abitanti del luogo.
Egli concerterà del pari col Sindaco e col Comandante della piazza o
guarnigione le consegne da farsi per iscritto alla forza armata per
impedire le evasioni dei confinati, senza danneggiare ugualmente la
libertà degli altri abitanti del luogo.
Art. 22.
Se l'individuo soggetto al domicilio coatto è capo di famiglia gli
individui della famiglia che ne dipendono, ossia il coniuge ed i figli,
saranno autorizzati a recarsi presso di lui, qualora giustifichino avere
i mezzi pel viaggio e per la propria sussistenza, e qualora non vi
ostino ragioni di polizia.
Art. 23.
Saranuo titoli a speciali riguardi verso i soggetti a domicilio coatto
l'attività al lavoro, la frequenza, alle scuole che fossero istituite
nel luogo e la condotta regolare.
Art. 24.
Le prescrizioni degli articoli 112 e 113 della Legge di P.S. 13
novembre 1859 sono applicabili agli individui soggetti al domicilio
coatto.
Art. 25. Le trasgressioni a queste prescrizioni saranno punite a tenore della stessa legge.
Art. 26.
La decorrenza del domicilio coatto comincia dal dì in cui l'individuo
fu consegnato dalla forza pubblica all'autorità competente.
Art. 27.
Se l'individuo sia chiamato a comparire dinanzi a qualunque Giudice o
Tribunale fuori del luogo del domicilio coatto, vi sarà tradotto dalla
pubblica forza e depositato nelle pubbliche carceri.
Cessata la causa per cui fu chiamato sarà restituito nello stesso modo al luogo del domicilio coatto.
Art. 28. Il tempo passato in carcere per qualsiasi titolo non è computato in quello del domicilio cotto.
Art. 29.
Saranno rassegnate al Ministero dell'Interno le domande di confinati
per cambiamento di domicilio quando giustifichino di aver altrove
assicurata stabile occupazione e presentino idonea garanzia di persona
proba.
Art. 30.
Allorché l'individuo avrà compiuto il termine del domicilio coatto,
sarà alla prima occasione inviato con foglio di via obbligatorio e con
indennità di viaggio, se ne abbisogni, al luogo nel quale avrà
dichiarato voler fissare la sua residenza.
Art. 31.
In caso di morte di un individuo durante il di lui domicilio coatto si
eseguiranno le leggi vigenti sullo stato civile, e se ne darà
contemporaneo avviso al Ministero dell'Interno.
Art. 32.
Allo scadere d'ogni trimestre sarà trasmessa dall'Ufficiale di P.S. al
Ministero dell'Interno lo stato di presenza con indicazione della
condotta mantenuta da ciascun confinato, e delle punizioni disciplinari
alle quali fu sottoposto.
Il Delegato rende pure ogni trimestre
al Ministero dell'Interno un conto generale, morale, economico,
statistico per tutti i rami di servizio a lui affidati col presente
Regolamento, e nel modo che gli sarà indicato dal Ministero medesimo.
PARTE TERZA
Disposizioni economiche
Art. 33.
Se l'individuo soggetto al coatto domicilio non si trovi per causa a
lui non imputabile in grado di procacciarsi la sussistenza, il Governo
potrà accordargli un giornaliero sussidio od in natura od in danaro a
seconda dei casi, dentro i limiti determinati dai regolamenti delle case
di pena.
Art. 34.
A cura del Governo saranno anche apprestati gli oggetti indispensabili
di casermaggio, nei casi in cui, secondo gli articoli 15 e 16, e
accordato al confinato l'alloggio.
Art. 35.
La distribuzione dei sussidi e la conservazione degli oggetti di
casermaggio somministrati dal Governo sono affidate all'Ufficiale di
P.S. il quale vi provvederà secondo le norme che gli saranno tracciate
dal Ministero dell'Interno.
Torino, addì 25 agosto 1863.
Visto d'ordine di S. M.
Il Ministro dell'Interno
U.PERUZZI











Il N° 1433 della Raccolta Ufficiale delle Leggi e dei Decreti del Regno d'Italia contiene il seguente decreto:
VITTORIO EMANUELE II
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA
Veduto l'art. 7 della Legge 15 agosto 1863, n. 1409;
Sulla proposizione del Ministro dell'Interno:
Abbiamo determinato e determiniamo
Articolo unico.
Per l'esecuzione dell'art. 7 della Legge 15
agosto 1863, n. 1409 è approvato l'annesso Regolamento vidimato d'ordine
Nostro dal Ministro Segretario di Stato per gli affari dell'Interno.
Ordiniamo che il presente Decreto, munito del Sigillo
dello Stato, sia inserto nella Raccolta ufficiale delle Leggi e dei
Decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e
di farlo osservare.
Dato a Torino, addì 30 agosto 1863.
VITTORIO EMANUELE
U. PERUZZI

REGOLAMENTO
Per la formazione di squadre d'uomini a piedi ed a cavallo per la repressione del brigantaggio.
Art. 1.
Occorrendo in qualche provincia del Regno di valersi della facoltà
conceduta al Governo dall'articolo 7 della Legge 15 agosto 1863, n.
1409, per la repressione del brigantaggio, il Ministro dell'Interno su
richiesta del Prefetto, il quale sentirà il Comandante della zona, potrà
decretare l'impiego di squadre di uomini a piedi od a cavallo che
volontariamente si offrono ad un tale servizio.
Art. 2. La forza di una squadra non potrà eccedere i trenta uomini nè essere inferiore a dieci.
Art. 3.
Le squadre saranno date in sussidio alla forza delle stazioni dei
Carabinieri e poste sotto l'immediata dipendenza del Comandante la
stazione.
Però tra gli uomini della squadra potrà essere nominato un sergente e per ogni dieci uomini un caporale.
La nomina di detti graduati spetta al Prefetto.
Art. 4. Le condizioni di ammessione nelle squadre sono le seguenti:
1. Età dagli anni 18 ai 35;
2. Costituzione sana e robusta;
3. Fede di perquisizione netta da condanna per crimini o delitti;
4. Attestato di buona condotta dell'Autorità Municipale e dei R. Carabinieri;
Saranno però prescelti di preferenza i guardiani, i cacciatori, i guardaboschi e pastori.
Sull'avviso favorevole del Comandante
dell'Arma dei R. Carabinieri potranno essere ammessi individui al
dissopra di trentacinque anni.
Art. 5. La ferma non potrà essere maggiore di tre mesi.
Art. 6. Ogni individuo che fa parte d'una squadra a piedi godrà, per diana L. 0 73 e soprassoldo L. 1 27 e così in totale L. 2.
Il sergente avrà di più L. 0 75 ed il caporale L. 0 25, nè avranno altre competenze.
Gl'individui che fanno parte delle
squadre a cavallo avranno per diana L. 0 73 e per soprassoldo L. 4 27 e
così in totale L. 5 al giorno.
Il sergente avrà di più cent. 75 e cent. 23 il caporale, nè avranno altre competenze nè per sè, nè per i cavalli.
Art. 7. Gli uomini a cavallo devono provvedersi i cavalli e mantenerli a loro spese.
Se la razione di foraggio è data in natura per cura dei Municipi, sarà calcolata una lira.
Art. 8. Ciascun uomo ha dritto a queste competenze dal giorno che contrae la ferma, sino a quello in cui la ferma cessa.
Art. 9. Le paghe sono corrisposte posticipatamente per ogni decade.
Art. 10.
Il Comandante dell'Arma dei Carabinieri R. del circondario presenterà
al Prefetto o Sotto-Prefetto, il giorno primo d'ogni decade, lo stato
nominativo da lui vidimato degl'individui, coll'indicazione della
stazione e distaccamento militare a cui sono assegnati e delle giornate
di presenza alla cui paga han dritto.
I Prefetti sul credito loro, aperto
per tale effetto porranno a disposizione dei Sotto-Prefetti i fondi
necessari per eseguire le paghe a tempo debito.
I Sotto-Prefetii regolano mensilmente i conti col Prefetto.
Art. 11. Per gli alloggi delle squadre si osserverà il disposto dai veglianti regolamenti sugli alloggi militari.
Art. 12.
Gli uomini infermi saranno ricoverati negli ospedali civili a richiesta
del Comandante la stazione dei Carabinieri Reali, o del distaccamento a
cui è addetta la squadra.
Le giornate di presenza all'ospedale sono pagate sul loro soldo, gli uomini a cavallo solamente avran dritto alla rimanenza.
Art. 13.
Il vestire degli uomini, così a piedi come a cavallo, è a loro spese e
sarà uniforme per tutte le squadre della Provincia e determinato dal
Prefetto, il quale curerà di renderlo comodo e di tenue spesa,
secondando le abitudini ed i costumi del paese.
I distintivi del grado di sergente o caporale saranno simili a quelli dei bersaglieri.
Art. 14. L'armamento è il seguente:
Un fucile con baionetta
Giberna con centurino.
Gli uomini a cavallo si muniranno di sciabola a loro spese.
Art. 15. Le munizioni saranno provviste dal Governo per cura dei Prefetti.
Art. 16. Gli
uomini appartenenti alle squadre così formate in conseguenza dell'art. 7
della legge 15 agosto 1863, saranno, in quanto alla disciplina e per i
reati da loro commessi, sottoposti alla giurisdizione militare della
zona in cui si trovano in servizio e puniti in conformità delle leggi
militari.
Essi debbono ubbidienza e
subordinazione ai graduati dell'arma dei Reali Carabinieri e dei
Comandanti della milizia regolare sotto cui si trovano.
Le mancanze alla disciplina saranno punite dal Comandante la Luogotenenza dell'arma o dall'Ufficiale militare cogli arresti.
Sulla proposta dello stesso Comandante
potranno anche dal Prefetto o Sotto-Prefetto essere punite colla
perdita del soprassoldo per un tempo da due a dieci giorni, o col
licenziamento immediato.
Art. 17.
Gli uomini arruolati a norma del presente hanno diritto alle pensioni
per cagioni di ferite o mutilazioni ricevute in servizio, secondo il
disposto dell'art. 8 della legge 15 agosto 1863, n. 1409.
Art. 18. Lo scioglimento delle squadre avrà luogo per Decreto del Ministro dell'Interno.
Però in caso d'urgenza il Prefetto stesso potrà ordinarlo riferendone al Ministro.
Torino, addì 30 agosto 1863.
Visto d'ordine di S. M.
Il Ministro dell'Interno
U.PERUZZI

Date: Thu, 17 Mar 2011 10:52:58 +0100
Subject: Fwd: unità d'Italia: due note scritte da un anarchico lucano su cui riflettere e da approfondire.....
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Date: 2011/3/17
Subject: unità d'Italia: due note scritte da un anarchico lucano su cui riflettere e da approfondire.....
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Perchè l'Italia sia davvero una e indivisibile come scritto nella Costituzione del 1948 e gli italiani si sentano uniti come popolo da nord a sud, dal continente alle isole, superando campanilismi e razzismi, evitando di rivivere un neomedioevalismo di neosignorie e neocomuni o di ripiombare in un'epoca neonazifascista dove la propria nazione e razza sia considerata superiore alle altre e dunque le altre nazioni e popoli si pensa di avere il diritto di annientare, ci deve anche essere la verità sulla storia d'Italia di questi 150 anni che è una sola e quasi mai/mai è quella "scritta dai vincitori" : ecco perchè porto alla vostra attenzione queste due note di questo anarchico lucano, comunque da verificare punto per punto sulla documentazione da cui sono prese queste notizie. In queste due note l'autore non cita le sue fonti e dunque indipendentemente da chi scrive, dalla sua cultura e convinzioni politiche i contenuti vanno verificati punto per punto con studio e ricerca, quando non si è a conoscenza come la sottoscritta dei fatti storici in esse denunciati, studio e ricerca che non ho potuto fare e dunque vi prego di prendere con cautela quanto scritto in queste 2 note che porto alla vostra attenzione e se l'argomento vi interessa, come interessa a me potrete di certo approfondire voi stessi come farò io appena ne avrò il tempo quanto scritto in queste 2 note. laura picchi

1861-2011: Il Genocidio dei Terronipubblicata da Nico Guevara brigante lucano il giorno mercoledì 16 marzo 2011 alle ore 8.04
Non tutti sanno che i piemontesi fecero al Sud quello che i nazisti fecero a Marzabotto. Ma tante volte, per anni. E cancellarono per sempre molti paesi, in operazioni “anti-terrorismo”, come i marines in Iraq.


Non tutti sanno che, nelle rappresaglie, si concessero libertà di stupro sulle donne meridionali, come nei Balcani, durante il conflitto etnico; o come i marocchini delle truppe francesi, in Ciociaria, nell’invasione, da Sud, per redimere l’Italia dal fascismo (ogni volta che viene liberato, il Mezzogiorno ci rimette qualcosa).


Non tutti sanno che, in nome dell’Unità nazionale, i fratelli d’Italia ebbero pure diritto di saccheggio delle città meridionali, come i Lanzichenecchi a Roma.
E che praticarono la tortura, come i marines ad Abu Ghraib, i francesi in Algeria, Pinochet in Cile.

In Parlamento, a Torino, un deputato ex garibaldino paragonò la ferocia e le stragi piemontesi al Sud a quelle di «Tamerlano, Gengis Khan e Attila».

Non
tutti sanno che si incarcerarono i meridionali senza accusa, senza
processo e senza condanna, come è accaduto con gl’islamici a Guantánamo. Lì qualche centinaio, terroristi per definizione, perché musulmani; da noi centinaia di migliaia, briganti per definizione, perché meridionali. E, se bambini, briganti precoci; se donne, brigantesse o mogli, figlie, di briganti; o consanguinei di briganti (sino al terzo grado di parentela); o persino solo paesani o sospetti tali. Tutto a norma di legge, si capisce, come in Sudafrica, con l’apartheid. Grazie alla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti, una legge simile, grazie a Nazi-Cossiga, servì oltre un secolo dopo per sterminare i nuovi Briganti.


Non tutti sanno che i briganti fossero guerriglieri per difendere il proprio paese invaso.

Non tutti sanno che il paesaggio del Sud divenne come quello del Kosovo, con fucilazioni in massa, fosse comuni, paesi che bruciavano sulle colline e colonne di decine di migliaia di profughi in marcia.


Non tutti sanno che i primi campi di concentramento e sterminio in Europa li istituirono gli italiani del Nord, per tormentare e farvi morire gli italiani del Sud, a migliaia, forse decine di migliaia (non si sa, perché li squagliavano nella calce).


Non tutti sanno che il ministero degli Esteri dell’Italia unita cercò per anni «una landa desolata», fra Patagonia, Borneo, per deportarvi i meridionali e annientarli lontano da occhi indiscreti.


Non tutti sanno che i fratelli d’Italia arrivati dal Nord svuotarono le ricche banche meridionali, regge, musei, case private (rubando persino le posate), per pagare i debiti del Piemonte e costituire immensi patrimoni privati.


Non tutti sanno che i Mille fossero quasi tutti avanzi di galera.

Non
tutti sanno che, a Italia così unificata, imposero una tassa aggiuntiva
ai meridionali, per pagare le spese della guerra di conquista del Sud,
fatta senza nemmeno dichiararla.

Non tutti sanno che l’occupazione del Regno delle Due Sicilie fosse stata decisa, progettata, protetta da Inghilterra e Francia, e parzialmente finanziata dalla massoneria (detto da Garibaldi, sino al gran maestro Armando Corona, nel 1988).


Non tutti sanno che il Regno delle Due Sicilie fosse, fino al momento dell’aggressione, uno dei paesi più industrializzati del mondo (terzo, dopo Inghilterra e Francia, prima di essere invaso).
Non tutti sanno che l’Italia unita facesse pagare più tasse a chi stentava e moriva di malaria nelle caverne dei Sassi di Matera, rispetto ai proprietari delle ville sul lago di Como.


Abbiamo sempre creduto ai libri di storia, alla leggenda di Garibaldi…la storia la scrive chi vince…




1861-2011:IL PRIMO LAGER AL MONDO, FENESTRELLE! Leggete questa storia,leggetela con attenzione e con una lacrima nel cuore.
pubblicata da Nico Guevara Brigante Lucano il giorno giovedì 17 marzo 2011 alle ore 8.41Il primo campo di sterminio dell’era moderna era piemontese e vi morirono migliaia di soldati delle Due Sicilie.

All’entrata le parole: “Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”.
Gli storici continuano a voler ignorare una storia piena di dolore, disperazione e di morte
che da quasi 150 anni aspetta di essere scritta sui testi scolastici.
L’esempio piú emblematico di questa continua censura storica è il Lager
di Fenestrelle.
Ma facciamo un piccolo passo indietro, cosa ha
comportato l’Unità d’Italia? Le cifre ufficiali, anche se molto
sottovalutate, sono terrificanti: 5212 condanne a morte, 6564 arresti, 54 paesi rasi al suolo, 1 milione di morti. Una vera e propria repressione consumata all’indomani dell’Unità d’Italia dai Savoia e forse la si può definire come la prima pulizia etnica dell’epoca moderna, operata sulle popolazioni meridionali, dettata dalla Legge Pica, promulgata dal governo Minghetti.


Se
queste argomentazioni ci indignano, niente può farci venire il ribrezzo
piú delle vicende che hanno coinvolto il forte di Fenestrelle dal 1860
al 1870.
In quel periodo si concretizzò il primo campo di sterminio della storia moderna, in esso trovarono la morte piú di 8.000 soldati del Regno delle Due Sicilie, ai quali va aggiunto un numero imprecisato di letterati, preti, briganti e miseri contadini.

Ma tutto ciò continua ad essere ignorato dalle menti illustri della storiografia “ufficiale” italiana e
dai letterati; addirittura sul sito dell’Amministrazione Provinciale la
fortezza viene presentata come “Monumento simbolo della Provincia di
Torino“ (con tanto di foto in notturna per decantarne implicitamente la
bellezza), mentre sul sito ufficiale del Forte, si invita alla
devoluzione del 5 per mille!

Sempre sul sito De Amicis scrive:
«Uno
dei piú straordinari edifizi che possa aver mai immaginato un pittore
di paesaggi fantastici: una sorta di gradinata titanica, come una
cascata enorme di muraglie a scaglioni, un ammasso gigantesco e triste
di costruzioni, che offriva non so che aspetto misto di sacro e di
barbarico, come una necropoli guerresca o una rocca mostruosa, innalzata
per arrestare un’invasione di popoli, o per contener col terrore
milioni di ribelli. Una cosa strana, grande, bella davvero. Era la
fortezza di Fenestrelle». Si chiude con «Guardiano immobile e supremo della nostra indipendenza e del nostro onore».
È la pura esaltazione dell’inferno! Ora immaginate se invece di Fenestrelle si parlasse di Auschwitz, e con in mente il nome del famoso lager nazista rileggete le parole di De Amicis appena sopra riportate!!

Noi popolo meridionale abbiamo l’obbligo morale di dire tutte
le verità sulla cieca e razzista politica di aggressione che i Savoia e
i Piemontesi hanno fatto nelle nostre meravigliose regioni!
Di seguito la vera storia, quella che non troverete mai nei testi scolastici dei vostri figli, leggetela con attenzione e con una lacrima nel cuore.


Fenestrelle, storia di un lager sconosciuto


“Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce”.
È
l’iscrizione che un visitatore legge oggi su un muro, entrando a
Fenestrelle, fortezza ubicata sulle montagne piemontesi dove, dal 1860
al 1870, furono deportati i migliaia di meridionali che si opposero
all’unità d’Italia e alla colonizzazione piemontese.
Gli
internati erano soprattutto poveri contadini ed ex soldati borbonici,
gli stessi che sarebbero morti di stenti e vessazioni perpetrati da chi
si reputava un liberatore!
Un insieme di forti protetti da
altissimi bastioni ed uniti da una scala di 4000 gradini scavata nella
roccia: ecco cos’era a quel tempo Fenestrelle, una gigantesca cortina
fortificata resa ancor piú spettrale dalla naturale asperità di quei
luoghi e dalla rigidità del clima.
Assassini, sacerdoti, giovani,
vecchi, miseri popolani e uomini di cultura privi di luce e coperte,
senza neanche un pagliericcio lottavano tra la vita e la morte in
condizioni disumane; perfino i vetri e gli infissi venivano smontati per
rieducare con il freddo i segregati.

Laceri
e poco nutriti passavano le giornate standosene appoggiati ai
muraglioni nel tentativo disperato di catturare i timidi raggi di sole
invernali, e chissà che in quei momenti non ricordassero con nostalgia
il calore di climi piú mediterranei.
Pochissimi riuscirono a sopravvivere: le aspettative di vita in quelle condizioni non superavano i tre mesi e spesso i carcerati venivano uccisi anche solo per aver proferito ingiurie contro i Savoia.

Nessuna spiegazione logica dunque alla base della loro misera prigionia, molti non erano nemmeno registrati, da qui la difficoltà di conoscere oggi il numero preciso dei morti, processati e non.
E
proprio a Fenestrelle furono imprigionati la maggior parte di quei
soldati che, subito dopo la resa di Gaeta nel 1861, avrebbero dovuto
trovare la libertà. Dopo sei mesi di eroica resistenza dovettero,
invece, subire un trattamento infame: disarmati, derubati di tutto e
vigliaccamente insultati dalle truppe piemontesi, morirono di stenti.
Poi,
il 22 agosto del 1861 arriva il tentativo di rivolta: uno sforzo
inutile, sventato per tempo dai piemontesi e che ebbe come risultato
l’inasprimento delle pene tra cui la costrizione di portare al piede
palle da 16 chili, ceppi e catene.
L’unica liberazione possibile era dunque la morte,
delle piú atroci: i corpi venivano sciolti nella calce viva, collocata
in una grande vasca nel retro della chiesa all’ingresso del Forte. Una morte senza onore, senza tombe, senza lapidi e senza ricordo, affinché non restassero tracce dei misfatti compiuti.

I NOSTRI MORTI

I
nostri morti, i quali per quasi un secolo e mezzo sono stati insultati e
poi dimenticati da ogni scuola ed istituzione del “nostro” Paese.
ED
OGGI TUTTI PRONTI A FESTEGGIARE CON LE BANDIERINE MACCHIATE DAL SANGUE
DI MIGLIAIA DI MERIDIONALI! TUTTI PRONTI A FESTEGGIARE, SENZA NEMMENO
SAPERE COSA REALMENTE SI FESTEGGIA, IGNARI, COME TANTI “BALILLA”.




                      


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