Re: [Hackmeeting] Ci si ride o ci si piange?

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Autor: caparossa
Data:  
Para: hackmeeting
Assunto: Re: [Hackmeeting] Ci si ride o ci si piange?
Il 21/09/2010 15:18, Robert J. Newmark ha scritto:
> On Tue, 2010-09-21 at 15:10 +0200, caparossa wrote:
>> -----BEGIN PGP SIGNED MESSAGE-----
>> Hash: SHA1
>>
>> http://www.famigliacristiana.it/Informazione/News/articolo/la-scuola-militare.aspx
>
> intanto mi inquieta vedere un link a famiglia cristiana sulla lista...


sono loro che hanno dato la notizia, per primi e quasi da soli, quel giorno.
non ti incazzare con me: lettere@??? o simila.

> ma a parte questo.. se non avessi riserve ovviee su chi e perche' lo ha
> organizzato, trovo non solo interessante ma anche FONDAMENTALE per il
> futuro che li aspetta l'insegnamento di:
> "corsi di primo soccorso, arrampicata, nuoto e salvataggio e
> “orienteering”, vale a dire sopravvivenza e senso di orientamento, ...
> Non solo, ma agli studenti si insegnerà a tirare con l’arco e a sparare
> con la pistola (ad aria compressa). E in più “percorsi
> ginnico-militari”. "
>
> se togli la pistola e la russa, e la gelmini, e anche l'approccio
> militare (dirai tu.. e che resta?), per il resto sarei contento se
> insegnassero a scuola quelle 'materie'.


sarebbe divertente, fosse una battuta.

rigiro da altra lista:

- -------- Messaggio originale --------
From: Gigi Bettoli
To: rivistoriantago@??? <rivistoriantago@???>
Date: Wed, 22 Sep 2010 19:30:01 +0200

Non sono molto d'accordo.
Innanzitutto perché la questione esercito di leva/di mestiere è nata dal
vicolo cieco della poca progettualità della sinistra sulle questioni
militari, ed in particolare dall'incapacità di ragionare sulla questione
delle questioni: il superamento delle istituzioni militari, come di
tutte le altre istituzioni totali.
Così si è arrivati al cul-de-sac di un'obiezione di massa, magari poco
qualificata ma chiara espressione della volontà popolare, e della
contemporanea mancanza di una risposta politica di sinistra alla
questione. Condita dalle amenità post-89 sul radioso mondo di pace e di
disarmo che ci si aspettava, espressione di un pensiero a-classista e,
sostanzialmente, povero sui cambiamenti mondiali in atto.
Inoltre la rivendicazione della professionalizzazione è stata anche
patrimonio di (tutto sommato ristretti) settori di giovani di sinistra,
soprattutto a partire dalla spinta in atto negli anni '70 alla
sindacalizzazione della polizia. Rivendicazione che, nel post-89, si è
saldata con la speranza dei militari professionali di sinistra (in gran
parte sottufficiali) che la prospettiva che si stava aprendo portasse al
superamento degli eserciti e dei blocchi militari, e rendesse possibile
la loro riconversione in strutture della protezione civile.

Altra cosa è la stronzata dalemiana dell'autonomia dell'arma dei
carabinieri, che nulla c'entra con queste tendenze, e che anzi è andata
a cozzare con i movimenti per la smilitarizzazione e la
sindacalizzazione proprio dei carabinieri (e della finanza), invertendo
la rotta rispetto al vittorioso movimento per la smilitarizzazione e la
sindacalizzazione della Ps, seguito poi a lunga distanza e ad efficacia
attenuata da quella della Polizia Penitenziaria. Non è un caso che la
scelta dell'autonomia dell'arma dei carabinieri avvenga in un contesto
di alleanza D'Alema-Cossiga, che dovrebbe dirci ben qualcosa in termini
di alleanze interne ed internazionali.

Che i giovani militari vadano a fare il militare per soldi, è
un'ovvietà, così come avviene negli Usa, dove ti paghi l'università
andando a fare prima stragi in giro per il mondo. Il problema è che così
questi giovani vanno ad esportare l'imperialismo ed il colonialismo,
dall'Iraq all'Afganistan, dalla ex Jugoslavia a chissadove, e lì
compioni stragi e sono resi partecipi di una realtà di violenza estrema,
dalle stragi dei ponti di Nassiria alle violenze sessuali sulle
ragazzine in Mozambico e Somalia, solo per fare qualche esempio.
Non capirlo vuol dire non capire quale degenerazione si stia
introducendo nelle menti delle giovani generazioni: il mutuo della casa,
il macchinone ed un sacco di altri beni di consumo, in cambio della vita
di schiavi coloniali. Inoltre le facilitazioni per gli ex militari
(nelle assunzioni delle forze di polizia, nel pubblico impiego, perfino
nei pompieri, oltre che nei vigili urbani), ci ritornano addosso come un
boomerang in termini di militarizzazione e nuova violenza civile al loro
ritorno. Missioni militari e violenze poliziesche e burocratiche sono
direttamente proporzionali, mentre indagini ed interventi civili non
sono certo qualificati dal fatto di essere realizzati da persone
abituate solo ad uccidere i civili.

Quanto al fatto che l'esperienza militare sia servita anche alle lotte
di liberazione, è pure essa un'ovvietà. Ma è vero anche che ai disertori
come Misiano o Frierich non è servito fare la guerra, per partecipare
alle insurrezioni tedesche del 1919, passando dal pacifismo integrale
alla rivoluzione proletaria. Stessa cosa per i miliziani spagnoli del
1936, che non avevano alle spalle l'esperienza della prima guerra
mondiale: e, se i volontari internazionali hanno portato il loro
contributo anche tecnico, ciò non è certo servito di fronte al blocco
economico internazionale a senso unico, ed alle sciagurate scelte di
scontro fratricida di chi aveva maggiore tecnica alle sue spalle: la
guerra era già stata persa a Barcellona nel 1937, e nella lesina degli
armamenti alle milizie anarchiche e comuniste antistaliniste sul fronte
di Aragona, non nella sua annunciata rottura all'inizio del 1939. Stesso
discorso per i giovani renitenti alla leva che nel 1943-1945
alimentarono il movimento partigiano, senza aver mai sparato prima un
colpo. Il problema, ora come allora, è quello dei quadri tecnici (che
infatti furono presi dall'ufficialità badogliana, dai sottufficiali
obiettori a Salò, dai miliziani internazionali di Spagna e dagli anziani
antifascisti che nel 1915 era stati ufficiali di complemento
interventisti), non quello di insegnare ai ragazzi le cazzate delle armi
di legno di balillesca memoria.

Piuttosto è vero che, salvo eccezioni, quasi sempre le istituzioni
militari sono state usate contro i movimenti popolari (nel nostro paese
sempre più che altrove).
Caso mai, la Resistenza italiana ha avuto come ideologia soprattutto il
superamento della guerra, così come questo era stato anche l'ideale
dell'interventismo democratico di quasi trent'anni prima. E non a caso
dal movimento resistenziale si è passati al movimento contro la guerra
atomica, alla saldatura tra movimento nonviolento di espressione laica o
religiosa e partigiani della pace, alla teorizzazione togliattiana
dell'alleanza sinistra-cattolici in difesa del destino di un'umanità
minacciata da un tipo di guerra ormai irreversibile, come quella nucleare.
Questo ha portato al crescente scambio, fino al meticciato
politico-culturale, tra sinistra e pacifismo nonviolento. Non è certo
questo che ha disorientato la sinistra italiana: tanto è vero che, alla
scelta nonviolenta del Pci di Occhetto nel congresso di Firenze (credo
1988), è seguita - guarda caso - l'abiura del Pds, che ha escluso tale
scelta in tutti i suoi documenti.
Quanto ai cattolici ed ai radical-schic: ricordiamoci di don Milani e
della sua Lettera ai cappellani militari; degli anni di galera dei primi
obiettori; degli scioperi della fame e degli scioperi alla rovescia con
cui Danilo Dolci legò meridionalismo, sindacato di classe e movimento
nonviolento. Ed anche della lunga campagna antimilitarista dei primi
radicali. Altrimenti rischiamo di avere qualche "illusione ottica".

Una nota all'intervento di Alessandro: dal Risorgimento all'avvento del
fascismo, in Italia (altrove con altre tempistiche, che hanno
influenzato l'ambiente italiano, a partire dalla Rivoluzione Francese)
la rivendicazione della difesa popolare (il "popolo armato") è sempre
stata una rivendicazione della sinistra, contrapposta all'esercito di
mestiere. Anche da ciò nasce la "mediazione" degli eserciti di leva,
necessari per le guerre di massa moderne, appunto dalla difesa della
Rivoluzione contro la reazione internazionale (Valmy, battaglia troppo
spesso citata a cazzo dal non compianto Kossiga), alle guerre mondiali,
con il loro annesso sterminismo.
Credo che si possa archiviare quel capitolo senza troppi rimpianti, pur
prendendo sul serio tutta la storia ideale che stava dietro il
ragionamento. La sinistra italiana l'ha fatto con fatica, a partire dai
movimenti sull'obiezione di coscienza, soprattutto dal secondo
dopoguerra fino alla legge del 1970. Essendo costretta ad accettare il
fatto, vissuto sulla propria pelle, che gli eserciti di leva non educano
il popolo, ma gli sparano contro. Anche la lezione del Cile del 1973 va
in quel senso.

Ciao
Gian Luigi Bettoli

- -------- Messaggio originale --------

- -- 
"un carabiniere mi disse: lottate lottate, che poi se vincete,
a noi ci mettono una stella rossa sopra il cappello
e vi picchiamo lo stesso".                          Roma, 1971
                          Guglielmo "Billi" Bilancioni