Autore: Antonio Bruno Data: To: forumgenova, fori-sociali, forumsociale-ponge, ambiente CC: carta Oggetto: [NuovoLab] AMI - AMT L'inchiesta sulla scissione«Fu una truffa allo Stato»
L'inchiesta sulla scissione«Fu una truffa allo Stato»
nel mirino il salvataggio stile alitalia dell'azienda
La Procura aggrava il reato. Nei guai 20 manager pubblici
graziano cetara e matteo indice
NON SI TRATTÒ, nell' opinione della Procura, di un "semplice" favore, di un banale abuso d'ufficio compiuto dagli amministratori in una situazione oggettivamente difficile. La scissione Ami-Amt, la parziale privatizzazione del trasporto pubblico, potrebbe essere stata una vera e propria «truffa», perdipiù«aggravata» perché compiuta «ai danni dello Stato». È infatti questo il reato che il sostituto procuratore Francesco Pinto, titolare dell'inchiesta su una delle operazioni economiche più importanti mai compiute dalle amministrazioni genovesi, ha ipotizzato dopo le ultime relazioni della Guardia di Finanza, tecnicamente ancora a carico di ignoti. E però a breve, appena la Corte dei conti avrà stabilito se quell'intervento produsse un danno all'erario (e di conseguenza un indebito «favore» a un gruppo di privati) sul registro degli indagati potrebbero finire i nomi di venti persone. Tante le Fiamme Gialle ne avevano segnalate alla magistratura, consegnando un elenco contenente tutti i manager che entrarono a vario titolo nell'affaire, compresi l'ex sindaco Giuseppe Pericu e l'ex amministratore delegato di Amt Hubert Guyot.
Non solo. Nelle ultime ore, sempre in Procura, è stato confermato che sott'indagine è finita pure la clausola con cui Tursi e azienda s'accordarono, nell'eventualità che una delle due parti si fosse "sfilata" dall'accordo alla prima scadenza. Si tratta dei cosiddetti "patti parasociali", che prevedevano una sorta di buonuscita per il socio esterno. Anch'essa è oggetto di accertamenti, per capire se si sia trattato d'una garanzia «eccessiva», sebbene non rappresenti il cuore del lavoro investigativo.
Vale a questo punto la pena di ripercorrere la vicenda da cima a fondo. Amt, l'ex municipalizzata dei bus, fu salvata dai privati quando era ormai a un passo dal fallimento. È un dato inconfutabile. Per farlo, però, gli stessi privati furono convinti a scendere in campo e a restarci grazie a una scissione, alla creazione d'una nuova società delle manutenzioni e delle infrastrutture: si chiamava Ami, totalmente pubblica. Fu gravata da una montagna di debiti. Ma i contratti di fornitura, nelle intenzioni del Comune, dovevano portarla in pareggio entro il 2010. Nei fatti, l'hanno prima strozzata e poi affossata definitivamente.
Il "grande sconto" si profila alla vigilia dell'ingresso dei privati proprio in Amt. La bozza dei trasferimenti intercompany - vale a dire il pagamento di Amt (società per azioni, controllata dal Comune e in minoranza dal colosso francese Transdev) in favore di Ami (azienda pubblica) per le manutenzioni dei mezzi - datata 2004 delinea sulla carta una crescita costante: 158 milioni di euro in sei anni, più altri 28 milioni per gli affitti. Con quei soldi, forse, la società pubblica sarebbe rimasta in piedi. Ma le previsioni vengono sistematicamente ribaltate e nelle casse entrerà molto meno.
È il 2005 quando in Amt fa il suo ingresso per il 41% Transdev. E da quel momento in avanti riparare i mezzi e gestire le rimesse (ovvero il lavoro da pagare alla società comunale Ami) vale sempre meno. È il Comune, con un diktat al consiglio di amministrazione Ami in cui s'impone la revisione delle cifre, a stabilire ribassi ripetuti. In un caso li dispone sfoderando accordi retroattivi, dopo che i compensi per l'anno successivo erano già stati approvati e basati su parametri più favorevoli al "pubblico". In sostanza: a un certo punto Ami imposta il suo bilancio pensando di ottenere la cifra che gli aveva assicurato per iscritto il Comune. Ma ancora il Comune, due mesi dopo, dice che i soldi saranno meno. E qui starebbe la truffa.
Penalizzare l'azienda interamente pubblica (lo stesso sistema usato per il salvataggio Alitalia), era l'unica strada percorribile per preservare il funzionamento dei bus? La contropartita dei privati è stata adeguata? Perché il buco del gruppo comunale, che doveva progressivamente chiudersi, si è invece trasformato in una voragine? «Di certo - ammette una fonte sindacale - lo "sconto" ad Amt (quindi al socio privato Transdev) c'è stato, e corposo. Ma nel momento i trasferimenti da Roma e dalla Regione non sono più sufficienti e ci si mette nelle mani di un investitore esterno, è un po' come se si perdesse la facoltà di tenere il coltello dalla parte del manico. Non avendo la possibilità di iniettare denaro in prima persona, lo si chiede agli altri. Che finiscono, comprensibilmente, per dettare condizioni». Ed ecco che dopo un percorso ben più tortuoso del previsto, il 2 gennaio 2006 il management della pubblica Ami apprende in via ufficiale che alla fine incasserà 65 milioni in meno del previsto. È il preludio della resa: il cda, dopo i tagli a raffica per preservare Amt, nel novembre 2007 «prende atto» dell'impossibilità di rimanere in vita. L'acquirente straniero è stato favorito troppo? La risposta del pm, adesso, è davvero vicina.
cetara@???
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antonio bruno.
capogruppo Sinistra Europea - PRC Comune di Genova
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