[NuovoLab] resoconto viaggio campi profughi in libano

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Autore: dario rossi
Data:  
To: Mailing list del Forum sociale di Genova
Oggetto: [NuovoLab] resoconto viaggio campi profughi in libano
vi allego il mio report relativo al viaggio che ho fatto i primi di
dicembre.
ciao dario


NEI CAMPI PROFUGHI PALESTINESI DEL LIBANO.

DELEGAZIONE DICEMBRE 2010.

Una delegazione di avvocati, giornalisti, politici, si è recata dal 7 al
11 Dicembre nei campi profughi palestinesi del Libano, riscontrando che
la situazione degli oltre 400.000 profughi è in continuo peggioramento.
L'unica fonte di sostegno è l'UNWRA (ente per i rifugiati delle Nazioni
Unite), che dispone di risorse del tutto insufficienti a soddisfare le
esigenze primarie dei palestinesi.

Le autorità libanesi osteggiano ogni miglioramento delle loro condizioni
per evitare qualsiasi rischio di integrazione; i profughi per il governo
libanese rilevano unicamente sotto il profilo della sicurezza.

I campi profughi ufficialmente riconosciuti sono 12, ma ve ne sono altri
15 non ufficiali (che contengono la metà dei palestinesi). In sei dei
campi ufficiali l'accesso è regolato da check point libanesi, per
oltrepassare i quali è necessario munirsi di permesso. Anche noi della
delegazione abbiamo dovuto munirci di autorizzazione con giorni di anticipo.

La situazione demografica è esplosiva. L'unico censimento risale al
1948, ma da allora la popolazione è triplicata, anche per nuove ondate
di profughi (dopo “Settembre Nero” molti sono arrivati anche dalla
Giordania), pur rimanendo identica l'estensione dei campi. I campi sono
così cresciuti in linea verticale, non potendo ulteriormente espandersi
sul terreno. I nuovi profughi non vengono riconosciuti dal Governo
libanese; oltre 5000,00 persone sono del tutto prive di qualsiasi
documento. Ciò li mantiene in uno stato di illegalità permanente e molti
di loro vengono arrestati in continuazione dalla polizia libanese o
espulsi dallo stato.

La gestione amministrativa dei campi è complicata, non essendovi
autorità ufficiali riconosciute e condivise, ma solo dei comitati
popolari, che fanno capo sia Fatah che ad Hamas, che talvolta coesistono
nello stesso campo, che cercano di amministrare i campi, in un
equilibrio precario e ad alta tensione. Il campo di Sidone con le sue 80
mila persone, è una vera e propria città (quasi gli abitanti di
Alessandria, per dare un'idea); difficile pensare come sia possibile la
sopravvivenza e la convivenza in un tale contesto senza una vera e
propria organizzazione amministrativa, in pochi chilometri quadrati così
densamente popolati.

Il 60 % dei profughi lavora all'interno degli stessi campi. Ciò è dovuto
anche al fatto che il Libano vieta ai profughi lo svolgimento di 72
professioni, vieta l'iscrizione agli albi, vieta alle imprese libanesi
la loro assunzione. Chi lavora in Libano il più delle volte è in nero
con uno stipendio miserabile.

Molti campi sono privi di sistema fognario, idrico ed elettrico. Girando
per i campi ci si imbatte in una selva di tubi di distribuzione
dell'acqua e di cavi dell'elettricità inestricabilmente aggrovigliati.
La commistione tra impianto idrico ed elettrico crea una situazione di
continuo pericolo per gli abitanti, ed ogni anno si contano decine di
morti folgorati in particolare bambini. In un campo di Beirut, dove
vivono 20 mila persone in 750 mq, l'acqua che proviene da pozzi scavati
nello stesso campo ed è altamente salata, viene erogata mezzora ogni 48
ore. La corrente salta in continuazione e si devono arrangiare con
generatori autonomi che moltiplicano i costi delle bollette.

La situazione sanitaria è altrettanto drammatica. Non esistono ospedali
nei campi, ma solo dei presidi sanitari, che forniscono solo le prime cure.

L'UNWRA garantisce un presidio ed un medico per ogni campo; a tali
presidi si aggiungono quelli gestiti da ONG, finanziate dalla
solidarietà internazionale. Dopo le prime cure i malati vengono mandati
a casa o indirizzati presso ospedali libanesi (convenzionati solo per un
limitato numero di operazioni chirurgiche).

L'UNWRA copre le spese dell'ospedale libanese fino a 3000,00 euro (che
si riducono a 2000 per chi ha più di 60 anni...) ed i profughi non hanno
la possibilità di integrare il pagamento. Le malattie più gravi e quelle
non convenzionate rimangono così del tutto prive di cure.

Nei campi non ufficiali la situazione è ancora peggiore. In due campi
vicino a Tiro vi è una sola clinica mobile. Tutti i presidi che abbiamo
visto lavorano mezza giornata non avendo le risorse per il funzionamento
continuato. Il più delle volte, soprattutto per i malati cronici, le
cure si limitano alla somministrazione di calmanti.

La situazione scolastica non è migliore. L'UNWRA garantisce gli studi
fino alle scuole superiori. Ci sono 30.000 studenti distribuiti su 14
scuole, ma solo una minima parte di quelli che iniziano porta a termine
il ciclo scolastico. Il 42 % raggiunge la scuola media, solo il 13 % la
scuola superiore. Tutti gli altri sono costretti all'abbandono per
aiutare la famiglia.

L'università è preclusa ai profughi; degli 800 studenti maturati nel
2009, solo un centinaio hanno proseguito grazie alle borse di studio, e
gli altri sono stati costretti a fermarsi. Le università statali
peraltro rifiutano ai profughi l'iscrizione alle facoltà scientifiche
(medicina, ingegneria fisica).

Il budget UNWRA ci dicono essere di 70 milioni di dollari all'anno, il
50% dei quali va in spese dl personale, ed il resto è quasi interamente
assorbito da ulteriori spese di gestione; per l'assistenza vera e
propria rimangono gli spiccioli. Non è dato peraltro sapere a quanto
ammontino gli stipendi dei funzionari …..

Un recente studio congiunto UNRWA – Università americana di Beirut ha
accertato che il 67 % dei profughi vive al di sotto della soglia di
povertà.

I nostri intervistati affermano senza esitazione che la stessa ANP ha
cessato integralmente di interessarsi della situazione dei profughi.

I profughi sono peraltro osteggiati da tutte le componenti politiche
libanesi, che si spartiscono il potere secondo rigidi criteri etnico –
religiosi, in un equilibrio che sarebbe inevitabilmente influenzato
dalla componente palestinese. I palestinesi sono musulmani sunniti e
sono temuti per questo sia dalla componente cristiana, che dagli stessi
Hebzollah, musulmani pure loro, ma sciiti, nonché dagli stessi musulmani
sunniti libanesi che sono allineati su posizioni filo-occidentali.

Le varie fazioni palestinesi presenti nei campi profughi faticano a
sedersi attorno ad un tavolo per darsi una rappresentanza unitaria
(anche se subiscono in modo solo riflesso i contrasti che si sono creati
a Gaza ed in Cisgiordania). In alcune specifiche situazioni sono però
riuscite a superare le divisioni creando un fronte comune, come nel caso
della ricostruzione del campo profughi di Nar El Barhed, distrutto tre
anni fa nel conflitto tra esercito libanese e le milizie di Fatah al
Islam (organizzazione definita unanimemente di infiltrati nemici degli
interessi dei profughi).

L'ultimo fronte comune si è formato per l'impegno ad osservare una
totale neutralità dei palestinesi rispetto alla situazione che si
potrebbe creare dopo la sentenza che dovrebbe chiudere il 14 Dicembre
prossimo l'inchiesta internazionale sull'omicidio di Rafik Hariri
(ucciso in un attentato nel Febbraio 2005); se si verificasse quanto
temuto, che la sentenza dovesse attribuire l'attentato a membri
Hebzollah, si potrebbe configurare il rischio di una nuova guerra civile.

Tutti i palestinesi concordano nel ritenere che se anche un parte di
loro si facesse coinvolgere a fianco di una delle parti in conflitto,
ciò avrebbe conseguenze catastrofiche per loro.

Va sottolineato infine come tutti gli intervistati, di qualunque
appartenenza politica, hanno ribadito e di ritenersi solo ospiti dello
stato libanese, e di non avere alcuna intenzione di radicarvisi; non c'è
stato il minimo arretramento nel rivendicare il loro diritto al ritorno
nelle terre del 1948 prevalentemente la Galilea, come previsto dalla
Risoluzione dell'ONU 194 del 1948, mai applicata dalla comunità
internazionale.

Segnalo in ultimo che tutte le ONG, ed i presidi medici, hanno bisogno
di soldi, medicine, di apparecchiature mediche.

La ABSPP (Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo
Palestinese), che ha partecipato al nostro viaggio, tiene contatti con
tutte le realtà che abbiamo incontrato e può essere il tramite per gli
aiuti www.abspp.org <http://www.abspp.org> via Bolzaneto 19/1 16162
Genova *Ccp*:Numero *22246169 Cc Banca Popolare Etica :
IT92N0501801400000000131000*

*Adottare un orfano costa solo 50 euro al mese.*

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Avv. Dario Rossi – Giuristi Democratici Genova.