[Forumlucca] No ai bambini in caserma

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Autore: Massimiliano Piagentini
Data:  
To: forumlucca
Oggetto: [Forumlucca] No ai bambini in caserma
----Messaggio originale----
Da: centro@???
Data: 22-feb-2011 1.40
A: <undisclosed-recipients:;>
Ogg: No ai bambini in caserma


In allegato la presa di posizione del Centro Gandhi contro i bambini in
caserma.
Vi chiediamo di scrivere la vostra opinione all'assessora del Comune di
Pisa che promuove l'iniziativa Marilù Chiofalo:

m.chiofalo@???

__________________________



Pisa, 21 febbraio 2011







Forgeranno le loro spade in vomeri,

le loro lance in falci;

un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo,

non si eserciteranno più nell’arte della guerra.

(Isaia 2, 4)





Care lettrici e cari lettori,

da più parti ci è venuta la sollecitazione a chiarire pubblicamente perché
il Centro Gandhi Onlus, di cui sono il presidente, abbia sollevato un
conflitto con l’assessora alla scuola del comune di Pisa, prof.essa Marilù
Chiofalo, opponendosi al suo progetto di invio dei bambini in caserma,
nell’anniversario della morte avvenuta a Nassiryia il 27 aprile 2006 di
Nicola Ciardelli, maggiore del 185° reggimento paracadutisti della “Folgore”
.

Noi tutti siamo vicini con profonda compassione alla famiglia Ciardelli che
ha subito l’incommensurabile dolore per la morte in guerra di Nicola, così
come abbiamo un’eguale pietà per tutte le vittime della guerra. Proprio
perché condivid iamo con profonda partecipazione le sofferenze inenarrabili
che la follia della guerra procura, siamo impegnati da anni con molteplici
attività editoriali di studio, ricerca e azione educativa, perché l’umanità
elimini dalla storia il ricorso alla violenza nella gestione dei conflitti,
adottando il *satyāgraha*, cioè una lotta che si svolge senza fare violenza
all’avversario, facendo leva sulla forza della verità, un metodo
sperimentato con successo da Gandhi, Martin Luther King, Danilo Dolci,
Nelson Mandela, dalle società dell’Est Europa nel 1989 e, in questi giorni,
dalle rivolte dei popoli del Nord Africa e del Vicino Oriente.



Noi ci siamo impegnati con fermezza, insieme a milioni di pacifisti in tutto
il mondo, perché la guerra in Iraq non fosse scatenata e, insieme a
centinaia di migliaia di famiglie italiane che esposero alle finestre le
bandiere della pace, chiedemmo che l’Italia rispettasse il dettato
costituzionale del ripudio della guerra.

Se le implorazioni di Pace fossero state ascoltate dai potenti della terra,
ora non staremmo qui a piangere le migliaia di vittime della sciagurata
guerra in Iraq e Nicola Ciardelli sarebbe ancora vivo!

Io sono sicuro che la famiglia Ciardelli sia consapevole di tutto ciò e ci è
vicina nell’implorare con Giovanni Paolo II: “Mai più la guerra avventura
senza ritorno”! Mai più guerre, mai più soldati mandati a morire per gli
interessi economici delle super potenze.

“Dulce bellum inexpertis” scriveva Erasmo nel 1508: “Chi ama la guerra, non
l’ha vista in faccia”. Per questo motivo capita spesso che i militari che
hanno conosciuto la guerra sui campi di battaglia diventino i più fermi e
convinti pacifisti. Così capitò nell’antica India al re Asoka, o in epoca
cristiana ad alcuni grandi santi come Martino di Tours, Francesco d’Assisi,
Ignazio di Loyola. In epoca moderna vogliamo ricordare il grande scrittore
russo Lev Tolstoj, teorico della non resistenza al male con la violenza; il
francese Charles de Foucauld, arruolato nella legione straniera, divenne
dopo la conversione il principale fautore del dialogo con i popoli del Nord
Africa; il generale inglese Baden Powel, che dopo aver partecipato alla
guerra contro i boeri in Sud Africa si impegnò nell’educare la gioventù a un
sostituto morale della guerra, dando vita al movimento internazionale degli
scout; infine, più recentemente, l’ammiraglio inglese King Hall che dopo le
esplosioni atomiche capì che bisognava elaborare nuove strategie di difesa
non armata e nonviolenta.

Al contrario dei militari i politici danno spesso prova di superficialità e
di opportunismo, partecipano sempre con grande narcisismo e compiacimento
alle parate, impettiti più di un generale, suggestionati dalle fanfare e dai
giochi acrobatici, strumentalizzando con la retorica del patriottismo e
delle cosiddette “missioni di pace” i lutti delle famiglie di chi è stato
mandato in guerra a morire.

Creare una commistione tra pace e guerra, tra aspetti umanitari e azioni di
combattimento, come si fa a Pisa con le giornate dei bambini in caserma, è
un modo nocivo per edulcorare la guerra, giustificare le spese belliche,
trovare consenso alle missioni militari all’estero, promuovere fin da
piccoli la simpatia per l’arruolamento militare.

Guardate su internet i numerosi video prodotti per le giornate in caserma,
per cogliere quanto sia seduttiva l’atmosfera creata intorno ai bambini con
i parà che si lanciano dagli aerei o che animano i vari giochi allestiti nel
cortile della caserma Gamerra, trasformata in luna park con arrampicate,
piste ciclabili, tiri a segno, materassi gonfiabili e piscine artificiali.

Non si dubita che quest’atmosfera contagiosa abbia avuto i suoi effetti
anche sugli adulti. L’umano narcisismo non può non gonfiarsi a contatto con
tanto sfoggio di forza e di organizzazione, sentendosi importanti vicini a
uomini in divisa che hanno potere di vita e di morte, legittimati in ciò e
benedetti anche dalla massima autorità religiosa, l’arcivescovo di Pisa. In
conseguenza di una tale commistione sacrilega, ci si può sentire come
condottieri di una grande nave e guardare dall’alto in basso quei miseri
pacifisti che si ostinano a non adorare il Vitello d’oro.

Dalla grande ammiraglia gli obiettori di coscienza appaiono dei poveri
illusi, tanti Sileni di Alcibiade che vorrebbero su fragili scialuppe
impedire a navigli sicuri e ben attrezzati, guidati da capitani esperti di
lungo corso, di prendere il largo.

La metafora navale evocata dall’assessora Chiofalo, in vena di poesia nella
sua lettera a Pisa Notizie, ignora, in realtà, l’esito finale dell’umana
traversata in mare aperto. Il racconto ci è stato tramandato dagli Atti
degli Apostoli nel capitolo 27. Paolo di Tarso, l’apostolo delle genti,
cercò inutilmente di avvertire il centurione che la navigazione si sarebbe
fatta rischiosa, supplicandolo di non partire. Ma chi era Paolo per dare
consigli? Un folle, un disobbediente, un prigioniero che stava per essere
condotto a Roma davanti a Cesare per essere giudicato. Sicuramente più
affidabili erano il pilota e il comandante della nave, e al loro
insindacabile giudizio si affidò il centurione. Costoro si ritenevano
esperti navigatori e, accecati dall’*hybris* del loro orgoglio e della loro
scienza, ignorarono gli avvertimenti di Paolo e portarono la nave al
naufragio con tutto il suo carico umano.

Come nell’antichità le opinioni di Paolo di Tarso furono irrise e
perseguitate dai pagani, ugualmente ai nostri tempi gli insegnamenti di Aldo
Capitini, Giorgio La Pira, padre Ernesto Balducci, don Lorenzo Milani,
Teresa Mattei, maestri e testimoni dell’obiezione di coscienza agli
eserciti, vengono ignorati o messi a tacere da chi governa gli Stati.

La minaccia che incombe sull’umanità non è oggi un uragano di acqua, ma di
fuoco. La possibilità di una guerra nucleare dovrebbe, in verità, indurre i
teorici del realismo e della ragion di Stato a meditare quanto scriveva
Einstein: “Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la
quarta si combatterà con pietre e bastoni”. E similmente scriveva il Mahatma
Gandhi: “O l’umanità distruggerà gli armamenti o gli armamenti
distruggeranno l’umanità”.

Cercare forme di difesa alternative alle armi è, quindi, l’unica scelta
razionale, realistica per la sopravvivenza del pianeta. Ben vengano i
bambini e i giovani a frequentare le caserme riconvertite a usi di pace, ad
addestrarsi ai modi della difesa popolare nonviolenta. Da tempo reclamiamo
che una delle caserme in via di dismissione ospiti i corsi di laurea in
scienze per la pace, unici in Italia, le cui lezioni, dopo dieci anni
dall’attivazione, continuano a svolgersi in situazioni strutturali molto
precarie,andando raminghi da un luogo all’altro della città senza avere una
sede stabile.

Ben vengano gli aerei che si sollevano in volo non per trasportare armi, ma
bambini bisognosi di cure. Ma ciò che avviene solo sporadicamente non sia
utilizzato in modo strumentale per giustificare l’ampliamento dell’aeroporto
e la costruzione dell’hub militare, mescolando ancora una volta la
dimensione umanitaria e quella bellica.

Quando abbiamo chiesto al Comune di Pisa nell’autunno scorso il patrocinio
del convegno per il centenario della morte di Tolstoj, il grande maestro di
Gandhi, ci fu risposto che l’amministrazione comunale non aveva neanche la
possibilità di stampare un centinaio di inviti per il convegno. Allora viene
spontaneo chiedersi in situazioni di penuria quanto venga a costare la
trionfalistica manifestazione in caserma dei 1500 bambini e bambine con i
loro insegnanti. Questi numeri così imponenti, che non neghiamo, fiore
all’occhiello dell’amministrazione comunale, ci lasciano in realtà
costernati e preoccupati per la regressione culturale che ha subito negli
ultimi anni la società italiana, di cui l’adesione acritica a un tale
progetto da parte di scuole e insegnanti è un sintomo evidente.

Intanto, mentre sono gli stessi amministratori a lamentare il taglio dei
finanziamenti statali per i servizi sociali e culturali, nessuno denuncia il
nesso evidente tra il crescere delle spese per gli armamenti e i tagli
all’istruzione pubblica. In realtà sul sostegno al riarmo e sul progetto di
costruzione a Pisa dell’*hub* militare si assiste a un convergere in eguale
modo sia delle forze di centro sinistra che di quelle di centro destra. Che
tristezza! Che mancanza di coraggio!

Così va il mondo, predicano i machiavellici in nome del realismo politico. E
a una comune visione della politica di potenza degli Stati si accodano anche
coloro che pur si dicono seguaci del Maestro divino che aveva detto: “Il mio
Regno non è di questo mondo”!

Durante la manifestazione delle donne del 13 febbraio scorso a nome del Centro
Gandhi per la nonviolenza ho preso la parola per salutare e incoraggiare le
donne nel loro impegno per la pace. Ho riportato una considerazione di Gandhi:
“Soltanto che le donne dimenticassero di appartenere al sesso debole, non ho
dubbi che potrebbero opporsi alla guerra infinitamente meglio degli uomini…
Supposto che le donne e i fanciulli d’Europa si infiammino di amore per
l’umanità, trascinerebbero gli uomini e annienterebbero il militarismo in
tempo incredibilmente breve”. A qualcuno dei presenti è sembrato improprio
che nella giornata della dignità delle donne si distribuisse un volantino
contro l’invio dei bambini in caserma. Ma non è forse il militarismo
l’espressione più truce del maschilismo? E i missili e le bombe, come ci
ricorda Galtung, non sono forse la rappresentazione tragica del potere
fallocratico che stupra la Madre Terra e massacra con un terrorismo
dall’alto le popolazioni civili? Parlando ai piedi della torre pendente,
alla fine del corteo, ho invitato le donne a mantenere un’uguale capacità di
mobilitazione nel contestare i progetti dell’*hub* militare e di impedire
che l’amministrazione comunale prostituisca la città alle logiche della
guerra.

Non bisognerebbe mai temere la diversità di opinioni e negare la libertà di
espressione a chi contesta le decisioni di chi comanda.

La nostra iniziativa di contestazione non ha nulla di personale nei
confronti dell’assessora Chiofalo di cui riconosciamo il carisma e la
personale generosità. La pace e la guerra, però, sono questioni troppo
importanti per tenerle confinate nei limiti di una discussione privata e i
cittadini devono poter ricevere il massimo di informazioni.

Come Centro Gandhi accetteremmo volentieri la sfida che ci lancia
l’assessora Chiofalo di recarci in caserma con una nostra iniziativa di
nonviolenza.

Ma andando in caserma il Centro Gandhi sarebbe garantito nell'esercizio
della libertà di espressione? I bambini e le bambine potranno invitare i
soldati al rispetto dell’ art.11della Costituzione italiana, sollecitando i
paracadutisti a ritirasi dall'Afghanistan, o questa richiesta sarebbe
interpretata come un reato, un invito alla diserzione ?



In caserma vorremmo, se fosse possibile:



spiegare che le spese per gli armamenti costringono alla morte per fame, per
malattie, milioni di bambini della terra. Le armi uccidono anche se non
vengono usate, diceva Raoul Follereau, mentre invitava a concedere
l’equivalente di due bombardieri per sconfiggere la lebbra.



ricordare al cappellano militare il comandamento biblico: Non Uccidere!



sollecitare nei bambini con laboratori audiovisivi, con musiche e
drammatizzazioni la repulsione per il sangue e per le armi, perché la guerra
, dice Zanotelli, deve diventare tabù e un tale meccanismo culturale si
sviluppa nella prima infanzia.



esporre le foto dei bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki, le foto dei
bombardamenti su Pisa del 31 agosto 1944, che provocarono 9000 morti.



pregare e cantare con le canzoni pacifiste di De André, Joan Baez, Mercedes
Sosa, meditare con la lettura di brani dagli scritti di Tolstoj, Gandhi,
Capitini, Lanza del Vasto, Danilo Dolci, don Primo Mazzolari, don Lorenzo
Milani.



Quel giorno i soldati metteranno i fiori nei loro cannoni. E sui muri della
caserma cartelli accoglieranno i bambini con frasi che inneggiano “all'amore
e non alla guerra!”



Finalmente “svuotiamo gli arsenali e riempiamo i granai”, come invitò a fare
il compianto presidente Sandro Pertini.





Rocco Altieri

presidente del Centro Gandhi ONLUS









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