[NuovoLab] 451° ora in silenzio per la pace

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著者: norma
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題目: [NuovoLab] 451° ora in silenzio per la pace







Rete controg8
      per la globalizzazione dei diritti


      Mercoledì 19 gennaio dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo
      ducale di genova, 451° ora in silenzio per la pace.

http://www.orainsilenzioperlapace.org/
      Incollo il volantino che verrà distribuito




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LE
            SOCIETA’ ARABE SONO IN FERMENTO

 
Dallo scorso venerdì le strade di
        Algeri sono sotto stretta sorveglianza militare. Lo riferiscono
        fonti locali
        della MISNA, (
Missionary Service News Agency. Notizie,
      servizi di
      approfondimento e reportage sul Sud del mondo-
www.misna.org) lo sottolinea con un suo articolo il quotidiano ‘El
        Watan’ che scrive di
        “un importante dispositivo di sicurezza”. Diretto il
        collegamento con i fatti
        tunisini e con la fuga precipitosa da Tunisi del presidente Zine
        el Abidine Ben
        Ali, cacciato da un’inarrestabile rivolta popolare. “Ad Algeri e
        in altre città
        algerine la protesta per il carovita era già arrivata nei primi
        giorni di
        gennaio, il fatto nuovo e che ricalca la dinamica delle rivolte
        tunisine -
        sottolineano le fonti della MISNA che preferiscono mantenere
        l’anonimato - è il
        suicidio di tre giovani disoccupati e il tentato suicidio di
        altri ancora.
        Sembra che l’Algeria e tutto il mondo arabo siano pervasi da un
        fermento nuovo
        che trova tragicamente forma in gesti di massima protesta contro
        regimi
        considerati oppressivi e per nulla democratici sebbene godano
        del sostegno
        della “comunità internazionale”. Ancora oggi, al Cairo un uomo
        si è dato fuoco
        davanti alla sede del parlamento, in questo caso non si
        conoscono ancora i
        motivi del gesto né si conosce lo stato di salute della vittima.
        Proteste,
        quasi sempre avviate sulla spinta dell’aumento del costo della
        vita, stanno
        interessando altri paesi arabi e nascondono un più profondo
        malessere e una rabbia
        contro i governi in carica, accusati di non curare gli interessi
        della
        popolazione. E’ questo il caso della Giordania, dove ieri si è
        tenuto davanti
        al parlamento un sit-in dell’opposizione. Il giorno prima una
        folla radunata
        davanti alla sede diplomatica della Tunisia ad Amman aveva
        urlato slogan
        anti-governativi e lo stesso era avvenuto due giorni prima nel
        corso di
        manifestazioni contro l’aumento dei prezzi. Il governo è corso
        al riparo
        annunciando provvedimenti per ridurre i prezzi e sostenere le
        aree depresse del
        paese. In piazza sono scesi anche gli studenti della Mauritania,
        reclamando lo
        scorso 10 gennaio migliori condizioni di vita e un’istruzione
        più adeguata.
        Anche qui, come in Tunisia, Algeria e Giordania, il governo ha
        risposto
        abbassando i prezzi di alcuni generi di prima necessità tra cui
        zucchero, olio
        d’oliva e latte in polvere. “In un mondo globalizzato come è
        diventato il
        nostro – dicono le fonti algerine sentite dalla MISNA – le
        notizie circolano
        con una velocità prima sconosciuta e la protesta corre anche sul
        filo dei
        ‘social network’ e, per quanto riguarda i paesi arabi, senza
        barriere
        linguistiche”. Lo studente tunisino, quello algerino, il
        giordano e l’egiziano
        vivono virtualmente uno accanto all’altro e questo sta favorendo
        una generale
        presa di coscienza contro regimi di fatto oppressivi sebbene
        ‘titolari’ di un
        certo credito internazionale. 

Per calcoli politici e interessi
        economici, “la cosiddetta comunità internazionale è stata
        tradizionalmente
        silenziosa sulle pratiche totalitarie e sugli abusi commessi in
        alcuni paesi”
        dice Marwan Bishara, analista politico della rete satellitare
        araba
        ‘al-Jazeera’. Al contrario si assumono le vesti di difensori dei
        diritti umani
        “ad uso e consumo dell’opinione pubblica”, quando si intende
        invece colpire
        qualche paese. Così, sostiene Bishara, “quando alcuni regimi,
        come quello
        tunisino, cooperano con le controparti occidentali, i loro abusi
        sono
        generalmente ignorati” in nome della lotta al terrorismo e
        all’estremismo
        islamico. “Tutto ciò – conclude - spiega il silenzio dei leader
        occidentali e
        la confusione sulla ‘rivolta’ tunisina, ma spiega anche, per
        esempio, la loro
        corsa a sostenere la ‘rivolta’ dell’opposizione iraniana seguita
        alle elezioni
        dello scorso anno”.[
GB