[NuovoLab] 441° ora in sielnzio per la pace

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Autore: norma
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To: controg8, forumgenova@inventati.org
Oggetto: [NuovoLab] 441° ora in sielnzio per la pace







Rete controg8
      per la globalizzazione dei diritti

      Mercoledì 10 novembre dalle 18 alle 19 sui gradini del palazzo
      ducale di genova, 441° ora in silenzio per la pace.

      Incollo il volantino che verrà distribuito


La pace alla sbarra 
Si è aperto
          venerdi 5 novembre
  a Firenze il
          processo d'appello a tredici pacifisti che nel maggio '99
          protestarono contro i
          raid «umanitari» Nato contro la Jugoslavia, subito aggrediti
          dalla polizia. Nel
          2008 sono stati condannati a 7 anni di carcere 

iLa Serbia è
          candidata ad un ingresso, forse nel 2016, nell'Ue. È una buona
          notizia. Non
          sufficiente però a sanare le ferite profonde della guerra del
          1999, che
          continuano a sanguinare sotto le ipocrite bende di un
          colpevole oblio. Una di
          queste ferite si è riaperta il 5 novembre, con il processo
          d'appello contro
          tredici pacifisti condannati il 28 gennaio 2008, in prima
          istanza, a ben sette
          anni di reclusione per aver manifestato del tutto
          pacificamente a Firenze il 13
          maggio del 1999 contro i bombardamenti Nato sulla Serbia
          (allora, con Kosovo e
          Montenegro, si chiamava ancora Jugoslavia). Dissenso uguale
          sovversione o
          invece sacrosanta difesa della Costituzione?

L'imbroglio di
          Rambouillet

          Sul banco degli imputati, anziché i 13 pacifisti
          dovrebbero esserci i vertici politici e militari, compreso il
          governo italiano
          d'allora, che vollero ad ogni costo un'operazione bellica
          altamente
          distruttiva, decisa fuori dall'Onu, in offesa alla
          Costituzione che «ripudia la
          guerra» e in contrasto perfino con lo stesso statuto della
          Nato. 

I raid fecero stragi,
          impunite, di civili

          «Durante i tre mesi di bombardamenti, sono stati
          uccisi 2.500 civili, di cui 89 bambini, e 12.500 feriti. Più i
          morti di
          leucemia per le radiazioni delle bombe ad uranio impoverito».
          I 2.300 attacchi
          aerei hanno distrutto 148 abitazioni, 62 ponti, 300 scuole, 13
          dei maggiori
          ospedali, 176 monumenti di interesse culturale e artistico,
          nonché decine di
          fabbriche e impianti produttivi. Oltre che ai i cosiddetti
          effetti collaterali
          - come il bombardamento dell'ambasciata cinese il 27 maggio,
          con la morte di
          tre funzionari, o quello della colonna di profughi albanesi
          sulla rotta
          Djakovica-Decani «scambiata» per convoglio militare serbo e
          pesantemente
          bombardata con 75 morti. Ma sono molti anche gli attacchi
          deliberati a treni e
          pullman durante il bombardamento ad alcuni ponti, nonché
          l'attacco mirato alla
          stazione televisiva serba, che causò 16 morti tra funzionari,
          giornalisti ed
          impiegati.

La ferita a sinistra,
          non rimarginata

          Ferite su ferite. Il prezzo pagato è tutto politico. La
          crisi della sinistra e il vicolo cieco in cui si trova il
          nostro paese derivano
          in gran parte da quella sciagurata sottomissione agli Usa,
          gendarme supremo del
          mondo globalizzato, capace di rendere ininfluente ogni
          politica autonoma di
          alleati proni.. Fu una scelta per accreditare il nostro paese
          anche a guida di
          sinistra come altamente affidabile per l'Alleanza atlantica 

Un appello
            diffuso con mezzi poveri e nel silenzio
            omertoso dei grandi media ha ricevuto in poco tempo duemila
            firme

.Ultime notizie: La corte ha
            deciso: ha riconosciuto le attenuanti
            dichiarando quindi la prescrizione del reato 

Fonte “il manifesto” 5/11/2010