http://noinonsiamocomplici.noblogs.org/post/2010/09/17/abcie-glossario-dossier-a-cura-di-noinonsiamocomplici/
E’ finalmente pronto il dossier che avevamo preannunciato un paio di mesi
fa.
Mentre ci lavoravamo nei Cie di tutta Italia sono continuati le rivolte e
i tentativi di fuga. Anche dal Cie di Modena alcuni immigrati hanno
cercato
di tagliare la corda dimostrando, ancora una volta, che quel lager non è
meno lager di altri, checché ne dica Giovanardi.
Per tutte queste notizie rimandiamo a Macerie che, come sempre, è il sito
più aggiornato.
Poniamo, invece, alcune domande su due fatti recenti.
La prima riguarda l’Ariete, il peschereccio di Mazara del Vallo
mitragliato, la notte del 13 settembre scorso, da una motovedetta italiana
’gentilmente’ concessa in dotazione – con tanto di armi e finanzieri –
alla Libia in seguito agli accordi sul pattugliamento del Mediterraneo.
Al
di là dell’orrore giustamente suscitato dalla prassi della battuta di
caccia alle/i migranti, resa definitivamente evidente da questa vicenda,
ricordiamo che l’Ariete nell’inverno del 2008 fu uno dei pescherecci che
intervenne per salvare centinaia di migranti che, stipati in due barconi,
erano in preda al mare forza 9. Per l’Ariete, come per altri pescherecci,
non si trattava del primo intervento solidale, pratica per la quale
avevano
già ricevuto dei riconoscimenti ufficiali nonché un premio. E allora ci
chiediamo se sia davvero ‘per sbaglio’ che la ferocia criminale dei
pattugliamenti congiunti si sia scatenata contro l’equipaggio del
peschereccio o se, invece, si prospetti la pena di morte per “delitto di
solidarietà“.
E a proposito di pena di morte, davanti alla lodevole quanto, spesso,
ipocrita e guerrafondaia mobilitazione per Sakineh un’altra domanda sorge
spontanea: se Sakineh per sfuggire alla pena di morte fosse scappata in
Italia e fosse stata portata in un Cie per essere espulsa, ci sarebbe
stata
la stessa attenzione? O, invece, avrebbe fatto la fine di Faith della
quale, per altro, ancora non si riescono ad avere notizie né a sapere,
almeno, se sia ancora viva? E quante sono, oggi, le Faith e le Sakineh
rinchiuse dallo Stato italiano nei lager per migranti in attesa di
consegnarle al boia?
Anche in forza di questo quadro raccapricciante, vi invitiamo a diffondere
il dossier ABCie – La lotta con Joy: un’esperienza singolare?, sperando
che
possa fornire utili strumenti per continuare la lotta contro i lager della
democrazia.
Di seguito potete leggerne la premessa nonché scaricare la versione
stampabile e quella web coi link ipertestuali.
Perche questo “glossier”?
Può capitare che le anime belle che si avvicinano alla politica si trovino
imbrigliate in un ginepraio di istituzioni, enti, associazioni e
cooperative – magari dal nome accattivante o rassicurante – che sembrano
occuparsi di “cose giustissime”… Queste anime belle rimangono così
irretite
dal “volto umano” di alcune istituzioni senza comprendere a che ruolo
siano
asservite.
La storia di Joy, che ha reso più trasparenti le mura dei Centri di
identificazione ed espulsione (Cie), ci ha permesso di distinguere con
chiarezza chi fa cosa e che ruolo riveste là dove un mandato non è mai
neutro perché significa profitto.
A Joy, vittima di tratta come tante altre ragazze nigeriane, lo Stato
italiano ha rubato un anno di vita nel circuito Cie-carcere-Cie per
essersi
difesa dalla violenza sessuale di un ispettore-capo di polizia nel lager
per immigrati/e di via Corelli, a Milano.
Pur avendo seguito la sua vicenda dall’inizio, abbiamo potuto incontrarla
quando, dopo due mesi di Cie e sei di carcere, è stata rinchiusa di nuovo
in un Cie, quello di Modena. La sua domanda più ricorrente era la medesima
di donne e uomini rinchiuse/i nei lager della democrazia: “Perché sono
qui?”.
In parte è catartico per noi render pubblica questa esperienza, ma
soprattutto intendiamo mettere a disposizione di chi lotta contro i Cie
degli strumenti in più e dare, a chi ancora non lotta, delle buone ragioni
per cominciare a farlo senza rimandare oltre.
Con questo “glossier” (dossier in forma di glossario) vorremmo anche
affrontare una serie di fraintendimenti che non abbiamo avuto tempo di
chiarire lungo il percorso perché eravamo troppo concentrate
sull’obiettivo: tirar fuori Joy dal lager per migranti e non farla
rimpatriare.
Non pretendiamo di essere esaustive, quanto di fornire uno strumento
ulteriore per la cassetta degli attrezzi di chi sogna una società senza
gabbie e combatte per realizzarla. Questa esperienza “singolare” – una
microfisica che è anche una macrofisica – si inserisce nell’esperienza
collettiva elaborata in anni di lotte contro i Cie, per meglio mettere a
fuoco il dispositivo in generale.
Creati come Centri di permanenza temporanea (Cpt) nel 1998 dal governo di
centro-sinistra con la famigerata legge Turco-Napolitano, i Cie non
possono
essere umanizzati né riformati – cosa che le istituzioni locali vanno
invece farneticando a proposito del costruendo Cie in Toscana! – ma devono
essere cancellati dalla storia umana, come tutti i lager e le altre
istituzioni totali.
Abbiamo sempre tenuto Joy aggiornata sulle mobilitazioni per la sua
liberazione perché fosse chiaro che, oltre a noi, dal nord al sud c’era
chi
si muoveva per lei e contro i Cie.
Joy sa anche che stiamo stilando questo dossier, come ha sempre saputo che
la nostra lotta al suo fianco andava anche oltre la sua particolare
situazione, ma senza perderla mai di vista.
D’altronde tutto era partito, lo ricordiamo, dalla rivolta dell’agosto
2009 nel Cie di via Corelli contro il “pacchetto sicurezza” che prolungava
la detenzione da due a sei mesi. E fu proprio durante il processo contro i
rivoltosi e le rivoltose che Joy raccontò di aver respinto un’aggressione
sessuale da parte dell’ispettore-capo Vittorio Addesso.
Non si è dunque trattato di una relazione privilegiata fra noi e Joy, ma
di un ponte fra una donna rinchiusa nel Cie e chi, fuori, era solidale con
lei.
Questo “glossier” vuole anche essere un riconoscimento alle compagne e ai
compagni che si sono mobilitate/i insieme a noi, a quella incredibile rete
che, concretamente e senza alcuna volontà di egemonizzare, ha messo a
disposizione tutti i suoi mezzi – radio, presenza fisica nelle piazze,
azioni, informazione – comprendendo l’importanza di questa lotta.
Per meglio rendere l’idea di questo percorso, abbiamo pensato di aprire il
“glossier” con il permesso di colloquio rilasciato dalla prefettura di
Modena e di chiuderlo con il “decalogo” che la questura modenese ha
preparato per chi, il 30 luglio scorso, stava organizzando un presidio
sotto al Cie.
I termini in grassetto nel testo rimandano ad altre voci del “glossier”.
All’indirizzo web noinonsiamocomplici.noblogs.org si trova una versione di
questo glossario-dossier con i link ipertestuali per gli approfondimenti.
(Estate 2010)