Autor: Aldo Zanchetta Data: A: forumlucca, forumvalleserchio Assumpte: [Forumlucca] fare un piccolo sforzo
So bene che nella civiltà dello spettacolo e dei messaggini chiedere di
leggere più di 10 righe è una scommessa perdente ma ci sono alcune cose su
cui sarebbe bene che fossero in molti ad avere le idee chiare per valutare
le politiche su cui impostare l'epoca post-berlusconi. E quella del
nucleare, sicurezza a parte, è una delle spolpature massime delle finanze
pubbliche (col Ponte, la Tav e alcune altre cosucce da svariati miliardi di
euro ciascuna. AZ
La lobby del nucleare al passaggio dal governo di B a quello delle 3M
di Leonardo Mazzei - 08/11/2010
Fonte: campoantimperialista
C'è qualcosa di vagamente surreale nelle decisioni prese dal Consiglio dei
ministri venerdì scorso. Ministri che litigano su tutto, la consapevolezza
di essere alla frutta ma senza che vi sia nessuno in grado di promuovere un
"25 luglio", un provvedimento contro la prostituzione proprio in pieno "caso
Ruby". A coronamento di questa situazione di sbando le cronache riportano
questo commento di Tremonti: «Inutile che vi affatichiate troppo, tanto il
governo dura fino a dicembre». (Repubblica online, 6 novembre)
Eppure, in quel marasma, una decisione il governo l'ha presa: quella di
nominare il Consiglio direttivo della costituenda Agenzia per la sicurezza
del nucleare, un organismo che dovrebbe accompagnare le prossime tappe del
ritorno dell'energia atomica in Italia.
Se il governo Berlusconi ha avviato il nuovo progetto nucleare, la lobby che
si appresta a specularvi sopra (Enel in primo luogo) non vuole correre il
rischio che tutto vada perso con la sostituzione del Cavaliere con quello
che qualcuno ha definito come il governo delle 3M (Marchionne, Montezemolo,
Marcegaglia). Che tale sostituzione avvenga tramite il super-annunciato
ribaltone, oppure attraverso un passaggio elettorale, è questione in questo
caso secondaria. Quel che conta è l'elevata probabilità che Berlusconi debba
lasciare presto Palazzo Chigi. Ecco allora spiegata la fretta di mettere al
suo posto un altro tassello della strategia nuclearista: che il governo
cambi pure, ma che ciò non significhi la fine del progetto impostato da
Scajola.
C'è un particolare, già annunciato in estate ma non per questo meno
significativo, che mette in luce il lavorio bipartisan del partito
dell'atomo: la nomina a presidente dell'Agenzia di Umberto Veronesi, che
oltre ad essere un famoso oncologo è anche un senatore del PD.
Insieme a due tecnici (Maurizio Cuomo e Marco Enrico Micotti), ad un
rappresentante del Ministero dell'Ambiente (Michele Corradino) ed al
magistrato "antiterrorismo" Dambruoso (!), Veronesi dirigerà un'agenzia di
yes man, di assoluta fede nuclearista, totalmente incapace di fronteggiare
(ammesso e per niente concesso che lo si volesse fare) colossi come Enel ed
Edf. Un'agenzia che servirà soprattutto nel campo della propaganda. E questa
sarà la vera funzione assegnata al volto televisivamente noto di Umberto
Veronesi.
Le verità sul nuovo nucleare dell'ex ministro nuclearista
Per una strana coincidenza, la nomina di Veronesi è stata preceduta
(Corriere della Sera, 4 novembre) da un'interessante intervista dell'ex
ministro dell'industria (governo Dini, 1995-1996) Alberto Clò.
Clò è stato un convinto sostenitore del nucleare. Si oppose al referendum
del 1987 e cercò di rilanciarlo, senza successo, da ministro. Ancora oggi si
dice, in linea di principio, a favore dell'energia atomica. Tuttavia, forse
anche per il suo attuale ruolo di consigliere dell'Eni, nelle risposte a
Massimo Mucchetti enuncia di fatto alcune verità che mettono in luce la
natura meramente speculativa del piano nucleare italiano.
Clò afferma che questo piano non è realistico, che nel mondo il nucleare
tende a declinare, che i costi sono ben superiori a quelli annunciati, che
l'energia è terreno fertile per gli speculatori. In particolare egli
sviluppa quest'ultimo punto, con un illuminante parallelismo tra le garanzie
che oggi vengono offerte alle aziende potenzialmente interessate alla
costruzione degli impianti (Enel, Edf, A2A, E.on) e l'incredibile
finanziamento pagato dai consumatori ai produttori (Enel in primis) con il
famigerato Cip 6, che portò nelle casse di questi ultimi la bazzecola di 40
miliardi di euro.
Il piano nucleare è credibile? Ecco la risposta dell'ex ministro: «Troppe
irresponsabilità, bugie, ignoranze. E siccome le prospettate 8-10 centrali
costano, bene che vada, 40-50 miliardi, temo non si vada da nessuna parte».
E sui costi, confermando quanto abbiamo avuto già modo di scrivere (vedi
Nucleare: Tremonti raccoglie il "testimone" di Scajola?), Clò sottolinea
che: «Scommettono sulle centrali Epr realizzate in Finlandia o in Francia da
Areva per poi scoprire che i costi lievitano da 3 a 5-6 miliardi di euro».
Clò, nell'affermare che il nucleare non è mai stato economicamente
competitivo, e che quando si è affermato ciò è sempre avvenuto grazie agli
aiuti di Stato, si sofferma sulla tendenza al declino dell'atomo come fonte
primaria per la produzione di energia elettrica, un altro tema di cui ci
siamo più volte occupati.
«Il nucleare tende a declinare: dal picco del 2000, quando assicurava il
16,8% della produzione elettrica mondiale (pari a circa il 6% dei consumi
energetici totali - ndr), scenderà al 10% nel 2030». Questa di Clò è una
previsione ancora più sfavorevole (e certamente più realistica) di quella
avanzata dalla IEA, che comunque non va oltre ad una tendenza alla
stagnazione dell'energia atomica.
In questo quadro di evidente difficoltà, è abbastanza pittoresco che
l'Italia ambisca ad arrivare ad un 25% di energia elettrica prodotta dalle
centrali atomiche che si vorrebbero costruire.
Speculazione non mercato
Perché allora insistono su questo obiettivo? Ma perché la propaganda è
assolutamente necessaria per mettere a segno l'ennesima speculazione ai
danni di chi paga la bolletta.
E questa è la sostanza che emerge dalle risposte dell'ex ministro
dell'industria. A Mucchetti che definisce «Il Cip 6 (1), una scandalosa
regalia ai soliti noti, come dicono molti politici», Clò risponde che: «Lo
dicono adesso, a babbo morto, ma nel 1995 fui costretto a inserirlo, pur
mitigato, nella legge che istituiva l'Autorità per l'energia per la
pressione congiunta di centro, sinistre, Lega, Forza Italia in nome di una
liberalizzazione che addossò ai consumatori costi per 40 miliardi di euro
col rischio che la storia si ripeta»
Dove sta questo rischio - in realtà una certezza - riguardo al nuovo piano
nucleare è presto detto: «Il decreto legislativo dello scorso febbraio
stabilisce la copertura assicurativa e finanziaria dello stato in caso di
ritardi non imputabili all'operatore. Prima la limitava a decisioni
politiche. L'innovazione può essere molto gravosa per le finanze pubbliche
ove si pensi che, nel mondo, i tempi di costruzione sono stati fin qui doppi
del previsto. E' stata inoltre garantita la priorità nel dispacciamento come
per le fonti rinnovabili. Vi è poi una non esplicitata richiesta di garanzia
sui prezzi di cessione dell'elettricità a livelli, temo, superiori a quelli
correnti, per rendere finanziabili i progetti».
In sintesi, lo Stato pagherà nel caso di ritardi nella costruzione delle
centrali, le aziende produttrici di energia nucleare avranno diritto a
vendere tutto il quantitativo di energia che vorranno, alla faccia del
mercato, e ciò avverrà presumibilmente a prezzi superiori a quelli correnti.
Abbiamo dunque un gigantesco caso di foraggiamento con denaro pubblico degli
oligopoli del settore, al massimo 2-3 aziende, che non ancora contente di
questa ruberia cercheranno anche di far lievitare i prezzi scaricandoli sui
consumatori. Altro che mercato! Altro che concorrenza! Altro che
liberalizzazione bersaniana!
Ed ecco spiegato il perché di tanta insistenza sull'assurdo ritorno al
nucleare. Ovviamente, nella lobby non ci sono soltanto le aziende citate.
C'è anche un vasto indotto, con annesso giro di tangenti che fa gola a
molti.
E ancora una volta, ottenendo l'atto estremo di un governo moribondo,
costoro si sono dimostrati atomicamente previdenti. Probabilmente non gli
basterà a mandare in porto i propri progetti, ma, attenzione, la lobby non
si arrenderà tanto facilmente.
(1) Il Cip 6 è un provvedimento, adottato dal Comitato interministeriale
prezzi nel 1992, che in teoria avrebbe dovuto incentivare (con prezzi di
favore) le energie rinnovabili. Invece, grazie ad un dispositivo
truffaldino - incentrato sull'ambiguo concetto di "fonti assimilabili" - il
Cip 6 ha finito per incentivare la produzione di energia elettrica con
combustibili fossili e gli inceneritori, per l'occasione ribattezzati
"termovalorizzatori". Alle vere rinnovabili il Cip 6 ha destinato solo il
10% della montagna di denaro (40 miliardi di euro) regalati in 18 anni ai
colossi dell'energia.