[NuovoLab] Lettera aperta a SILP e SAP

Delete this message

Reply to this message
Autore: carlo
Data:  
To: forumgenova
CC: fori-sociali, glf-list, veritagiustiziagenova
Oggetto: [NuovoLab] Lettera aperta a SILP e SAP

Alla cortese attenzione della redazione di www.cittadigenova.com
redazione@???

E P.C.

Sindacato SILP-CGIL - segreteria genovese
genova@???

Sindacato SILP-CGIL - segreteria Liguria
liguria@???

Sindacato SILP-CGIL - segreteria Nazionale
segreterianazionale@???

Sindacato SAP - Segreteria Nazionale
nazionale@???

Comitato Verità e Giustizia per Genova
info@???

Gentile redazione,

Mi chiamo Carlo Gubitosa, sono un giornalista e saggista, e dal 2001
al 2003 ho svolto una inchiesta sui fatti del G8 genovese, producendo
un libro/documento di 600 pagine.

Con la presente vorrei replicare con preghiera di pubblicazione alla
"Lettera congiunta Silp-Sap sui fatti del G8 di Genova del 2001" da
voi pubblicata sul vostro sito in data 11 agosto. (Cfr.
http://tinyurl.com/2f227ty )

-----------------

Cari rappresentanti di Silp e Sap,

ho letto con interesse la vostra lettera aperta rivolta ai media, in
cui avete detto che "i Poliziotti del G8 sono anche i primi che
esigono chiarezza ed esigono che chi ha disonorato la propria divisa
paghi".

E allora come mai entrambi i sindacati in questione sono sempre e da
sempre avversi a ogni proposta di legge per l'introduzione di un
codice identificativo su caschi e divise, come avviene in molti altri
paesi europei? Questo aiuterebbe all'individuazione dei responsabili
di abusi evitando che si faccia di tutte le erbe un fascio.

Avete detto di voler scrivere "alle testate cittadine perché è giusto
che i cittadini conoscano il disagio della Polizia genovese".

Come mai il disagio di essere associati a gravi abusi, crimini e
torture si vuole esprimere solo verso i cittadini, mentre non risulta
che sia stato espresso nessun disagio verso le istituzioni per le
promozioni di funzionari condannati in primo e secondo grado per
quella che un vostro collega ha definito la "Macelleria Messicana"
allestita dalle forze dell'Ordine alla Scuola Diaz? Il disagio nasce
solo quando si intacca la vostra immagine pubblica o anche quando gli
onesti restano al palo mentre fa carriera chi ha ordito pestaggi e
costruito maldestramente false prove e teoremi accusatori? Perché non
è volata una parola dai vostri sindacati contro le ingiuste promozioni
"in automatico" che non tengono conto delle responsabilità penali
accertate per chi ha fatto carriera?

Voi dite che "i Poliziotti del G8 erano anche quelli che hanno
comprato le bottiglie d'acqua per i fermati, quelle che sono andate in
farmacia per acquistare gli assorbenti per le fermate".

L'atteggiamento umano e rispettoso nei confronti dei fermati e degli
arrestati è il vostro dovere istituzionale, e almeno in teoria
dovrebbe essere la normalità del vostro lavoro, non un evento
eccezionale da sbandierare pubblicamente quasi a volere premi e
riconoscimenti per una doverosa umanità che comunque non può
compensare le azioni di alcuni vostri colleghi, autori di violenze,
abusi e torture sui manifestanti in stato di fermo chiaramente
documentati in sede giudiziaria.

Voi dite che i poliziotti di Genova sono "quelli che hanno atteso le
sentenze che hanno stabilito una verità processuale".

E allora come mai il Sap ha "atteso le sentenze" con una vasta
produzione di comunicati dal sapore corporativo e di difesa "a
prescindere" dei colleghi? Si legga ad esempio l'Ansa del 14 luglio
2008, dove il portavoce nazionale del Sap Massimo Montebove dichiarava
che "Il SAP ha difeso e continuerà sempre a difendere la Polizia di
Stato e le Forze dell'Ordine dall'infamante e non provata accusa di
aver commesso, sistematicamente, abusi e violenze". Il problema è
nell'avverbio "sistematicamente"? Vi stanno bene gli abusi e le
violenze purché non siano "sistematici"?

E ancora, come mai il SAP ha promosso sin dal 2001 una raccolta fondi
per difendere i poliziotti accusati e successivamente condannati per
abusi e violenze nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto? Vi
farete dare indietro i soldi usati per le spese legali di chi avrà
sentenze di condanna passate in giudicato, oppure la vostra raccolta
fondi "in attesa delle sentenze" era anche a favore dei colpevoli per
ridurre al minimo le conseguenze delle loro azioni?

Voi dite di essere "quelli che notoriamente non sono fulmini di
perspicacia ma balza all'occhio del meno attento il fatto che, ben più
di una volta, si è colpita la nostra Istituzione per colpire
qualcos'altro".

Siccome sono ancora meno "fulmine" di voi, non capisco queste
allusioni e questi riferimenti, se avete qualcosa da dire ditelo,
altrimenti parlare in codice non serve a molto. Il coraggio e il
carattere che voi vantate nella vostra lettera bisogna dimostrarlo nel
dire le cose chiaramente, senza ammiccamenti o allusioni comprensibili
solo agli addetti ai lavori, perché è fin troppo facile essere
spavaldi e coraggiosi quando si tratta di fare irruzione a volto
coperto e manganelli in mano in una scuola dove c'è gente indifesa che
dorme. E quindi spiegatevi: in quale occasione pensate di essere stati
colpiti ingiustamente per danneggiare qualcos'altro o qualcun altro?

Voi dite che "abbiamo lavorato tanto affinché la Polizia di Stato
acquisisse un vero contatto col cittadino ed entrasse a pieno titolo
nel tessuto sociale"

Anche la società civile ha lavorato tanto per ritrovare lo spirito
della riforma dell'81, quando i poliziotti sfidavano le leggi dello
stato per smilitarizzarsi. Personalmente ho organizzato un confronto
su questi temi con un rappresentante del SILP durante il forum sociale
di Firenze nel 2002, ma tutte le volte che si tratta di prendere
posizioni giuste e coraggiose, ho visto i vostri sindacati tirarsi
indietro.

Ho visto i vostri rappresentanti più illuminati, istruiti e
sinceramente democratici che dopo aver fatto in pubblico dei bei
proclami come il vostro, in privato si tiravano indietro e dicevano a
mezza bocca che loro sono favorevoli ai codici identificativi su
caschi e divise, ma non potevano dirlo pubblicamente per paura di
perdere iscritti. E' questo il coraggio delle vostre idee che vi hanno
insegnato in Caserma? Abbiate il coraggio di dire come la pensate: i
vostri sindacati sono favorevoli all'introduzione di codici
identificativi su caschi e divise?

Se siete contrari, come potete sostenere di lavorare per entrare nel
tessuto sociale e stare a contatto con i cittadini, quando volete
rendere più facile l'impunità a chi viene sorpreso mentre commette
abusi con tanto di foto e filmati? Se invece siete favorevoli, perché
non avete il coraggio di dirlo pubblicamente, cercando un alleanza con
le forze sociali e politiche che hanno lo stesso obiettivo?

Avete paura di diventare impopolari tra la base dei vostri iscritti,
avete paura di perdere tesserati e quindi soldi e potere politico? E
se state zitti per paura, che autorità morale avete per fare i
risentiti di fronte alla sfiducia e al pregiudizio dei cittadini nei
vostri confronti provocato proprio dai pavidi come voi che col loro
silenzio favoriscono i violenti come i picchiatori della Diaz e di
Bolzaneto?

Voi dite che "ci troviamo sempre più compressi ed all'angolo, sempre
più distanti da quelle aperture verso il tessuto sociale e sempre più
facenti parti di una struttura sotto attacco continuo".

Non prendetevela con la stampa, non prendetevela con i manifestanti,
non prendetevela con chi si ribella alla violenza in divisa: il potere
di restituire onore e dignità alla vostra professione già troppo
infangata è tutto nelle vostre mani.

Rileggete le parole coraggiose del vostro collega Giancarlo Ambrosini,
e trovate il coraggio per una grande battaglia di civiltà, per
introdurre codici identificativi su caschi e divise che rendano
davvero personale le responsabilità di abusi senza infangare tutta una
categoria. Studiate l'esperienza di Ambrosini, talmente coraggioso da
denunciare gli abusi commessi dai colleghi fino ad essere emarginato
dal sindacato Siulp che aveva contribuito a fondare, ricevendo minacce
e intimidazioni che arrivarono fino all'incendio della porta di casa
sua.

Leggete che cosa diceva profeticamente il vostro collega Ambrosini
molti anni prima dei fatti del G8: "Chi ha sbagliato lo ammetta
apertamente e smetta di adottare la politica dello struzzo, quello che
viviamo oggi non è il nostro ineluttabile destino, ma l'esito a cui ci
ha portato una politica miope e codarda, di cui è urgente fare piazza
pulita. [...] In passato non abbiamo temuto di dire la nostra anche su
cose difficili e complesse, e abbiamo inciso profondamente, e non solo
nel nostro ambiente. Ora dobbiamo tornare protagonisti, perché il
paese ha bisogno che si avvii un'altra grande stagione politica ed
ideale, che potrà essere molto più difficile, complessa e contrastata
di quella che abbiamo vissuto negli anni Settanta, ma che forse sarà
ancora più decisiva".

E allora vi riformulo nuovamente la domanda chiave: siete favorevoli
all'introduzione di codici identificativi su caschi e divise, inocui
per chi non avrà nulla da nascondere, ma determinanti per individuare
chi ha commesso abusi senza che si possa nascondere nella massa di
poliziotti onesti?

Se la risposta è sì, allora passate all'azione, e ritroverete tutto
quel consenso e quella fiducia dei cittadini che avete perso in questi
anni, e non certo per colpa degli organi di informazione.

Se la vostra risposta è no, allora risparmiateci i piagnistei, le
lacrime di coccodrillo, i racconti epici sul mestiere difficile del
poliziotto e le immagini poetiche di poliziotti che passano bottiglie
d'acqua ai fermati: niente di tutto questo potrà cancellare il vostro
disonore, che a quel punto non sarà frutto del pregiudizio dei
cittadini o di quello dei giornalisti, nè sarà più frutto delle
violenze dei vostri colleghi: sarà solo la naturale conseguenza del
vostro silenzio e della vostra vigliaccheria.

Cordiali saluti

Carlo Gubitosa
carlo@???