Autor: eplf@libero.it Data: Para: cm-roma Asunto: Re: [cm-Roma] Digest di Cm-roma, Volume 84, Numero 34
Il 11/03/2011 23.26, cm-roma-request@??? ha scritto:
> La Critical Mass combatte, non chiede.
> E non credo che accetti collusioni coi sindaci fascisti.
> I cui consiglieri vengono arrestati per camorra, ecc. ecc........
Dal picchiatore Lucarelli al generale Mori fino ai discussi Kappler e
Bonifati. Tracciamo per la prima volta la mappa degli uomini piazzati da
Alemanno nei posti chiave della capitale. Un sistema di potere che mostra il
vero volto del sindaco nero di Roma.
Avrebbe dovuto rivoluzionare e mutare lo scacchiere di potere che controllava
Roma da un quindicennio. Aveva assicurato tutti in campagna elettorale: «Questa
è la pioggia che è venuta a bagnare Roma, per lavare la capitale dall'affarismo
e dai gruppi di potere». Voleva destrutturare il feudo prima rutelliano e poi
veltroniano contro i palazzinari per una città sicura. Gianni Alemanno voleva.
Ma dopo i suoi primi otto mesi da sindaco è già possibile tracciare la mappa di
un impresentabile sistema di potere. Punto per punto, vediamo quali sono temi e
personaggi caldi.
ACQUA, RIFIUTI E BOTTE
Subito definito Retromanno, per le altalenanti scelte e dichiarazioni, su un
punto il sindaco è stato fulmineo: le nomine. Ha dimissionato 31 dirigenti
dell'era veltroniana imbarcandone 33: «un contentino per tutti i fedelissimi di
An - ringhiano gli avversari - sembra la prima repubblica, sarà l'influenza del
suo vice Mauro Cutrufo, democrazia cristiana per le autonomie».
Alla presidenza di Acea, multinazionale dell'acqua, che gestisce i processi di
privatizzazione dell'oro blu e affari milionari dalla Campania fino
all'Honduras, Alemanno ha messo un palazzinaro, Giancarlo Cremonesi, che in
campagna elettorale non si perdeva una cena con l'amico Gianni. Toccherà a
Cremonesi, ex presidente dell'Acer, l'azienda che riunisce tutti i costruttori
romani, gestire il cambio di assetto societario in Acea, con la possibilità
dell'aumento di quote azionarie da parte dei soggetti forti. Un processo di
privatizzazione che potrebbe sottrarre al comune la quota di maggioranza, oggi
al 51%. Due i colossi privati in campo: la francese Suez Gaz e il gruppo di
Francesco Gaetano Caltagirone.
Giorgio Cremonesi mantiene però il suo ruolo nella discussa Sviluppo Lazio,
alla cui guida siede il piduista Giancarlo Elia Valori. Acea intanto ha esteso
il suo raggio d'azione ai rifiuti. Alemanno ha chiesto e ottenuto la proroga
della discarica di Malagrotta, un'autentica bomba ecologica per gli
ambientalisti del Lazio. Ma l'ennesimo affare per un altro potente fan del
sindaco "nero", il re del sacchetto Manlio Cerroni. Il Consorzio Coemo, targato
Cerroni, è già pronto a costruire un inceneritore ad Albano. A capo del
dipartimento che vigila sul delicato settore rifiuti Alemanno ha piazzato Paolo
Togni. Un passato al ministero dell'Ambiente tra grane e inchieste giudiziarie,
nel 2006 Togni era stato coinvolto in una indagine su affari e massoneria.
Accanto a sé il sindaco sceriffo ha voluto poi un fascistone della prima ora
come Antonio Lucarelli, ex base autonoma, protagonista dell'occupazione del
primo centro sociale di destra "porte aperte", un cuore nero che lo ha condotto
a Forza Nuova di Roberto Fiore. Lucarelli nel 2000 guidava i camerati alla
rivolta contro il gay pride, gonfiando il petto: «Impediremo fisicamente agli
omosessuali di arrivare l'8 luglio al Colosseo». Qualche anno dopo Fn con
manifesti in tutta la città chiarirà il suo pensiero: «No more gay, basta
froci». Lucarelli, transitato in An, ha fatto il grande salto: ora in
Campidoglio è a capo della segreteria politica di Alemanno. Doveva essere un
"segnale concreto" a tutti coloro che si aspettavano, col cambio di
amministrazione, una svolta sul terreno a rischio della sicurezza. E invece?
«Da quando è sindaco sono aumentati le aggressioni verbali, ma anche fisiche -
denuncia Fabrizio Marrazzo, presidente dell'Arcigay Roma - in questi mesi le
segnalazioni sono cresciute del 30 per cento».
Del resto Alemanno, che aveva vinto le elezioni battendo il tasto della
sicurezza e cavalcando l'onda dell'indignazione per lo stupro-omicidio della
signora Reggiani, quando si era trattato di condonare tre anni a malfattori di
ogni genere, nel 2006, non ci aveva pensato su due volte, votando l'indulto
contro la linea del suo stesso partito. All'epoca era anche indagato
nell'affaire Parmalat: aveva ricevuto, secondo l'accusa, finanziamenti da
Calisto Tanzi prima del crac. Diventato primo cittadino dell'Urbe ha capito che
con gli annunci non si va da nessuna parte e ha dovuto portare fiori a destra e
a manca, dopo i ripetuti casi di violenze e stupri.
MEMENTO MORI
Così Alemanno ha pensato bene di affidare l'ufficio extradipartimentale per la
sicurezza a un generale e a metà luglio ha incaricato Mario Mori di assumere
questo ruolo. Spesa per i contribuenti: circa 150 mila euro all'anno. Esclusa
la parcella del Capitano Ultimo (al secolo, Sergio Di Caprio), giunto in
Campidoglio al seguito di Mori. Lo stesso tandem di investigatori che avrebbe
dovuto sorvegliare il covo palermitano di Totò Riina, svaligiato e
ritinteggiato dai boss, ma soprattutto ripulito del maxi elenco (tremila nomi
di personalità colluse con la mafia) al quale fa esplicito riferimento lo
stesso Ultimo nel corso di un'udienza dibattimentale al tribunale di Milano.
Insieme a Mario Obinu, suo ex braccio destro, il generale Mori è a giudizio
per favoreggiamento aggravato alla mafia nell'ambito di un processo che si
svolge a Palermo. Per i pm, avrebbe favorito la latitanza di Bernando
Provenzano. Grande accusatore al processo è il colonnello dei carabinieri
Michele Riccio, oggi in pensione. Sotto i riflettori, in aula, il mancato blitz
di Mezzojuso, nel palermitano, che nel 1995 avrebbe potuto portare, in base
alle indicazioni del boss Luigi Ilardo, confidate a Riccio, all'arresto di
Provenzano. Tra un'udienza e l'altra Mori si occupa di garantire la sicurezza
nella capitale.
MODELLO NETTUNO
In campagna elettorale Alemanno aveva più volte attaccato società «nate dal
nulla» come Risorse per Roma. Diventato primo cittadino ha cambiato idea e
parla di «un uso diverso dell'azienda». Era partito con l'idea di liquidarla,
poi ha deciso di arrivare alla ricapitalizzazione e naturalmente a nuove
nomine.
Risorse per Roma, a un passo dal tracollo finanziario prima della
ricapitalizzazione, è una spa che si occupa della gestione degli immobili di
proprietà del comune. Suo presidente è Domenico Kappler, ex senatore di An,
ingegnere civile. Nel 2005 fu coinvolto nello scioglimento per mafia del comune
di Nettuno, feudo elettorale di destra. Kappler, che a Nettuno era presidente
del consiglio comunale, di quella zona è considerato il ras politico. Troppe le
evidenze, confermate anche dalla sentenza del consiglio di stato. C'era tutto a
Nettuno: società controllate come la Nettuno Servizi, cariche di debiti e
gestite per spartire nomine e assunzioni, amicizie pericolose, abusivismo
edilizio. Al centro spiccava la figura di Frank D'Agapiti, narcotrafficante,
che gestiva la vita amministrativa dell'ente. Nelle intercettazioni
dell'inchiesta della Procura di Tivoli, Frank D'Agapiti parlava di Kappler.
Scrive il gip di Velletri Gilberto Muscolo: «era evidente che "Frank" D'Agapiti
[boss ritenuto vicino alla famiglia dei Gallace, una delle più potenti della
Calabria, ndr) raccoglieva voti per An e Kappler». Troppo per l'allora
segretario del partito: Gianfranco Fini mostrò il pugno di ferro e Kappler, che
si sentì tradito, espresse «delusione, amarezza per il comportamento di Fini.
In Sicilia An difende a spada tratta il presidente Cuffaro, mi aspettavo lo
stesso per Nettuno, per noi e per me». In seguito a quella bufera Kappler fu
costretto alle dimissioni e a qualche anno di purgatorio.
Ma il tempo passa, nel paese dalla memoria corta. Kappler è tornato dalla
porta principale e a metà dicembre ha accolto anche l'ex premier spagnolo José
Maria Aznar che ha presentato a Roma il suo nuovo libro. L'evento è stato
organizzato da Imago, un centro studi di cui Kappler è socio fondatore,
inaugurato nell'ottobre scorso alla presenza del capogruppo Pdl Maurizio
Gasparri. Presidente del Centro è Francesco Aracri, deputato del pdl e
coordinatore regionale di An per il Lazio. Un passato in Regione Lazio, per
Aracri, travolto dallo scandalo quando si scoprì che la figlia era stata
assunta senza concorso nella società regionale Astrai, che dipendeva
dall'assessorato ai lavori pubblici. Retto da suo padre...
PALAZZINARI IN PISTA
Ma Alemanno ha a cuore anche le sorti dei costruttori romani. A Risorse per
Roma ha scelto infatti come nuovo amministratore delegato l'architetto Maurizio
Bonifati. Un nome, una dinasty. Fratello di Maurizio è Enzo Bonifati,
costruttore insieme alla moglie, Paola Santarelli, protagonista delle grandi
operazioni immobiliari di questi anni. Ultimo il progetto nell'area dell'ex
Fiera di Roma. «Della cordata fanno parte - denunciava l'architetto Francesca
Barelli a Report - anche Francesco Gaetano Caltagirone, Salvatore Ligresti e
Pierluigi Toti». Con la sua Cogesan la Santarelli è entrata in Sator, la
società finanziaria di Matteo Arpe, ex Capitalia. Ma troviamo la signora anche
nel consiglio di amministrazione del Medio Credito Centrale, il cui presidente
è l'ex sindaco di Roma Franco Carraro (anche lui impegnato in mega business
immobiliari nella capitale).
Nel 1991 i Bonifati erano soci nella Meridiana, una merchant bank per il sud,
nata dal grembo dell'lri, che doveva finanziare progetti e imprese per lo
sviluppo del sud. Dopo tre armi tutti a casa, società liquidata. Presidente di
quella merchant bank era l'ex ministro Antonio Marzano, che oggi guida la
commissione "Attali de noaltri", voluta proprio da Alemanno. Soci dei Bonifati
in Meridiana erano big del mattone e non solo, dai Ciarrapico ai Gavio ai
Matarrese.
Ma oggi Maurizio Bonifati rassicura tutti: «è evidente che il ruolo da me
assunto in Risorse per Roma comporterà per la mia famiglia la rinuncia a
qualsiasi attività economica nella quale sarà presente la società». Intanto,
mentre per la capitale si prepara la costruzione di due nuovi stadi, sull'agro
romano il sindaco ha calato l'asso: un invito pubblico per reperire aree.
L'obiettivo è costruire, in housing sociale, alloggi popolari. Il sogno dei
piccoli costruttori, la battaglia dell’Acer da sempre. Colate di cemento su
quel che resta dell'area agricola intorno alla città. «Con Walter Veltroni -
taglia corto l'urbanista Alessandro Sotgia - lavoravano i grandi palazzinari,
ora tocca anche ai più piccoli, ma non cambia la sostanza: rendite e mattone
continuano a divorare Roma».