[Forumlucca] FW: [FacciamoBreccia] La Bolzaneto di Ponte Gal…

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Autor: aunchb -
Datum:  
To: beppecorso, lucasabatino1, roviani, cobaslu, fatarella, aldozan, aldo.zanchetta, vencg, francescaposta, cittadelsole.lu, armandosestani, forumlucca, davininadia, francochiocca, medicinademocraticalinobalza, l.maluvi, g.locopaez, effefrank, circoloarabafenice, guelfobuchetti, straussmarco, gianpaolo.marcucci, irenelazzarini, gicavalli, ozezoe, primomarzo2010lucca, elisa.delchierico
Betreff: [Forumlucca] FW: [FacciamoBreccia] La Bolzaneto di Ponte Galeria



> To: facciamobreccia@???; sommosse@???; maragridaforte@???; controilcie-bologna@???
> Date: Wed, 1 Sep 2010 10:15:32 +0200
> From: complici@???
> Subject: [FacciamoBreccia] La Bolzaneto di Ponte Galeria
>
>
> http://noinonsiamocomplici.noblogs.org/post/2010/09/01/la-bolzaneto-di-ponte-galeria/#more-302
>
> La Bolzaneto di Ponte Galeria
>
> Grazie alla segnalazione di Macerie, riportiamo questa testimonianza di
> un'ex operatrice della Croce Rossa su stupri e violenze nel lager di Ponte
> Galeria, raccolta da Madre Terra Fratello Clandestino.
>
> Angela racconta cosa significa vivere in un lager di stato
>
> Le persone che conoscono direttamente i Cie (centri di identificazione ed
> espulsione) e non si esprimono per sentito dire, hanno imparato che non
> sono luoghi dove poter fantasticare a occhi aperti. Anzi, sanno benissimo
> che sono posti dove i sogni vengono spezzati e dove si puo’ incontrare una
> delle più crudeli realtà del XXI secolo. E’ un accumulo di esseri umani,
> gettati in una fogna, dove ogni diritto è sospeso.
> Lo sa benissimo Miguel, che afflitto dalla disperazione, ingoia due pile e
> della candeggina. Non riesce a sopportare di sottovivere in prigione, senza
> aver commesso nessun reato. Compie un atto estremo e spera che qualcuno si
> accorga di lui, della sua storia, delle sue aspirazioni spezzate.
> Eppure, le istituzioni chiamano “ospiti” le persone che entrano
> all’interno di questi centri. Qualcuno si sorprende quando vengono chiamati
> Lager di stato. Qualcun’altro non resta turbato quando viene a conoscenza
> di storie raccapriccianti, perché sa cosa succede all’interno di quelle
> celle e qualcun altro ancora, è indifferente e accetta quel che può subire
> una persona colpevole di non avere un documento a portata di mano.
> Succede che più conosci quella realtà e più scopri racconti incredibili e
> persone che vogliono narrare le loro esperienze dirette, vissute da
> protagoniste all’interno di quelle gabbie. Ci sono i migranti reclusi (come
> Miguel, Adel, Elham, Joy ecc) che ti implorano a scrivere e raccontare di
> loro. Ma ci sono anche gli operatori spesso andati via dal centro disumano
> e che vogliono raccontare le atrocità subite dai migranti.
>
> NON GRADITA A PONTE GALERIA
> Molte volte gli operatori che lavorano nei vari Cie d’Italia mi chiedono
> di mantenere segreta la loro identità per paura di perdere il posto di
> lavoro o per il timore di essere perseguitati. Questa volta, ci sono Nomi e
> cognomi. “Puoi fare tranquillamente il mio nome e anche il cognome se vuoi,
> io dico solo la verità” dice Angela, quando gli chiedo se vuole che la sua
> identità venga svelata.
> Angela Bernardini, ha lavorato nel Lager romano di Ponte Galeria con la
> CRI dal 1998 al 1999, con varie mansioni: segreteria, logistica,
> ambulatorio. Come un fiume in piena mi ha raccontato ciò che succedeva
> all’interno di quel centro disumano sempre esaurito e stracolmo di persone.
> “All'epoca - racconta Angela Bernardini - non esistevano nè regole, nè
> tanto meno diritti, almeno non codificati da un regolamento. I reclusi
> andavano a fortuna, secondo chi era di turno nei vari settori di competenza
> o delle forze dell’ordine”. Vi era una estrema difficoltà ad avere colloqui
> con gli avvocati e con i familiari. Tutto ciò che avevano, quando venivano
> portati al centro, era sequestrato e custodito in alcune cassette. “Non so
> se quando uscivano i militari ridavano loro esattamente ciò che avevano
> all'inizio della detenzione” dice l’ex operatrice di Ponte Galeria.
> “Ho sempre cercato la vicinanza umana con i detenuti, volevo conoscere le
> loro storie, sapere della loro vita, aiutarli a restare persone”, perché
> spesso come mi hanno raccontato molti ragazzi reclusi in un Cie, è
> difficile restare se stessi, quando esci da quell’inferno cambi. “Io voglio
> restare me stesso, spero di farcela” mi diceva Miguel prima di essere
> espulso.
> “Mi ero conquistata la loro fiducia ed il loro rispetto”, tanto che in
> un’occasione, Angela, è riuscita ad impedire una rivolta e in un’altra
> addirittura volevano fare lo sciopero della fame per lei. Era accaduto che
> in mensa un detenuto, “forse impazzito per davvero o forse per finta, mi ha
> mollato un cazzotto sulla fronte”, lasciando Angela stordita e dolorante.
> “Questo poveraccio – racconta l’ex volontaria della CRI - successivamente è
> stato massacrato di botte dai poliziotti, malgrado i miei tentativi di
> impedirlo”. Secondo Angela a condurre il pestaggio fu Massimo Pigozzi, che
> è uno dei tanti che parteciparono al pestaggio di Bolzaneto, durante il g8
> del 2001, secondo le indagini condotte avrebbe dilaniato una mano ad una
> ragazza, divaricando le dita fino a quando la pelle si è lacerata. Secondo
> le agenzie di stampa, Picozzi è stato accusato anche di aver violentato nel
> 2005 alcune prostitute romene nella camera di sicurezza della Questura di
> Genova. Per precauzione, il comandante aveva deciso che per un pò Angela
> non entrasse in contatto con gli “ospiti” e proprio per questo motivo, i
> detenuti, “si sono rifiutati di andare alla mensa se non ci fossi stata
> io”.
>
> ABUSI E LE VIOLENZE SNERVANTI
> Era scomoda Angela, troppo umana per il potere che cinicamente deve
> dettare legge e impedire che uscissero fuori le vicende. La sua
> "confidenza" non piaceva nè ai responsabili della CRI, nè a quelli delle
> forze dell’ordine. “Mi spiavano, mi controllavano, mi seguivano per vedere
> se passavo loro droga o facevo favori sessuali”. Forse anche per trovare un
> pretesto e poi chiedere il suo silenzio ricattandola, chissà.
> Ma ad abusare sessualmente delle detenute erano altri racconta Angela: “
> So che alcuni militari, e anche qualche volontario, in cambio di sigarette
> e schede telefoniche avevano rapporti sessuali con viados e prostitute”.
> Spesso, all’interno del centro, si trovavano preservativi usati che
> certamente i detenuti non potevano avere con se, “come non erano certo i
> detenuti a far entrare la droga. Io stessa ho tirato fuori da un bagno un
> ragazzo in overdose”. C’era sempre qualcuno che abusava della loro
> debolezza e chi pagavano erano sempre le donne, con le “normali”
> prestazioni sessuali.
> Angela comprava le sigarette ai detenuti, ma senza chiedere nulla in
> cambio. “A volte non potevo dar loro il cambio della biancheria intima”,
> entravano e uscivano praticamente sempre con quello che avevano addosso al
> momento del fermo. “Chi protestava veniva sedato, spesso con le botte e
> messo in isolamento in una stanza priva di tutto”.
> Un giorno, Angela accompagna con l’ambulanza all'ospedale San Camillo un
> ragazzo che aveva dei gravi problemi di autolesionismo. “Io riuscii a
> convincerlo ed entrai in ambulanza con lui, malgrado non fossi di turno in
> ambulatorio”. Il ragazzo, aveva una lametta nascosta in bocca e avrebbe
> potuto fare del male a se stesso e ad Angela, ma con calma l’ex operatrice,
> cercò di farsi dare la lametta dal detenuto. Al rientro al CPT, “mi beccai
> una grande lavata di testa dal comandante e dopo due giorni, ricevetti una
> telefonata dal responsabile del mio gruppo, che mi diceva che non dovevo
> più presentarmi al Centro, perchè non gradita”.
> Sono seguiti giorni da incubo, “ho cercato di parlare con tutti i vertici
> della CRI, ma non ci sono riuscita. Mi avevano creato intorno un muro
> impenetrabile. Alla fine, mi hanno costretto ad andarmene, in quanto
> sottoposta ad un mobbing continuo”.
>
>
> FACCETTA NERA
> Un giorno, uno come tanti, verso l’ora di pranzo, Angela racconta che
> mentre alcuni internati uscivano dalla sala mensa, altri invece si erano
> intrattenuti ai tavoli per scambiare qualche parola tra loro.
> Improvvisamente, "dagli altoparlanti presenti nella sala, si sono diffuse
> ad alto volume, le note di Faccetta nera”. Tra il poco stupore degli
> ospiti, “che quasi certamente non conoscevano quella marcetta” e lo
> sconcerto tra i volontari in servizio, le note ad alto volume continuavano
> a cantare tra le risate dei militari.
> Angela, chiese dove fosse la centrale che governava gli altoparlanti, e
> “mi è stato risposto che era il posto di polizia, sito al secondo cancello
> di ingresso, quello che conduceva fisicamente dentro il corpo vivo del
> lager”.
> Senza pensarci due volte, Angela si è precipitata verso il posto di
> polizia: “c’era un poliziotto con davanti a sè un mangianastri e la
> custodia di una cassetta dal titolo inequivocabile: Inni e canti del
> Ventennio”. Angela chiese al giovane poliziotto se si rendeva conto di
> quello che stava facendo, “non solo offendeva i reclusi, ma stava
> commettendo anche il reato di apologia di fascismo”.
> Incurante di tutto ciò e del potere conferitogli dallo Stato, sorrise e in
> maniera ironica “ha preso la cassetta dal mangianastri, l’ha riposta e ne
> ha presa un’altra, dicendomi: ma io stavo mettendo Baglioni”. Con coraggio
> Angela fece rapporto al funzionario di PS responsabile e il poliziotto fu
> successivamente allontanato dal CPT, ma “per molto tempo sono stata
> guardata malissimo da tutti i vari addetti delle forze dell'ordine”.
> Oggi, al Cie di Ponte Galeria non c’è più la CRI, ma la Cooperativa
> auxilium. “Da quello che leggo, non mi pare che le cose siano migliorate".
> E effettivamente non lo sono davvero. "Stare a Ponte Galeria mi ha cambiato
> per sempre la vita” parola di Angela.
>
> Andrea Onori
> 27 agosto 2010
> _______________________________________________
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