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Asunto: [NuovoLab] Due anni dopo Abba vive, ma Milano lo ha dimenticato
RAZZISMO

Due anni dopo Abba vive, ma Milano lo ha dimenticato

Amici e centri sociali, da soli, ricordano il ragazzo italiano di 19 anni ucciso perché «sporco negro»

Giorgio Salvetti

MILANO

«Sporco negro». Per questo due anni fa è stato
ucciso a sprangate Abba Guiebre. Colpito a morte da due baristi che lo
hanno ucciso perché, dicevan, ma non era vero, aveva rubato dei
biscotti. Abba aveva 19 anni, la sua famiglia era del Burkina Faso ma
lui era italianissimo. Ieri i suoi amici del comitato «Abba vive», il
centro sociale Cantiere e altre realtà di movimento si sono dati
appuntamento in via Zuretti, dove Abba venne assassinato. Musica etno
rap, reading, murales, fiori, mostre. E tanta polizia. Una bella
iniziativa putroppo militante ma disertata da quasi tutti i politici e
dalla cosiddetta società civile, che pure si era indiganta per
l'assassinio di quel giovane milanese.
La città aveva reagito e aveva
dato vita alla più grande manifestazione antirazzista degli ultimi
anni, con in testa i ragazzi delle seconde generazioni che erano corsi
proprio in via Zuretti seminando la polizia. Due anni dopo il clima a
Milano è ulteriormente peggiorato. La storia di Abba è stata volutamente
dimenticata da istituzioni e media. Sono continuati e aumentati i raid
contro i rom, intere zone della città più abitate da stranieri sono
sottoposte a una sorta di coprifuoco che impone la chiusura dei negozi e
dei locali, il sindaco Moratti e il vicesindaco de Corato sono arrivati
addirittura al punto di mandare la polizia locale nelle case a caccia
di clandestini. Questa primavera a Milano si vota e come sempre la
sicurezza è il cavallo di battaglia delle destre per rivincere le
elezioni, con la sinistra che sul tema continua a balbettare.
Eppure
le persone che non dimenticano Abba e il razzismo ci sono eccome.
Sempre ieri la realtà dei migranti in Italia è stata al centro
dell'Immigration day, un'intera giornata di proiezioni sul tema a cura
dell'associazione antirazzista Naga, all'interno del Milano Film
Festival. La manifestazione, giunta alla quarta edizione, ha riempito il
Teatro Studio. In programma i documentari «Soltanto il mare» di Dagrawi
Yimer, «Il sangue verde» di Andrea Segre e «Via Padova, introduzioni
per l'uso» di Giulia Ciniselli e Anna Bernasconi che fotografa la realtà
vitale di uno dei quartieri più meticci della città. Ma il miglior
documentario lo hanno girato i migranti stessi. Con i loro telefonini.
Il Naga ha recuperato questi filmati su Youtube. Qualità scadente e
audio originale restituiscono una realtà cruda che arriva diretta come
un pugno, dal viaggio, ai centri di detenzione, ai respingimenti per
finire con le morti nel deserto libico. «Per fortuna poi non c'era il
dibattitto - ha commentato Pietro Massarotto, presidente del Naga - non
avrei saputo cosa aggiungere a queste immagini. L'Italia è leader nel
settore della repressione degli stranieri. Siamo molto creativi». Fino
al punto che navi libiche pagate con i nostri soldi per respignere i
migranti adesso sparano addosso perfino ai nostri pescherecci.





Ugo Beiso











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