Re: [Hackmeeting] I nemici della rete, il libro

Delete this message

Reply to this message
Autor: xDxD.vs.xDxD
Data:  
Para: hackmeeting
Assunto: Re: [Hackmeeting] I nemici della rete, il libro
ello'

2010/10/2 Johnny <johnny@???>:
> On Fri, 2010-10-01 at 18:46 +0200, vecna wrote:
>> . all'atto pratico, quanto è possibile che un pdf scansito+OCR (o,
>> magari, un pdf molto simile all'originale) vada online indipendentemente
>> dalla licenza ? la casa editrice che puo' dire ?
> Da quel poco che so, pubblicare sul proprio sito versioni
> preprint/prereview dei propri articoli (magari esplicitando con parole e
> layout che si tratta di un manoscritto) è la norma nella produzione
> scientifica: l'editor sembra detenere il copyright della versione
> finale, e l'openAccess sembra si paghi solo se richiesto per la versione
> finale (i.e. l'unica davvero in mano all'editor).
>


dipende da quello che c'è scritto sul contratto che firmi.

per esempio quando abbiamo pubblicato con Castelvecchi, eravamo
intenzionati a contrattare tutta una serie di cose e l'abbiamo fatto.

c'è da dire che per Castelvecchi il mettere il marchietto Creative
Commons è coinciso più o meno ad una scelta grafica tra tante. Non
abbiamo percepito minimamente un gesto "politico" dietro questa cosa.
Ma è anche vero che la nostra era una piccola produzione non
"strategica" e che quindi su libri più centrali, che vendono decine di
migliaia di copie magari il discorso sarebbe stato differente.

assieme a quello quindi abbiamo potuto mettere il libro in download
completo (versione finale, copertina compresa) in download sul sito e
sui vari circuiti p2p (tra l'altro con tantissimissimi download: non
pensavo che si scaricassero tanto i PDF).

discorso completamente differente sta avvenendo invece con
DeriveApprodi con cui tra poco pubblicheremo il libro del
RomaEuropaFakeFactory.

lì la scelta della licenza di distribuzione è corrisposta ad un
pensiero preciso che, tra l'altro, sta anche dando forma alla
comunicazione che sarà fatta dell'oggetto e alla predisposizione di
piattaforme che renderanno l'oggetto di carta solo un pezzo di una
stella di canali di informazione e narrativa. Veramente diametralmente
opposto al caso precedente.

Quindi in sostanza: non mi sembra, da quel che ho capito in questi due
casi, che ci siano regole definite, ma solo cose che contratti quando
stabilisci il rapporto con l'editore, (innanzitutto) e quando firmi il
contratto di edizione (poi).

Sta comunque alle persone avere un obiettivo (politico, di vendite,
etico, quel che vi pare) in testa e magari non accettare il primo
editore che passa, se questo non soddisfa i parametri che ci si dà. A
costo di produrre le cose da soli e dichiarare il proprio modo di
agire. Però comunque per fortuna ci sono molte realtà che di questi
temi (libertà di diffusione, proprietà intellettuale, autorialità) si
occupano intensamente e, oltretutto, son anche bravi editori che
magari ti seguono benissimo, meglio di tanti altri più blasonati. Per
esempio per noi con Derive sta succedendo questo.

micro-nota sul creative-commons e JoyIto e famiglia bbella. Quando
siamo andati a vedere la conferenza che ha fatto al senato,
organizzata guardaunpo' da Telecom Italia e Fondazione Romaeuropa, in
sala dopo esserci sorbiti i vaneggiamenti destroliberisti di Ito, e la
sua dichiarazione di come loro considerino CreativeCommons come un
ennesimo protocollo della pila TCP-IP, sopra quello applicativo, e
dedicato a "oliare" le transazioni finanziarie su internet, abbiamo
fatto una domanda.

mi sono alzato e gli ho chiesto se non si sentissero un po'
depredatori degli "estremi" che, di fatto, producono tutto quel che
loro stanno sfruttando da bravi capitalisti cognitivi del kaiser. E ho
chiesto se lui, visto che è un venture capitalist, fosse disposto a
finanziare, ad esempio, una iniziativa che in un certo istante fosse
risultata essere "illegale" e che però fosse scintilla di nuove
pratiche interessanti per il futuro prossimo della cultura e della
libertà di diffusione dell'informazione e della conoscenza.

mr. Ito ha candidamente risposto che no, non avrebbe sostenuto la
pratica e che avrebbe aspettato che diventasse "legale", per poi
investirci secondo i propri interessi.

quindi: caro attivista delle libertà digitali, fai tu tutto il lavoro
sporco, becca le mazzate e fatti denunciare. Appena hai fatto, fammi
un fischio che io ci metto su un par di milioni di dollari e ci faccio
un bel business per cazzi miei.

veramente caruccio.

cià!
xDxD