Re: [Hackmeeting] I nemici della rete, il libro

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Autore: hy
Data:  
To: hackmeeting
Oggetto: Re: [Hackmeeting] I nemici della rete, il libro
On 10/1/10 6:46 PM, vecna wrote:
> a.dicorinto@??? wrote:
>> Ecco finalmente, parliamo di questo: il tema è il copyright. Ho fatto
>> una scelta: pubblicare in creative commons a 24 euro oppure in
>> copyright a 11 euro. Ho scelto Rizzoli per la carta ecologica e non una casa
>> editrice compagna che non me la dava.
>
> ah, 11 rispetto a 24 ? mi chiedo:
>
> . questo discorso viene fatto a tutti i libri ? cioè, se si mette in CC,
> viene fatto un prezzo piu' alto ? mi stupisce questo perché l'unico caso
> di libro che ho visto scaricabile+venduto+ho sentito i commenti degli
> autori, è luci e ombre di google, e so che Feltrinelli per quanto avesse
> storto il naso, gli ha consentito il download (il download della
> versione non revisionata dalla casa editrice, se non ricordo male).


Le licenze CC non influiscono sul prezzo di copertina, casomai sulla
promozione. Una casa editrice che pubblichi testi in CC potrebbe
fregiarsene scrivendolo a caratteri cubitali, ma non è quasi mai così.

Di seguito le posizioni di ippolita e quelle di Raf (shake -
Feltrinelli) che parla anche del libro (sempre copyleft) del gruppo
Laser. Non che Raf ne esca gran bene a nostro avviso.

http://www.repubblica.it/2006/11/sezioni/scienza_e_tecnologia/google5/google-libro/google-libro.html

l'estratto inerente:

Non è certo la prima volta per il gruppo Ippolita che, nel 2005, ha
pubblicato, ma questa volta per elèuthera editori, il volume "Open non è
free", sottotitolo "Comunità digitali tra etica hacker e mercato
globale". E non è la prima volta nemmeno per Feltrinelli. Già nel
settembre del 2005 l'editore milanese aveva infatti dato alle stampe "Il
sapere liberato. Open source e ricerca scientifica" (licenza Creative
Commons) scritto dal gruppo Laser, così come ci conferma Raf Valvola,
oggi editor della casa editrice, ma cofondatore della storica Shake
edizioni e pioniere del cyberpunk, il quale ci tiene a precisare:
"Feltrinelli ha sempre avuto una particolare attenzione a queste
tematiche, tant'è che è stata la prima casa editrice italiana a
partecipare al progetto Google Print, per la ricerca limitata ai
contenuti di libri digitalizzati, così come è stata la prima ad adottare
una piattaforma Gnu/Linux per il proprio sito".

Abbiamo quindi chiesto a editore e autori come sono andate le cose, chi
ha convinto chi nel pubblicare un'opera, non più seguendo la ormai
canonica legge del diritto d'autore ma concedendo alcuni particolari
diritti agli autori, tanto da rendere possibile la pubblicazione del
testo anche online prima dell'uscita in libreria. "Un grande editore",
ci ha detto il gruppo Ippolita "non ha che da trarre vantaggio da una
pubblicazione copyleft. Lo hanno capito anche molte case discografiche.
Si tratta di pubblicità gratuita e dell'opportunità di ammantarsi di
un'aura democratica, di illuminati. Per un piccolo editore - come nel
caso di elèuthera con cui abbiamo pubblicato "Open non è free" - si
tratta di un vero gesto politico, di una sfida al mercato e del
desiderio di comprendere i cambiamenti che il digitale sta portando alla
cultura globale. La struttura produttiva di un grande editore ci ha poi
dato l'opportunità di sperimentare le potenzialità di questo approccio".

Ma, aggiunge Raf Valvola, "l'esperienza con il gruppo Ippolita, così
come con il Gruppo Laser sono una tantum. Si tratta di esperienze che
hanno un valore politico oltre che editoriale. Il fatto poi che sia
pubblicato online non credo cambi di molto il numero di copie che si
vendono, né in positivo, né in negativo".


> . la carta è una questione indipendente dalla casa editrice e dal prezzo
> e dalla licenza ?


no, non lo e'. in parte si', lo è. è complicato, qui si tratta di
parlare di come funziona il mercato editoriale in Italia, ma diciamo
pure in Europa e nel mondo.

Di fatto, la compravendita di carta è un'attività assimilabile alla
finanza: i grossisti comprano la carta dalle cartiere al prezzo piu'
basso possibile, la stoccano e la rivendono al prezzo piu' alto
possibile, anche a costo di mandare il mercato in sofferenza.

Chi vende la carta è alla ricerca di sempre nuove linee di credito per
poter comprare quantitativi piu' grossi e rivenderli a prezzi piu'
competitivi... Il margine di guadagno è finanziario, ovvero è giocato
sulla differenza tra il costo del denaro ottenuto dalle banche e il
costo del denaro concesso ai compratori (dilazioni, pagamenti rateali,
sconti, ecc.). Vendono carta, ma potrebbero vendere ferro, sarebbe lo
stesso meccanismo.

Ma d'altra parte, le grandi case editrici hanno dei patti d'acciaio con
le cartiere (spesso di loro proprietà o partecipate), e stampano magari
il 30 o 40% in piu' di un titolo che poi andra' macerato, alimentando il
mercato cartario della riciclata, che fa anche tanto eco-chic. Ma anche
senza stampare di più, un bestsellers ha mediamente il 30% di rese:
significa che un titolo venduto in un milione di copie avrà mediamente
300mila copie rese da macerare... a 250 grammi la copia, fanno 75
tonnellate di carta che sarà venduta come riciclata!

Poi c'è il discorso della stampa. Da Milano o Roma magari si stampa in
Trentino (quando non nell'europa dell'Est o in India), regione a statuto
speciale dove la stampa è un'attività sovvenziona da denaro statale...
Insomma è difficile dare una risposta alla domanda-carta, per quanto
riguarda la casa editrice! Di certo però la licenza e il prezzo sono
indipendenti: non costa di piu' pubblicare in CC, semmai puo' esserci un
ritorno pubblicitario.

L'esplosione degli ebook di fatto va a sostituire il comparto della
carta con il comparto dei dispositivi elettronici, per cui al posto
delle cartiere gli editori fanno affari con i grossisti del digitale,
magari accoppiandosi fra loro in mostruosi cartelli.

Poi c'è il discorso licenza. Occhio che le CC sono uno strumento, non la
soluzione di ogni problema. Intanto sono politicamente deprecabili:
Lawrence Lessig, Yoi Ito & C. sono dei libertarians, anarco-capitalisti
all'americana, gente che pensa che le tecnologie siano sinonimo
automaticamente di maggiore libertà (individuale) senza alcuna forma di
solidarietà (il terzo punto della triade: liberté, egalité,
fraternité...). Sono tecnocrati in senso stretto, perché dall'alto delle
loro conoscenze del sistema giuridico forzano il sistema legale ad
accettare una "maggiore libertà", mentre semmai il punto politico è che
il sistema legale è la rappresentazione degli interessi delle élite che
lasciano qualche briciola (non sempre) ai poveracci. Sono gli stessi che
sostengono il Pirat Partiet svedese, The Pirate bay, WikiLeaks, e in
definitiva non sono lontani dalle idee dell'estrema destra statunitense.
Ippolita le ha utilizzate perché non ci sono altri strumenti legali che
una grande casa editrice come Feltrinelli potesse accettare, né che
potesse proteggere legalmente una piccola casa editrice come Elèuthera
dalle insidie del public domain (che tra l'altro in Europa non esiste).
Ma era e continua ad essere una scelta contrastata e senz'altro
transitoria, in attesa di qualcosa di meglio..


> . all'atto pratico, quanto è possibile che un pdf scansito+OCR (o,
> magari, un pdf molto simile all'originale) vada online indipendentemente
> dalla licenza ? la casa editrice che puo' dire ?


se il testo è in CC nn può dire niente.
Noi abbiamo preferito mettere la copia "the dark side of Google" perché
un po' ci piaceva di più un po' siamo stati pigri.

la casa editrice può scalpitare, e magari se è potente e politicamente
appoggiata può far chiudere dei server, ma sappiamo che quando un pezzo
di informazione è online non si può cancellare. Il problema è quando si
vuole pubblicare in cartaceo E in digitale, perché gli editori non
capiscono, il mercato non accetta, gli autori si stupiscono...

> . pensi che da autore ti sentiresti violato se il libro venisse
> distribuito digitalmente, indipendentemente dalla licenza ? (questo te
> lo chiedo perché non sono mai stato un autore, chissà che sensazione si
> prova).


Sul concetto di autorialità potremmo discutere ore, forse sarebbe anche
figo, ma magari di persona :)

L'autorialità va distrutta. Per questo esistono le firme collettive.
Ma rinunciare al proprio nome è un gesto di libertà che non tutti hanno
la forza di fare.
Senno poi che ci mettono sul curriculum?

Ma piu' che distrutta, l'autorialita' va decostruita, compresa,
insegnata, condivisa, trasformata. E poi, attenzione: a Ippolita è
successo anche il contrario. Ovvero che un editore pubblicasse un libro
scritto da Ippolita (insieme a un collaboratore), sempre nell'ottica
della sperimentazione di scritture collaborative, sotto un altro nome e
cambiando alcune parti non gradite del testo. Si tratta di "Steve Jobs -
Giù le mani dal guru", collana I Cattivi, Bevivino editore, Milano. Il
quale a due anni dalla consegna ha tirato fuori il testo dal cassetto
(dalla mail...), allora giudicato non pubblicabile e quindi non
retribuito, e l'ha pubblicato, stralciando un paio di paragrafi
scottanti (sulla religione della mela morsicata...), aggiungendo un
paragrafetto sull'iPhone da poco uscito e indicando come autore un
sedicente "Giacomix", collettivo inesistente la cui storia è copiata dal
sito di Ippolita, pubblicandolo con una licenza incomprensibile che si
vuole copyleft. Triste vedere il tuo libro prima rifiutato, poi
pubblicato (monco) a nome altrui. Il nostro wiki e le nostre mail sono
ancora li' a testimoniare quanto siamo stati fregati. Ma ci siamo ben
guardati dal fargli causa: nessuno crede nella legge, ne' tantomeno
negli avvocati e nei giudici. Ma sarebbe il caso di usare situazioni
simili (e ne esistono molte, sia nei libri sia nei dischi) per
denunciare i meccanismi dell'autorialità e della chiusura editoriale.

In definitiva comunque si tratta di permettere, non di rinunciare. Non è
una scelta di sacrificio e sofferenza, ma di condivisione per piacere.
Come il copyleft è un "permesso d'autore", cosi' l'autore collettivo è
un "permesso d'identità". Sarebbe meraviglioso se altre persone usassero
il nome di Ippolita per scrivere-fare cose interessanti. Cosi' non è.
Parlandone con il collettivo USA Crimethinc, molto piu' vasto e
articolato di Ippolita, salta fuori che anche loro hanno lo stesso
problema. E ovviamente posizioni differenti su chi puo' usare l'identità
CrimeThinc! Si veda http://www.crimethinc.com/ Insomma un autore
collettivo non garantisce un uso collettivo, e l'autorialità, tutto
sommato, è uno strumento interessante per costruire identità multiple e
ci riserva ancora molte sorprese.

>
> grazie,
> v


grazie a te :)

Ippolita kru




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