[NuovoLab] Ecco come a Napoli l’acqua tornerà pubblica

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La notizia è che a Napoli l’acqua sta per ridiventare pubblica grazie a una delibera comunale appena varata. «E’ la prima volta in Italia che ci si spinge così avanti - spiega a Liberazione, Antonio D’Alessandro, 51 anni, commissario della federazione napoletana del Prc.

Perché dici che è una strada inedita?
Perché la delibera, che stabilisce gli indirizzi per la gestione dell’acqua nei prossimi anni, dice senza mezzi termini che, da società per azioni, l’Arin si trasformerà in ente di diritto pubblico.
Perché l’acqua è un bene comune indispensabile, così è scritto. E più avanti si legge che “l’Amministrazione Comunale ritiene che l’acqua deve rimanere permanentemente in mano pubblica attraverso l’impiego di istituti totalmente pubblici”.

Ma è definitivo tutto ciò?
Va detto che è un atto importantissimo ma non ancora definitivo. Necessita
di un passaggio in consiglio comunale.

E quando ci sarà?
E’ scritto nella delibera che il percorso normativo sarà seguito da un comitato di esperti e che entro 30 giorni dovrà presentare le conclusioni. Poi ci saranno i tempi tecnici.

Azzardiamo una data?
Entro la fine dell’anno. Ma comunque si può dire che sia un percorso irreversibile.
Avete in mente un nuovo modello gestionale? Un tema su cui il forum dei movimenti per l’acqua si sta molto impegnando. Sarà, appunto, quel comitato di esperti a suggerire le modalità di gestione.
Non dev’essere stato come bere un bicchier d’acqua vista l’abitudine dei poteri poteri forti napoletani a intrecciare i propri interessi con quelli dei clan.
Vorrei che fosse chiaro che gli interessi in gioco sono enormi, lo dice l’intera vicenda dei rifiuti in Campania che le seti dei poteri forti spesso qui a Napoli scatenano la sete della camorra.
In questa città privatizzare l’acqua vorrebbe dire che la vita stessa possa dipendere dai clan.

Anche l’ingresso della Federazione della sinistra nel consiglio di amministrazione dell’Arin è stata una decisione complicata e discussa.

Infatti: questa vicenda nasce dentro un quadro condizionato da una nostra decisione all’epoca del rinnovo dei Cda delle partecipate. Abbiamo scelto di non mimetizzarci tra le poltrone più comode di altre aziende partecipate del comune di Napoli ma abbiamo scelto Arin proprio per affiancare
la battaglia referendaria. Scelta contestata da una parte del movimento con una lettera aperta
che vi invitava a uscire subito da quei Cda. Loro erano preoccupati che la nostra presenza in una spa, anche se totalmente pubblica, contrastasse la battaglia referendaria. Noi pensavamo il contrario: se noi riuscissimo a ripubblicizzare qui a Napoli prima del referendum potrebbe funzionare da traino per la vertenza complessiva.

Perché una Spa totalmente pubblica non basta?

Perché l’assetto societario non impedisce che possano essere vendute le quote. Già quattro anni fa si paventò la possibilità di immettere sul mercato il 40% delle quote e siamo stati noi a bloccare l’operazione.

Com’è andato il percorso in Giunta?

Va segnalato l’impegno positivo della sindaca che è anche tra gli oltre 50mila firmatari dei tre quesiti referendari.

Non avete paura che qualcuno remi contro?

La storia recente del consiglio comunale di Napoli è anche la storia della battaglia interna al Pd. Sull’acqua poi quel partito non ha una posizione chiara e netta. C’è il rischio che possa presentarsi in maniera non compatta. Per questo non va abbassato il livello di attenzione. Ora il movimento, i sindacati, le associazioni dovrebbero mobilitarsi perché in consiglio comunale
si arrivi con uno schieramento compatto del centrosinistra e nel Pd prevalgano le ragioni della città. Anzi, lanciamo proprio da Liberazione la proposta di una convenzione cittadina per l’acqua pubblica.

Come è stata la dialettica con il movimento dopo quella lettera?

Abbiamo chiesto un incontro con i movimenti anche scrivendo ad Alex Zanotelli ma la condizione per riprendere il confronto era che abbandonassimo il Cda. Noi abbiamo compiuto una scelta in autonomia
creando, penso, una possibilità che si riapra il dialogo. Speriamo che la delibera contribuisca a far cadere certi pregiudizi. Credo sia giusto ricordare che la Federazione è stata determinante
alla raccolta delle firme.

Checchino Antonini
liberazione 28.10.2010