Autore: Antonio BrunoData: 2010-10-05 08:35 UTC To: forumgenova, forumsociale-ponge, forumsegeOggetto: [NuovoLab] «Filmare i clienti per multarli?lo vieta la legge sulla privacy»
secolo xix
«Filmare i clienti per multarli?lo vieta la legge sulla privacy»
i dubbi del garante sul regolamento comunale di videosorveglianza
Pizzetti: «Lecito piazzare le telecamere solo per ragioni di ordine pubblico»
graziano cetara
RIPRENDERE le strade del sesso a pagamento anche per fotografare i clienti delle prostitute e multarli? «Nessuno credo si immagini di farlo. Il fenomeno in sé non è sanzionato, di cosa sarebbero multati?». Il sorriso accennato del professor Francesco Pizzetti, il Garante della privacy, arriva piuttosto chiaro attraverso il telefono dal suo ufficio di Roma. Ma il discorso è serio ed è con la gravità imposta dalla funzione del "nume tutelare" della riservatezza degli italiani, che la spiegazione successiva prende forma: «Non sono a conoscenza dei provvedimenti allo studio da parte del Comune di Genova. Bisognerebbe verificarne il contenuto, il contesto e quant'altro. Certamente nell'ambito della sicurezza urbana, competenza assegnata al sindaco di una città, c'è anche il contrasto all'attività di prostituzione. Non in quanto tale, però, si badi bene».
Il regolamento della video sorveglianza in discussione a Genova in questi giorni si inserisce nel solco imposto dalle vostre linee guida ed estende moltissimo l'ambito di applicazione dell'uso delle telecamere.
«Ormai la sicurezza urbana è una nozione molto ampia, che riguarda anche il contrasto al degrado ambientale e a quei comportamenti che possono destare allarme sociale, il decoro urbano. Ma sempre nell'ambito degli scopi che nel quadro della sicurezza urbana il sindaco deve perseguire. Il vero passaggio è che, con una norma dello scorso anno, si sono collegate le finalità di sicurezza urbana e la possibilità dell'uso di videocamere».
Ma sono stati imposti dei limiti.
«Esatto. Il ricorso alla "telesorveglianza" deve seguire i principi di necessità, proporzionalità e pertinenza, cioè l'uso deve avvenire in zone nelle quali si ha ragione di ritenere il decoro urbano a rischio, secondo ragioni giustificate e serie. E dove vengano messi in atto comportamenti che destino allarme sociale. Per essere chiari, uno che butta una cicca per terra non è ragione valida».
La prostituzione in senso stretto, anche in riferimento alla figura dei clienti, è un fenomeno che desta allarme e preoccupazione. Ma c'è anche il fronte di chi ritiene ingiusto riprendere chi ricorre al sesso a pagamento.
«Il videocontrollo relativo alla prostituzione non può non tenere conto del fatto che tale attività non è qualificata come reato. Dopo di che, al fine di perseguire la sicurezza urbana c'è anche la possibilità di condurre un'azione preventiva laddove la prostituzione possa diventare causa, per esempio, di turbative al traffico, o di problemi seri di allarme sociale, di degrado del decoro urbano. Si tratta di verificare bene, ovviamente, nelle diverse località in cui si pensa di ricorrere a questo strumento, quali siano le situazioni che lo giustificano. E poi lo abbiamo sempre detto, il video controllo deve evitare la ripresa dei volti e dei particolari identificativi delle persone».
A meno che non ci siano inchieste giudiziarie in corso.
«È ovvio. Se si tratta di prevenire reati o semplicemente individuare i colpevoli di reati già commessi, il giudice potrebbe ritenere utile questa forma di indagine. Insomma, dal punto di vista della sicurezza urbana, non è sufficiente il contrasto alla prostituzione in quanto tale, ma ci vuole il collegamento fra questa attività e una serie di fenomeni che incidano sulla qualità della vita della zona, sul contesto complessivo nel quale si sviluppa il fenomeno».
Quali sono i limiti rispetto alla possibilità dei cittadini di visionare i filmati?
«Siamo nell'ambito del normale accesso ai dati personali che deve essere garantito a tutti. Saranno le diverse autorità di volta in volta competenti a disporre le modalità con le quali il cittadino può visionare le immagini nelle quali ritiene di comparire. Il diritto di accesso può essere esercitato in tanti modi ma scatta solo nel caso in cui i video ritraggano l'interessato. Il primo passo è chiedere all'autorità"dimmi se sono stato filmato"».
È giusto che si paghi per esaminare i video?
«Il primo accesso ai dati personali si presuppone a titolo gratuito, lo stabilisce la legge. Solo in caso di ripetute richieste può essere preteso un contributo alle spese di visura (2,50 euro). Se si richiede copia su supporti specifici si può essere chiamati a un contributo alle spese (10 euro). Si parla di contributo, attenzione, e non di rimborso spese. Il dato di fondo è che se hai dei dati che mi riguardano è mio diritto avervi accesso».
Ritiene sia giusto che la video sorveglianza sia gestita da soggetti privati o società miste pubblico private? A Genova accade per l'azienda del trasporto pubblico a riguardo delle corsie riservate ai bus.
«È la funzione che conta, non il soggetto che la esercita. E la funzione può essere svolta anche da privati nell'ambito di regole e con modalità stabilite da convenzioni con l'autorità pubblica».
Il giudice di pace di Genova ha annullato una telemulta comminata dall'azienda del trasporto pubblico, società mista pubblico privata, perché a suo dire la funzione sanzionatoria con la videosorveglianza è competenza esclusiva della polizia stradale.
«Non commentiamo mai sentenze, tanto più quando non le conosciamo. Si può dire però che la funzione sanzonatoria normalmente fa capo a un soggetto pubblico. Ma esistono casi articolati nei quali la possibilità di multare i cittadini viene attribuita a soggetti titolari di una funzione pubblica anche se sono privati».
Per tirare le somme, a suo giudizio c'è un abuso nell'utilizzo della videosorveglianza, in sostituzione del ruolo necessario dei tutori delle forze dell'ordine, o è una normale evoluzione che asseconda lo sviluppo delle nuove tecnologie?
«La videosorveglianza è uno strumento tra l'altro molto spesso richiesto dagli stessi cittadini che si sentono rassicurati dal sapere che un luogo è sorvegliato da telecamere. Spetta al Comune nell'ambito della sicurezza urbana e alle forze di polizia fare un uso ponderato e saggio di questo strumento. Sono loro e solo loro a sapere se il ricorso a questo sistema è eccessivo oppure no».
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antonio bruno.
capogruppo Sinistra Europea - PRC Comune di Genova
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