Autore: marcantonio lunardi Data: To: forumlucca Oggetto: [Forumlucca] L'allarme del giurista: il bavaglio su internet
aspetta solo un grande pretesto (2008)
di Steve Watson - da Infowars.net. Traduzione di Pino Cabras. (Venerdì
08 Agosto 2008)
Sono emerse delle rivelazioni stupefacenti in relazione ad alcuni
attuali piani governativi che intendono mettere mano al funzionamento
di internet per applicare restrizioni e controlli molto più estesi sul
web. Il professor Lawrence Lessig, un autorevole giurista della
Stanford University, nel rivolgersi al pubblico che quest'anno
presenziava alla conferenza Brainstorm Tech - organizzata da Fortune a
Half Moon Bay, in California – ha dichiarato che «sta per accadere
una specie di '11 settembre di internet'», un evento che catalizzerà
una radicale modifica delle norme che regolano la Rete.
Lessig ha anche rivelato di aver appreso nel corso di un pranzo con
l'ex “Zar” governativo del controterrorismo, Richard Clarke, che
c'è già un 'cyber-equivalente' del Patriot Act, una sorta di
‘Patriot Act per la Rete', mentre il Dipartimento della Giustizia è
in attesa di un evento cyber-terroristico per poterne applicare le
norme.
Durante una sessione di un gruppo di discussione, intitolata “2018:
Vita sulla Rete”, Lessig ha dichiarato:
«Sta per accadere una specie di ‘11 settembre di internet' (“an
i-9/11 event” nell'originale, NdT). Il che non significa
necessariamente un attacco di al-Qā‘ida, bensì un evento in cui
l'instabilità o l'insicurezza di internet diventi manifesta durante un
fatto doloso che poi ispira al governo una reazione. Dovete ricordarvi
che dopo l'11 settembre il governo ha predisposto il Patriot Act in
appena 20 giorni e lo ha fatto approvare».
«Il Patriot Act è bel mattone e ricordo qualcuno che chiedeva a un
funzionario del Dipartimento della Giustizia come avessero fatto a
scrivere un cosi vasto corpus giuridico in così poco tempo, e
ovviamente la risposta fu che esso se ne era stato buono buono dentro
i cassetti ministeriali per tutti gli ultimi 20 anni, in attesa di un
evento che lo avrebbe fatto tirar fuori di lì.»
«Naturalmente il Patriot Act è pieno di ogni sorta di follia su come
i diritti civili vengono protetti, o non protetti in questo caso.
Perciò mentre pranzavo assieme a Richard Clarke gli ho chiesto se ci
fosse un equivalente, se c'era per caso un ‘Patriot Act per la Rete'
dentro qualche cassetto, in attesa di un qualunque considerevole
evento da usare come pretesto per cambiare radicalmente il modo in cui
funziona internet. Disse: “Naturalmente sì”».
Lessig è il fondatore del Center for Internet and Society alla
Stanford Law School. È membro fondatore di Creative Commons, fa parte
del consiglio di amministrazione della Electronic Frontier Foundation
nonché del Software Freedom Law Center.
È ancora più noto quale proponente di riduzioni nelle restrizioni
legali nei confronti dei diritti d'autore, dei marchi e dello spettro
delle frequenze radio, specie nelle applicazioni tecnologiche.
Questi non sono dunque i vaneggiamenti di un qualche smanettone
paranoico.
Il Patriot Act, così come il meno conosciuto provvedimento denominato
Domestic Security Enhancement Act 2003 (altrimenti noto come Patriot
Act II), sono stati universalmente condannati dai difensori dei
diritti civili e dai costituzionalisti collocati lungo tutto l'arco
delle posizioni politiche. Queste leggi hanno sguarnito i diritti
fondamentali e modellato quel che perfino i critici più moderati hanno
definito come un “controllo dittatoriale” ceduto al presidente e al
governo federale.
Molti credono che la legge fosse una risposta agli attentati
dell'11/9, ma la realtà è che il Patriot Act è stato preparato ben
prima dell'11/9 e se ne stava in sospeso, pronto per un evento che ne
giustificasse l'applicazione.
Nei giorni successivi agli attentati, la legge fu approvata dalla
Camera dei Rappresentanti con una maggioranza di 357 a 66. Al Senato
fu approvata con 98 voti a favore e un solo voto contrario. Il
parlamentare repubblicano texano Ron Paul dichiarò al «Washington
Times» che a nessun membro del Congresso fu nemmeno consentito di
leggere il provvedimento.
Ora scopriamo che quasi la stessa normativa restrittiva per le libertà
è stata già preparata per il cyberspazio.
Un “11 settembre di internet”, così come descritto da Lawrence
Lessig, offrirebbe il pretesto perfetto per applicare simili
restrizioni in un solo colpo, nonché di offrire la giustificazione per
emarginare ed eliminare specifici contenuti e informazioni presenti
nel web.
Un tale evento potrebbe presentarsi nella forma di un grande attacco
virale, un hacking dei sistemi di sicurezza o dei trasporti ovvero di
altri sistemi vitali di una metropoli, o una combinazione di tutte
queste cose. Considerando la quantità di domande senza risposta
riguardanti l'11/9 e tutti gli indizi sul fatto che fosse
un'operazione deviata sotto copertura, non è difficile immaginare un
evento simile dispiegarsi nel cyberspazio.
Tuttavia, anche lasciando perdere qualsiasi “11 settembre di
internet” o “Patriot Act per la Rete”, c'è già uno sforzo
coordinato mirante a circoscrivere il raggio d'azione e l'influenza di
internet.
Abbiamo instancabilmente lanciato l'allarme su questo movimento
generale teso a restringere, censurare, controllare a alla fine
bloccare del tutto internet così come oggi la conosciamo, uccidendo in
quel modo le ultime vere vestigia della libertà di parola oggi nel
mondo ed eliminando il più grande strumento di comunicazione e
informazione mai concepito.
I nostri governi hanno pagine e pagine di norme compilate per mettere
le ganasce all'attuale Rete. provvedimenti quali il PRO-IP Act del
2007 /H.R. 4279, inteso a creare uno ‘zar degli IP' presso il
Dipartimento della Giustizia, oppure l'Intellectual Property
Enforcement Act of 2007/S. 522, mirante a creare un intera “rete di
rafforzamento della proprietà intellettuale”. Non sono che due
esempi.
Inoltre, abbiamo già visto in che modo i più grandi siti web privati
e i social network si stiano concentrando e convergano per realizzare
sistemi onnicomprensivi di identificazione, verifica e accesso che
sono stati descritti dal fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, come
«l'inizio di un movimento e l'inizio di un'industria.»
Alcune di queste grandi società tecnologiche hanno già unito gli
sforzi su progetti quali la Information Card Foundation, che ha
proposto la creazione di un sistema di carte d'identità per internet
che saranno richieste per entrare in Rete. Naturalmente un tale
sistema darebbe a chi lo gestisse la capacità di rintracciare e
controllare l'attività degli utenti con molta più efficacia. Questo
è solo un esempio.
Non basta. Come abbiamo già raccontato, i più grandi hub dei
trasporti, come St. Pancras International, o anche le biblioteche, le
grandi imprese, gli ospedali e altre grandi strutture aperte al
pubblico che offrono internet wi-fi, stanno mettendo in lista nera i
siti web di informazione alternativa rendendoli del tutto
inaccessibili ai loro utenti.
Questi precedenti sono semplicemente il primo indicatore di quanto
viene pianificato per internet nei prossimi 5-10 anni, con il web
‘tradizionale' in via di divenire poco più che una vasta banca dati
spionistica che cataloga ogni attività delle persone e le bombarda di
pubblicità, mentre coloro che si conformano al controllo e alle regole
centralizzate saranno liberi di godere del nuovo e velocissimo
Internet 2.
Dobbiamo parlar chiaro riguardo a questa spinta irruente che mira ad
applicare meccanismi di stretto controllo sul web, e farlo ADESSO
prima che sia troppo tardi, prima che la spina dorsale di un internet
libero si rompa e il suo corpo diventi in sostanza paralizzato senza
rimedio.
Articolo originale:Law Professor: Counter Terrorism Czar Told Me There
Is Going To Be An i-9/11 And An i-Patriot Act.